Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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martedì 15 marzo 2011
A quest’ora il questore in questura non c’è di Marco Travaglio
O Manco a farlo apposta, a Milano succede questo: l’altra notte Kathryn Emily Andrews, 25 anni, inglese in vacanza in Italia, irrompe all’hotel Madison ubriaca fradicia dicendo di voler salutare un amico. Questo però chiama la polizia. Arriva una volante, gli agenti le chiedono i documenti, ma lei comincia a insultarli urlando: “Sono la figlia di un ministro inglese”. Quelli pensano: eccone un’altra, ci risiamo, non bastava la nipote di Mubarak, ora pure la figlia del ministro, magari adesso chiama B. e ci rimanda la Minetti. Nell’attesa la portano in Questura, controllano la patente, contattano l'ambasciata e scoprono che davvero la ragazza è figlia del ministro della Cooperazione del governo Cameron. Essendo maggiorenne, la denunciano a piede libero per minaccia e resistenza a pubblico ufficiale, rifiuto di fornire documenti e ubriachezza. Nessuna telefonata da Arcore. Forse B., causa cerotto finto, non può parlare. Forse teme che la Minetti molli pure Kathryn a una mignotta brasiliana: poi chi li sente gli inglesi, mica sono di bocca buona come Mubarak e gli egiziani. O forse più semplicemente la tipa non ama il bunga-bunga con i vecchi sporcaccioni. Dunque non frequenta Arcore. Interessante il seguito: Kathryn viene prelevata in Questura non da un’igienista dentale travestita da consigliera regionale, ma da un addetto del Consolato britannico. Perché era davvero inglese e figlia del ministro. Ma ormai è passata l’idea che, quando si viene fermati dalla polizia, conviene spacciarsi per parenti di qualcuno: non si sa mai, magari B. telefona e sistema tutto. Il mese scorso, a Porto Sant’Elpidio, un giovane egiziano residente in Brianza fu sorpreso dalle forze dell’ordine con 30 grammi di eroina e un bel po’ di soldi fatti con lo spaccio. Si difese dicendo di essere il fratello di Ruby, quindi anche lui nipote di Mubarak e figlioccio di B. I militari controllarono e scoprirono che era egiziano, dunque anche volendo non poteva essere parente di Ruby. Ma, anche se lo fosse stato, non sarebbe stata una buona ragione per rilasciarlo. La cosa difficile fu spiegargli perché mai Ruby, fermata per furto, se la svignò all’istante, mentre lui, fermato per spaccio, no. Impossibile trovare un interprete in grado di tradurre in una lingua che non sia l’italiano un concetto così complicato: la legge è uguale per tutti, esclusi B. e i suoi amici, ma soprattutto le sue amiche. Un concetto che fa ridere i polli, infatti è preso molto sul serio dal Giornale. Che un mese fa titolava: “Il Cav. ottimista: Ruby era maggiorenne”. Poi s’è scoperto che due volontari son volati in Marocco per retrodatarle la nascita e magari inserirla nell’albero genealogico dei Mubarak. Ma ci vuol altro per scoraggiare Olindo Sallusti, che ieri ha sfoderato un altro alibi di ferro per il padrone: “Ecco il verbale che scagiona il Cav”. È il verbale del caposcorta, che chiamò la Questura poi passò il cellulare a B. perché parlasse col capogabinetto Piero Ostuni, ma giura a Ghedini che fu “una telefonata assolutamente normale”, per “chiedere informazioni con toni pacati”. Purtroppo dal rapporto dei poliziotti risulta tutt’altro: B. chiese di rilasciare Ruby contro gli ordini del pm, ma anche di far sparire ogni traccia evitando anche la fotosegnalazione. Chissà mai a chi crederanno i giudici: al caposcorta dell’imputato o al rapporto dei poliziotti? Fosse già in vigore la riforma epocale della Giustizia, tutto sarebbe più semplice: i giudici e i reati li deciderebbe direttamente B. e trovare qualcuno che gli crede non sarebbe difficile. Basterebbe reclutare qualcuno pagato da lui, possibilmente italiano. Gli stranieri sono meno spiritosi. Persino Gheddafi fa sapere che, soffocata la rivolta, si occuperà di quel traditore di B. L’impressione è che il nostro, quando tornerà gheddafiano, non potrà cavarsela con un baciamano. Dovrà baciargli direttamente il culo.
fonte articolo e vignetta 'Il fatto Quotidiano'
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