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mercoledì 16 marzo 2011
«È l’apocalisse», ma l’Italia va avanti di Alberto D’Argenzio
«È l’apocalisse, praticamente è tutto fuori controllo. Non escludo che si possano verificare altri incendi ed esplosioni nelle prossime ore», il commissario Ue all'energia, Gunther Oettinger, usa toni drammatici per descrivere la situazione in Giappone. Ma Paolo Romani insiste con il ritornello che va ripetendo da un paio di giorni: lasciamo da parte le emozioni e decidiamo con calma. Il ministro allo sviluppo economico l’ha sciorinato ancora ieri uscendo dalla Conferenza di alto livello sulla sicurezza nucleare organizzata a Bruxelles da Oettinger. L’altro ritornello di Romani è quello dell’unicità della tragedia giapponese: «Un terremoto eccezionale, un evento improponibile in Italia ed in Europa, un sisma mille volte superiore a quello de l’Aquila». Parole chiare, senza emozione. Perché Romani e il governo hanno già deciso sull’atomo: andare avanti, senza guardarsi indietro. E nemmeno intorno, non alle esplosioni dei reattori e alla fuga di radioattività in Giappone o alla legittima pausa di riflessione che si sono presi diversi governi del vecchio continente.
«Per l’Italia è inimmaginabile tornare indietro», spara invece il ministro. Quindi si andrà avanti con il piano per la costruzione di nuove centrali «di ultima generazione» e come tali assai diverse da quella di Fukushima.
Parole chiare che arrivano però dopo diverse informazioni errate, come quella che «in Europa solo Italia e Austria non hanno il nucleare». A dire il vero sono 13 su 27 i paesi della Ue che fanno a meno dell’atomo. Altra inesattezza quelle delle scorie radioattive che sarebbero inerti «perché il nocciolo non fonde più», assicura Romani, quando inerte è un concetto che riguarda solo la reazione agli agenti chimici, non la temperatura. E soprattutto non nasconde il fatto che le scorie continuano a emettere radioattività per milioni di anni. Altra questione aperta quella sull’unicità del terremoto nipponico. Unico magari per potenza, ma non per impatto sulle strutture, un elemento su cui pesano anche altri fattori, come la profondità dell’epicentro e la struttura dei terreni su cui poggiano le centrali.
Al di là delle imprecisioni del ministro la Conferenza sulla sicurezza voluta ieri dalla Commissione ha approvato definitivamente la proposta austriaca di sottomettere a stress test gli impianti nucleari europei. E non solo. «Si riconosce in termini generali – ha affermato Oettinger – che la sicurezza è un tutt’uno per cui vogliamo realizzare questi stress test anche nei paesi vicini e a livello globale». Sarkozy si farà latore della proposta al G20 mentre la questione verrà presentata anche alla Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica di Vienna. Nel mirino soprattutto gli impianti ucraini, bielorussi e russi. I test ci saranno ma non si sa ancora come. «La Commissione – annuncia Oettinger – prevede di convocare un’altra sessione di questa Conferenza per valutare quali standard attuare per i test, considerando l’età, la struttura, i sistemi di sicurezza». L’ipotesi è una prova ad hoc da realizzare centrale per centrale con criteri che variano a seconda della posizione geografica, dell’età e del tipo di reattore. Altro punto su cui il commissario insiste è quello della trasparenza, uno dei talloni d’Achille dell’industria nucleare. «I risultati dei test – assicura Oettinger – saranno pubblicati completamente, è la mia proposta ed è un mio obiettivo assoluto. I test saranno indipendenti e verranno pubblicati integralmente, sia per quel che riguarda i criteri, le norme di valutazione, la lista
di esperti e i risultati».
fonte articolo 'Il Manifesto'
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«Per l’Italia è inimmaginabile tornare indietro», spara invece il ministro. Quindi si andrà avanti con il piano per la costruzione di nuove centrali «di ultima generazione» e come tali assai diverse da quella di Fukushima.
Parole chiare che arrivano però dopo diverse informazioni errate, come quella che «in Europa solo Italia e Austria non hanno il nucleare». A dire il vero sono 13 su 27 i paesi della Ue che fanno a meno dell’atomo. Altra inesattezza quelle delle scorie radioattive che sarebbero inerti «perché il nocciolo non fonde più», assicura Romani, quando inerte è un concetto che riguarda solo la reazione agli agenti chimici, non la temperatura. E soprattutto non nasconde il fatto che le scorie continuano a emettere radioattività per milioni di anni. Altra questione aperta quella sull’unicità del terremoto nipponico. Unico magari per potenza, ma non per impatto sulle strutture, un elemento su cui pesano anche altri fattori, come la profondità dell’epicentro e la struttura dei terreni su cui poggiano le centrali.
Al di là delle imprecisioni del ministro la Conferenza sulla sicurezza voluta ieri dalla Commissione ha approvato definitivamente la proposta austriaca di sottomettere a stress test gli impianti nucleari europei. E non solo. «Si riconosce in termini generali – ha affermato Oettinger – che la sicurezza è un tutt’uno per cui vogliamo realizzare questi stress test anche nei paesi vicini e a livello globale». Sarkozy si farà latore della proposta al G20 mentre la questione verrà presentata anche alla Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica di Vienna. Nel mirino soprattutto gli impianti ucraini, bielorussi e russi. I test ci saranno ma non si sa ancora come. «La Commissione – annuncia Oettinger – prevede di convocare un’altra sessione di questa Conferenza per valutare quali standard attuare per i test, considerando l’età, la struttura, i sistemi di sicurezza». L’ipotesi è una prova ad hoc da realizzare centrale per centrale con criteri che variano a seconda della posizione geografica, dell’età e del tipo di reattore. Altro punto su cui il commissario insiste è quello della trasparenza, uno dei talloni d’Achille dell’industria nucleare. «I risultati dei test – assicura Oettinger – saranno pubblicati completamente, è la mia proposta ed è un mio obiettivo assoluto. I test saranno indipendenti e verranno pubblicati integralmente, sia per quel che riguarda i criteri, le norme di valutazione, la lista
di esperti e i risultati».
fonte articolo 'Il Manifesto'
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