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di 'Per quel che mi riguarda'

sabato 19 febbraio 2011

L’hai voluta la bici? di Marco Travaglio

Voleva il Tribunale dei ministri? Accontentato. Interrompendo un lungo filotto di archiviazioni ai limiti dell’insabbiamento, la Procura di Roma ha trovato finalmente il coraggio di vedere anche i reati di B. I precedenti, degni del porto delle nebbie, non facevano ben sperare. Trasvolate da Roma a villa Certosa sull’aereo di Stato con menestrelli, ballerine e mignotte? Archiviazione. Telefonate a Saccà per sistemare le amichette a Raifiction? Archiviazione. Compravendita di senatori dellUnione per rovesciare Prodi? Archiviazione. Si cominciava a temere che i vertici della Procura capitolina l’avrebbero fatto archiviare anche se fosse entrato nudo in un asilo con l’impermeabile spalancato. Invece hanno deciso di fare sul serio almeno nell’inchiesta aperta poco più di un anno fa dalla Procura di Trani e poi trasmessa a Roma per competenza. Le ipotesi di reato, per B., erano e sono minaccia a corpo politico dello Stato e concussione. L’accusa, quella di aver tentato di costringere l’Agcom, Autorità cosiddetta indipendente presieduta da Corrado Calabrò, a fornire al direttore generale della Rai Mauro Masi il pretesto giuridico per chiudere Annozero. Fantasie di una “procura periferica”, ridacchiò il premier. Come a dire: vedrete che, appena il fascicolo arriva a Roma, fa la fine degli altri. Non è stato così: anche a Roma, località non proprio periferica, la Procura si è convinta che le telefonate intercettate fra B., Masi e il commissario turbo-berlusconiano dell’Agcom Giancarlo Innocenzi, siano notizie di reato. Ma, come prevede la legge Boato del 2003, non si possono utilizzare senza l’autorizzazione della Camera, anche se si tratta di intercettazioni indirette (non erano controllati i telefoni di B., ma quelli di Innocenzi). Se la Procura le avesse ritenute penalmente irrilevanti, avrebbe chiesto l’archiviazione e morta lì. Se invece propone al Tribunale dei ministri di chiedere a Montecitorio il permesso di usarle, vuol dire che le giudica sufficienti a chiedere il rinvio a giudizio del premier. Se non è un preannuncio di processo, poco ci manca. Ora si attendono con ansia le reazioni di B. e di tutta la banda larga. Strilleranno alle “toghe rosse”? Difficile, trattandosi della Procura di Roma, più volte elogiata dai berluscones per il suo “grande equilibrio” (almeno quando archiviava). Ululeranno alla “giustizia a orologeria”? Improbabile, vista l’assenza di scadenze politiche o elettorali. Non potranno nemmeno invocare il Tribunale dei ministri perché la Procura di Roma l’ha subito investito del caso. E non per fare un favore, ma perché le telefonate all’Agcom – diversamente da quelle alla Questura di Milano – sono un tipico reato ministeriale, commesso nell’esercizio delle funzioni di presidente del Consiglio. Il perché è presto spiegato: è il premier a nominare il presidente dell’Agcom, dunque se minaccia di cacciarlo nel caso in cui non faccia chiudere Annozero, abusa della sua funzione. Viceversa, il premier non ha alcun potere sulla polizia (che rientra nelle funzioni esclusive del ministro dell’Interno): dunque, se dà ordini indebiti ai funzionari di una questura, abusa della sua qualità, non della sua funzione. Un mese fa, in uno dei tre videomessaggi ai Promotori della Libertà, B. dichiarò: “Vorrei correre subito dai giudici, ma non posso perché non hanno competenza. Non sono legittimati a indagare. Ma ora il Parlamento toglierà il caso a Milano e lo farà trasferire al Tribunale dei ministri”. Era un cumulo di scempiaggini, d’accordo. Ma B. potrebbe presto pentirsi anche di quelle. Perché ora, se mai incontrasse un giornalista che fa le domande (magari straniero), potrebbe sentirsi dire: “Non volevi correre al Tribunale dei ministri? Bene, ordina ai tuoi di concedere subito l’autorizzazione all’uso delle intercettazioni. E corri”.



fonte articolo e vignetta 'Il Fatto Quotidiano'
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