Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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martedì 28 giugno 2011
NO TAV-I poteri forti dell’alta velocità non perdono il treno di Guglielmo Ragozzino
(vignetta Natangelo-Il Fatto)
Un primo aspetto dello scontro di Chiomonte tra No Tav e forze dell’ordine è che queste ultime hanno voluto riprendere il sopravvento con la loro propria abituale capacità di convincimento. Non ne hanno un’altra. Sarà pure per qualche motivo che il dottor Manganelli ha fatto una così eccellente carriera, fino a raggiungere l’alto incarico di capo della polizia. Che sia il dottor Lacrimogeno il successore designato? Chiedete a Bisi per saperlo. Ora l’ordine è stato ristabilito; e il fatto che milioni e milioni di persone in Italia non credano più che l’ordine, in una convivenza tollerante e civile, sia quello delle cariche e dei gas, è considerato da molti, nei Palazzi di Roma e di Torino, un aspetto trascurabile. La grande stampa era in attesa… si poteva deluderla ancora?
Un altro elemento di rilievo è che i Poteri, a conti fatti, volevano la Tav. La volevano Confindustria, Parlamento, Governo, Grande banca, Finanza internazionale. Un paio di sindacati si erano accodati. La Tav – l’opera in sé, non il treno – rappresenta una prima grande opera in un paese che da tempo non ne fa. Apre dunque, in qualche misura, una nuova stagione. Un’opera così, per quanto figurativa, è, con annessi e connessi, un punto di Pil. Diluito su dieci anni è un decimo di punto di Pil. Sommato agli altri decimi di punto raccolti con tanta difficoltà (come fossero buoni per vincere una pentola al supermercato) potrebbe accompagnare in modo efficace una richiesta di indulgenza agli stregoni cattivi di Moody’s e consorti. Se poi dalle grandi opere dovesse uscire qualche disastro, il che è statisticamente possibile, allora il Pil riprenderebbe coraggio e potrebbe perfino crescere di più. È ben noto a tutti che con i disastri e le emergenze che ne derivano, il Pil cresce. Poi ci sono gli altri, cioè noi, quelli dei beni comuni. In decine di milioni abbiamo vinto il referendum a metà giugno, perché eravamo d’accordo che l’acqua non si tocca, che il territorio non può essere avvelenato dalla spazzatura nucleare, che la salute è una soltanto, e uguale per tutti. Tutto questo, dopo quindici giorni, è stato dimenticato. La ricreazione è finita e la Grande Politica ha ripreso il suo percorso. Ormai nessuno, forse neppure i giornali di destra, sostengono, come una volta, che la nostra vocazione nazionale sia quella di partecipare al fantastico corridoio Lisbona-Kiev. Di treni, di velocità, di merci, di passeggeri nessuno blatera più. Le linee attuali sono sovradimensionate e potrebbero con relativamente poca spesa essere ammodernate. Ma il risparmio non è più un valore e fare il computo dei viaggiatori/chilometro è mostrare uno spirito gretto. Invece il tunnel della Maddalena, a fianco del percorso principale tav e messo in opera a titolo di prova, potrebbe perdere in modo irreparabile, tra scavo, canali forzati e cementificazione le fonti e i corsi sotterranei dell’acqua di Valsusa. Alla natura sono serviti migliaia di anni per metterla insieme. Maroni e i suoi sanno distruggere tutto in poche ore, in cambio di mezzo miliardo di euro che forse l’Europa non ci darà.
fonte articolo 'Il Manifesto'
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Un primo aspetto dello scontro di Chiomonte tra No Tav e forze dell’ordine è che queste ultime hanno voluto riprendere il sopravvento con la loro propria abituale capacità di convincimento. Non ne hanno un’altra. Sarà pure per qualche motivo che il dottor Manganelli ha fatto una così eccellente carriera, fino a raggiungere l’alto incarico di capo della polizia. Che sia il dottor Lacrimogeno il successore designato? Chiedete a Bisi per saperlo. Ora l’ordine è stato ristabilito; e il fatto che milioni e milioni di persone in Italia non credano più che l’ordine, in una convivenza tollerante e civile, sia quello delle cariche e dei gas, è considerato da molti, nei Palazzi di Roma e di Torino, un aspetto trascurabile. La grande stampa era in attesa… si poteva deluderla ancora?
Un altro elemento di rilievo è che i Poteri, a conti fatti, volevano la Tav. La volevano Confindustria, Parlamento, Governo, Grande banca, Finanza internazionale. Un paio di sindacati si erano accodati. La Tav – l’opera in sé, non il treno – rappresenta una prima grande opera in un paese che da tempo non ne fa. Apre dunque, in qualche misura, una nuova stagione. Un’opera così, per quanto figurativa, è, con annessi e connessi, un punto di Pil. Diluito su dieci anni è un decimo di punto di Pil. Sommato agli altri decimi di punto raccolti con tanta difficoltà (come fossero buoni per vincere una pentola al supermercato) potrebbe accompagnare in modo efficace una richiesta di indulgenza agli stregoni cattivi di Moody’s e consorti. Se poi dalle grandi opere dovesse uscire qualche disastro, il che è statisticamente possibile, allora il Pil riprenderebbe coraggio e potrebbe perfino crescere di più. È ben noto a tutti che con i disastri e le emergenze che ne derivano, il Pil cresce. Poi ci sono gli altri, cioè noi, quelli dei beni comuni. In decine di milioni abbiamo vinto il referendum a metà giugno, perché eravamo d’accordo che l’acqua non si tocca, che il territorio non può essere avvelenato dalla spazzatura nucleare, che la salute è una soltanto, e uguale per tutti. Tutto questo, dopo quindici giorni, è stato dimenticato. La ricreazione è finita e la Grande Politica ha ripreso il suo percorso. Ormai nessuno, forse neppure i giornali di destra, sostengono, come una volta, che la nostra vocazione nazionale sia quella di partecipare al fantastico corridoio Lisbona-Kiev. Di treni, di velocità, di merci, di passeggeri nessuno blatera più. Le linee attuali sono sovradimensionate e potrebbero con relativamente poca spesa essere ammodernate. Ma il risparmio non è più un valore e fare il computo dei viaggiatori/chilometro è mostrare uno spirito gretto. Invece il tunnel della Maddalena, a fianco del percorso principale tav e messo in opera a titolo di prova, potrebbe perdere in modo irreparabile, tra scavo, canali forzati e cementificazione le fonti e i corsi sotterranei dell’acqua di Valsusa. Alla natura sono serviti migliaia di anni per metterla insieme. Maroni e i suoi sanno distruggere tutto in poche ore, in cambio di mezzo miliardo di euro che forse l’Europa non ci darà.
fonte articolo 'Il Manifesto'
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