Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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lunedì 25 aprile 2011
25 Aprile: 'Esercizi di memoria' di Alessandro Robecchi
(vignetta Mauro Biani)
Oggi è il 25 aprile, prometto che non farò lezioncine sulla memoria, specie in questi giorni in cui di Liberazione c’è tanto bisogno e le truppe di occupazione risultano divise e litigiose: la speranza è che finiscano per spararsi tra loro come stanno in effetti facendo, purtroppo soltanto in metafora. A proposito di memoria, però, vale la pena di ricordare il 25 aprile di due anni fa, quando un Silvio Berlusconi fintamente commosso (forse con l’ausilio di cipolle tenute in tasca) tentò la ridicola carta dell’uomo che univa il paese, presentandosi
a Onna, vicino a L’Aquila, con un fazzoletto da partigiano al collo, sfruttando come solo lui sa fare lutti e momenti di intensità emotiva. Andare a rileggersi le cronache di quell’oscena sceneggiata è utile e istruttivo. Va detto che ci cascarono quasi tutti, gonzi più e meno nobili, dai più prestigiosi giornali italiani al più grande partito della sinistra (quello non farebbe notizia, perché ci casca sempre). Insomma, non si parla di sessanta, quaranta o vent’anni fa, ma di appena due anni, durante i quali quel solenne uomo di stato si è sciolto come un gelato lasciato al sole. Il solenne statista ha lasciato il posto al barzellettiere cochon. Il grande unificatore si è trasformato in un capoclan rissoso e volgare che pensa soltanto ai cazzetti suoi. Noi, che lo sapevamo prima durante e dopo, non ci stupiamo. Però non ci spiacerebbe chiedere conto di questa metamorfosi a tutti quelli che si complimentarono, che apprezzarono la sceneggiata, che si fecero bellamente turlupinare, che scrissero pensosi elzeviri sulla «svolta di Silvio», che plaudirono al ritrovato gigante politico dietro cui – noi lo sappiamo da sempre – si cela un ometto piccolo piccolo. Ora che le tante gang del signor Berlusconi si combattono tra loro, sarebbe bene che qualcuno dei boccaloni di due anni fa ricordasse quella figuraccia. Dire «ci sono cascato » è il modo migliore per non cascarci più e, magari, per capire una volta per tutte che una Liberazione è urgente. A proposito buon 25 aprile.
fonte articolo 'Il Manifesto'
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Oggi è il 25 aprile, prometto che non farò lezioncine sulla memoria, specie in questi giorni in cui di Liberazione c’è tanto bisogno e le truppe di occupazione risultano divise e litigiose: la speranza è che finiscano per spararsi tra loro come stanno in effetti facendo, purtroppo soltanto in metafora. A proposito di memoria, però, vale la pena di ricordare il 25 aprile di due anni fa, quando un Silvio Berlusconi fintamente commosso (forse con l’ausilio di cipolle tenute in tasca) tentò la ridicola carta dell’uomo che univa il paese, presentandosi
a Onna, vicino a L’Aquila, con un fazzoletto da partigiano al collo, sfruttando come solo lui sa fare lutti e momenti di intensità emotiva. Andare a rileggersi le cronache di quell’oscena sceneggiata è utile e istruttivo. Va detto che ci cascarono quasi tutti, gonzi più e meno nobili, dai più prestigiosi giornali italiani al più grande partito della sinistra (quello non farebbe notizia, perché ci casca sempre). Insomma, non si parla di sessanta, quaranta o vent’anni fa, ma di appena due anni, durante i quali quel solenne uomo di stato si è sciolto come un gelato lasciato al sole. Il solenne statista ha lasciato il posto al barzellettiere cochon. Il grande unificatore si è trasformato in un capoclan rissoso e volgare che pensa soltanto ai cazzetti suoi. Noi, che lo sapevamo prima durante e dopo, non ci stupiamo. Però non ci spiacerebbe chiedere conto di questa metamorfosi a tutti quelli che si complimentarono, che apprezzarono la sceneggiata, che si fecero bellamente turlupinare, che scrissero pensosi elzeviri sulla «svolta di Silvio», che plaudirono al ritrovato gigante politico dietro cui – noi lo sappiamo da sempre – si cela un ometto piccolo piccolo. Ora che le tante gang del signor Berlusconi si combattono tra loro, sarebbe bene che qualcuno dei boccaloni di due anni fa ricordasse quella figuraccia. Dire «ci sono cascato » è il modo migliore per non cascarci più e, magari, per capire una volta per tutte che una Liberazione è urgente. A proposito buon 25 aprile.
fonte articolo 'Il Manifesto'
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