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di 'Per quel che mi riguarda'

mercoledì 27 ottobre 2010

RAPPORTO CORRUZIONE - Peggio del Ruanda, Italia maneggiona al 67esimo posto di Daniela Preziosi

(vignetta EbEr Album)
Mai così in basso dal 1997 e dal post-Tangentopoli. Ieri l’organizzazione Transparency Internationl, un
network di oltre 90 associazioni nazionali con sede a Berlino, ha pubblicato la graduatoria dei paesi in base all’indice di percezione della corruzione nella pubblica amministrazione. Per l’Italia è un disastro. Siamo piombati dal 63esimo posto del 2009, che pure non era un bel risultato, al 67esimo posto del 2010, dopo il Ruanda, sui 178 paesi passati in esame. E non è una battuta captata in un’intercettazione telefonica fra dirigenti Rai, come pure sembra: il paese africano funestato dal genocidio negli anni in cui l’Italia lavorava il pool di Mani pulite, oggi è meno corrotto di noi. In testa alla graduatoria, a pari merito, Danimarca, Nuova Zelanda e Singapore, seguite da Finlandia, Svezia e Canada. Fanalini di coda Afghanistan, Myammar e Somalia.
La notizia provoca qualche reazione politica, ma a onor di cronaca non l’esplosione del dibattito. Per Massimo Donadi dell’Idv si tratta dell’ennesima bocciatura internazionale per Berlusconi, e intanto «il ddl anticorruzione del governo non è ancora stato approvato». Ma quel ddl non serve a un granché, secondo il Pd, perché «inasprire le sanzioni non serve a nulla» secondo Andrea Orlando, responsabile giustizia Pd. «In Italia da un lato si è verificato uno smantellamento sostanziale di una serie di controlli, dall’altro continua ad esserci il problema della selezione della classe dirigente e politica». Evasive le reazioni di parte governativa, e perfino la filiale italiana dell’organizzazione fa un commento che suona giustificatorio.
L’indice di Ti misura infatti la percezione della corruzione che manager, imprenditori, uomini d’affari e analisti politici si fanno di un determinato paese soprattutto sulla base di notizie dei media. Per Ti Italia dunque il pessimo piazzamento del nostro paese «non sorprende più di tanto in considerazione di dodicimesi passati caratterizzati dal riemergere di fatti corruttivi, o sospettati tali, e che ha visto coinvolti sia funzionari che esponenti politici di ogni schieramento». «Sorprende invece il commento di Ti Italia», è la reazione di Alberto Vannucci, docente di Scienze politiche all’università di Pisa e studioso dei fenomeni della corruzione in Italia. «Il governo mette molta enfasi su provvedimenti a carattere simbolico, come
l’istituzione di un alto commissariato, che dovrebbe essere un’autorità indipendente e invece è affidata alle dirette dipendenze del potere politico. O la stesura di una
legge che inasprisce le sanzioni tralasciando un fatto decisivo: la maggior parte dei reati di questo campo finisce in prescrizione
».



Fonte articolo 'Il Manifesto'
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