Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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venerdì 14 maggio 2010
Chi è Stato? di Marco Travaglio
(vignetta Mauro Biani)
L’ampio e articolato dibattito sulla teoria del “doppio Stato” si arricchisce ogni giorno di nuovi elementi. Si scopre, grazie ad Attilio Bolzoni di Repubblica, che nel giugno 1989, sul luogo del fallito attentato all'Addaura contro Giovanni Falcone, c'erano due gruppi di agenti segreti: uno per piazzare la bomba, l'altro per sventarla. Entrambi erano pagati dallo Stato. Quale migliore raffigurazione del doppio Stato? La teoria del “doppio Stato”, però, non piace al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che un anno fa la definì “fantomatica”, subito applaudito da storici e giornalisti da riporto, tipo Pigi Battista. Chissà come lorsignori definirebbero uno Stato che stipendia contemporaneamente chi fa gli attentati e chi li evita. Uno Stato schizofrenico? Uno Stato spiritoso? Un diversamente Stato? Ci facciano sapere. Intanto, dopo 16 anni di indagini, processi e ricorsi, l'Agenzia delle Entrate è riuscita finalmente a incassare l'ultima tranche del tesoro di Bettino Craxi: 2 milioni di euro sequestrati dal pool Mani Pulite e ora confiscati dall'Erario a Giorgio Tradati, già compagno di scuola di Craxi e poi suo prestanome per i suoi tre conti svizzeri cifrati: Northern Holding, Arano e Constellation Financière, sui quali fra il 1980 e il '92 confluirono oltre 130 miliardi di lire. Tangenti pagate da Fininvest (21 miliardi), Ansaldo, Ligresti, Italimpianti, Calcestruzzi, Techint. Tradati ebbe il suo momento di celebrità al processo Cusani, quando raccontò la parola d'ordine usata per i bonifici tangentizi a Craxi: “Erano contrassegnati dalla sigla 'Grain', cioè grano...”. Risate in aula. Aggiunse che all'inizio del '93, temendo il sequestro del bottino, Bettino gli aveva ordinato di correre in Svizzera, svuotare i conti e spostare i soldi. Ma lui, temendo di finire in galera, aveva rifiutato, allora Craxi l'aveva rimpiazzato col prestanome di riserva: Maurizio Raggio, ex barista a Portofino, fidanzato della contessa Francesca Vacca Agusta. Raggio varcò la frontiera, spazzolò i conti e fuggì in Messico col malloppo (40-50 miliardi) e la Vacca al seguito. Una quindicina di miliardi li sperperò in “spese di latitanza” (ragazze, Porsche, cose così), il resto lo nascose in parte su altri conti, in parte lo riportò a Bettino, nel frattempo fuggito ad Hammamet. Da Raggio lo Stato avanza 25 milioni di euro targati Craxi, che dovrebbero presto arrivare dalla vendita di Villa Altachiare, già residenza della contessa Vacca a Portofino. Lì, in una notte buia e tempestosa di qualche anno fa, fu avvistato Bobo Craxi mentre bussava alla porta di Raggio nel vano tentativo di recuperare qualche spicciolo paterno. Ora che i 2 milioni sequestrati a Tradati atterrano finalmente nelle casse dello Stato, una domanda s'impone: quale Stato ha confiscato il bottino di Bettino? Quello rappresentato dal presidente Napolitano, che a gennaio scrisse alla vedova Craxi una lettera lacrimosa per denunciare l' “eccessiva durezza” con cui fu trattato dai giudici il marito latitante? Quello rappresentato dal premier Berlusconi che da anni la mena sulla persecuzione di Craxi? Quello rappresentato dal presidente del Senato Schifani che 5 mesi fa definì Craxi “vittima sacrificale” alla presenza di una folta schiera di pregiudicati in gramaglie, nonché della signora Finocchiaro? Quello rappresentato dai ministri Sacconi, Brunetta e Frattini Dry, volati ad Hammamet listati a lutto per piangere sulla tomba dell'Esule? O un altro Stato, figlio di madre ignota? Non potendo esistere uno Stato che con una mano confisca i soldi di Craxi e con l'altra lo celebra come un martire, bisognerebbe sincronizzare i due Stati. Perché, delle due, l'una. O le massime cariche dello Stato hanno mentito su Craxi, e allora dovrebbero scusarsi e andarsene. Oppure han detto la verità, e allora dovrebbero intervenire per evitare l'estremo oltraggio, la spoliazione del cadavere: i 2 milioni siano immediatamente restituiti agli eredi, Stefania e Bobo, costretti alla carriera politica da una vita di stenti.
Fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
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