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di 'Per quel che mi riguarda'

martedì 25 gennaio 2011

Palla al centro. La bussola della chiesa per il dopo Berlusconi di Ida Dominijanni

(vignetta Mauro Biani)
Due frasi-chiave vanno incrociate, nella lunga prelusione di Angelo Bagnasco al consiglio permanente della Cei, per cogliere l’orientamento della Chiesa di fronte al disorientamento della politica italiana. La prima: «La collettività guarda sgomenta gli attori della scena pubblica, e respira un evidente disagio morale». La seconda: «Dalla situazione presente - comunque si chiariranno le cose - nessuno ricaverà realmente motivo per rallegrarsi, né per ritenersi vincitore». La prima stila una diagnosi, la seconda ristabilisce il primato della Chiesa nella guida morale della nazione (non a caso definita come «comunità di destino» con un’identità radicata nel vincolo religioso). La prima comporta la condanna, tutt’altro che implicita, di Silvio Berlusconi: «Si moltiplicano notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci- veri o presunti - di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza» dovute da un uomo pubblico. La seconda comporta l’apertura di una nuova stagione politica, nella quale «i segni anche profondi, se non vere e proprie ferite» che la stagione attuale rischia di imprimere «nell’animo collettivo» avranno bisogno, per essere sanati, non di un’alternanza di governo bensì di una autorità che la Chiesa non riconosce a nessuno degli attori politici in campo ma solo a se stessa.
Infatti «troppi oggi contribuiscono al turbamento generale, a una certa confusione, a un clima di reciproca delegittimazione» (e fra questi «troppi» c’è evidentemente anche la magistratura, vista «l’ingente mole di strumenti di indagine» della quale «qualcuno si chiede a cosa sia dovuta»). E allora è vero che bisogna superare «in modo rapido e definitivo» la fase «convulsa» di «debolezza etica» e di «fibrillazione politica e istituzionale». E’ vero che bisogna «fare chiarezza in modo sollecito e pacato, e nelle sedi appropriate». Ma è vero soprattutto che bisogna «dare ascolto alla voce del Paese, che chiede di essere accompagnato con lungimiranza ed efficacia, senza avventurismi, a cominciare dal fronte dell’etica della vita, della famiglia, della solidarietà e del lavoro». E qui anche l’occhio meno smaliziato vede dove va a parare la diagnosi sullo stato morale della nazione: la presa di distanza da Berlusconi apre immediatamente a un’unità nazionale a baricentro centrista e sotto le insegne cattoliche. Casini? Tremonti? Non importano i nomi, basta la chiarezza perentoria sui programmi. Vita, famiglia, solidarietà, lavoro: nel corso della prolusione non mancano le specificazioni necessarie. Sulla vita, una botta contro i tentativi di «ridimensionare l’obiezione di coscienza sui temi di alta rilevanza etica». Sulla famiglia - rigorosamente fondata «sul matrimonio fra uomo e donna» e «senza ossessivi cedimenti al ’soggetto singolare’ » - che viene riproposta come base del rilancio economico e della politica fiscale. Sul lavoro, in un lungo capitolo dedicato ai giovani e volto a ribadire «l’irrinunciabile mandato educativo» della Chiesa, a fianco - o al centro - della scuola e della società..
Certo, non mancano a Bagnasco argomenti del tutto condivisibili contro l’etica dominante: primo fra tutti il richiamo a una struttura relazionale della soggettività e del patto sociale, contro l’ipertrofia dell’io e l’egoismo consumista. O la distinzione cruciale fra libertà e arbitrio, contro l’equivalenza berlusconiana fra libertà e diritto di fare quel che si vuole in casa propria. Ola bacchettata contro «una rappresentazione fasulla dell’esistenza, volta a perseguire un successo basato sull’artificisoità, la scalata furba, il guadagno facile, l’ostentazione e il mercimonio di sé». Che qui stiano le radici del «disastro antropologico» che ci minaccia non c’è dubbio. Che in questo disastro una Chiesa sempre più angosciata dalla decristianizzazione (cui è dedicata tutta la prima parte della prolusione) punti a uscire riguadagnando l’antico primato non solo morale ma anche politico è altrettanto certo. Dopo le parole di Bagnasco è questa la posta in gioco che si aggiunge alle altre.

fonte articolo 'Il Manifesto'
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