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martedì 12 ottobre 2010
Afghanistan, quei fondi fantasma per la ricostruzione di Luigi De Magistris
(vignetta Mauro Biani)
Da tanto tempo chiediamo il ritiro dei soldati italiani dall’Afghanistan. Non solo sull’onda tragicamente emotiva successiva alla morte dei nostri militari. La presenza italiana nella guerra afgana non solo viola la Costituzione (art. 11: «l’Italia ripudia la guerra…come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali»), ma è priva di senso in uno scenario paurosamente confuso.
Il Presidente Obama, alcuni giorni fa, ha bollato come fallimentare la guerra degli Usa in Afghanistan, costata all’America migliaia di morti e miliardi di dollari. Il Senato americano ha diffuso i risultati di un’inchiesta dalla quale emerge che i talebani – la cui sconfitta è stata la ragione fondante della guerra
– controllano società beneficiarie di ingenti finanziamenti statunitensi per l’Afghanistan.
I primi risultati degli accertamenti che stiamo effettuando al parlamento europeo evidenziano che circa i 2/3 dei finanziamenti internazionali destinati alla ricostruzione dell’Afghanistan non sono mai giunti a destinazione finale. I prenditori e predatori di soldi pubblici godono per tutto questo. Aumentano esportazioni e utilizzo di armi in Afghanistan. In questo settore la spesa pubblica non viene tagliata (come per scuola, università, ricerca, giustizia e sicurezza). Gli interessi dei signori della guerra si sono rimpinguati.
Questa crescita esponenziale di spese militari è coincisa con la nascita della Difesa SPA, con la privatizzazione di gran parte dei servizi del ministero della difesa, secondo i desideri del ministro La Russa. Lo stesso sistema che hanno creato per la Protezione civile connection. Giocano con la pelle di giovani italiani, quasi tutti meridionali, anche perché gli danno soldi invece che le paghe di fame solitamente previste per i militari.
Il golpismo del governo italiano si misura anche nella politica estera e di difesa. Secondo La Russa bisognerebbe inviare cacciabombardieri e procedere ai bombardamenti. L’Italia dovrebbe, quindi, dichiarare lo stato di guerra. E’ duro ascoltare i pensieri e le emozioni di militari italiani che credono nella funzione che esercitano, convinti di partecipare a una missione di pace, mentre sono stati mandati al massacro, senza difesa, solo per interessi economici, affari e genuflessione ai desiderata del governo americano. In Afghanistan si sta consumando anche la sconfitta della Nato che, dopo il crollo del muro di Berlino, non ha più ragione di esistere. Non possiamo lavorare per l’Europa unita e federale, magari dal Portogallo alla Russia, amica e non succube degli Usa, e nello stesso tempo puntare armi convenzionali e nucleari verso Est. L’Afghanistan può risorgere con le armi della diplomazia, con la cooperazione civile sottratta ai signori della corruzione, con il ruolo delle ong più importanti, con una vera missione di pace sotto l’egida dell’Onu. Via da lì, al più presto, prima che sia troppo tardi.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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Ritirarsi subito di Giuliana Sgrena
La farsa afghana di Giuliana Sgrena
Da tanto tempo chiediamo il ritiro dei soldati italiani dall’Afghanistan. Non solo sull’onda tragicamente emotiva successiva alla morte dei nostri militari. La presenza italiana nella guerra afgana non solo viola la Costituzione (art. 11: «l’Italia ripudia la guerra…come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali»), ma è priva di senso in uno scenario paurosamente confuso.
Il Presidente Obama, alcuni giorni fa, ha bollato come fallimentare la guerra degli Usa in Afghanistan, costata all’America migliaia di morti e miliardi di dollari. Il Senato americano ha diffuso i risultati di un’inchiesta dalla quale emerge che i talebani – la cui sconfitta è stata la ragione fondante della guerra
– controllano società beneficiarie di ingenti finanziamenti statunitensi per l’Afghanistan.
I primi risultati degli accertamenti che stiamo effettuando al parlamento europeo evidenziano che circa i 2/3 dei finanziamenti internazionali destinati alla ricostruzione dell’Afghanistan non sono mai giunti a destinazione finale. I prenditori e predatori di soldi pubblici godono per tutto questo. Aumentano esportazioni e utilizzo di armi in Afghanistan. In questo settore la spesa pubblica non viene tagliata (come per scuola, università, ricerca, giustizia e sicurezza). Gli interessi dei signori della guerra si sono rimpinguati.
Questa crescita esponenziale di spese militari è coincisa con la nascita della Difesa SPA, con la privatizzazione di gran parte dei servizi del ministero della difesa, secondo i desideri del ministro La Russa. Lo stesso sistema che hanno creato per la Protezione civile connection. Giocano con la pelle di giovani italiani, quasi tutti meridionali, anche perché gli danno soldi invece che le paghe di fame solitamente previste per i militari.
Il golpismo del governo italiano si misura anche nella politica estera e di difesa. Secondo La Russa bisognerebbe inviare cacciabombardieri e procedere ai bombardamenti. L’Italia dovrebbe, quindi, dichiarare lo stato di guerra. E’ duro ascoltare i pensieri e le emozioni di militari italiani che credono nella funzione che esercitano, convinti di partecipare a una missione di pace, mentre sono stati mandati al massacro, senza difesa, solo per interessi economici, affari e genuflessione ai desiderata del governo americano. In Afghanistan si sta consumando anche la sconfitta della Nato che, dopo il crollo del muro di Berlino, non ha più ragione di esistere. Non possiamo lavorare per l’Europa unita e federale, magari dal Portogallo alla Russia, amica e non succube degli Usa, e nello stesso tempo puntare armi convenzionali e nucleari verso Est. L’Afghanistan può risorgere con le armi della diplomazia, con la cooperazione civile sottratta ai signori della corruzione, con il ruolo delle ong più importanti, con una vera missione di pace sotto l’egida dell’Onu. Via da lì, al più presto, prima che sia troppo tardi.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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