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di 'Per quel che mi riguarda'

martedì 12 ottobre 2010

Sì, anche io sto con la FIOM, perché... di Guido Paniccia

Sabato a Roma sarò quasi certamente alla manifestazione indetta dalla tanto, negli ultimi tempi, depauperata FIOM, l'organismo sindacale dei metalmeccanici. E così facendo, rivivrò da lontano l'autunno caldo del 70' in cui mia madre, metalmeccanica alla FATME mi portava, fosse altro perché non aveva a chi lasciarmi, ragazzino un po' irrequieto ma già costretto a vivere dalla vita certe problematiche. La FATME era per Roma, quello che poteva essere allora, con i dovuti distinguo, ciò che la FIAT costituiva e che tutt'ora rappresenta per Torino. Serrate, picchetti, una situazione a tratti molto difficile per i tempi. La FATME è ancora lì, sulla via Anagnina appena passato il Grande Raccordo Anulare, molto ridimensionata rispetto ad allora, ma con un qualcosa che probabilmente accomuna chi lavora lì oggi, da chi vi ha speso una vita, il caso di mia madre, nei tempi andati. Le loro storie. Storie fatte spesso di sacrifici ripetuti negli anni, di famiglie divise, di aspirazioni e mete da raggiungere, molte volte rimaste tali. Ma sempre con una caratteristica precisa, con una particolarità singolare; l'orgoglio di lavorare, sudando e spaccandosi la schiena a volte, ma contenti di fare, di costruire il futuro nostro e dei nostri figli, potendo offrire al mondo l'onestà, sotto forma di dedizione e professionalità, integrità morale, lealtà anche verso il padrone. Colui che per prima cosa ci permette di lavorare! era solita dire mia mamma nei suoi affettuosi rimbrotti verso un figlio che parla troppo! Si rischia di cadere nella facile retorica, ma queste proprio sono le motivazioni che mia madre mi ha permesso di condividere in tutti questi anni di vita in comune, valori che oggi io cerco di trasmettere alle mie di figlie, e che certamente animano la vita di coloro che le fabbriche ancora le frequentano. Il lavoro come capacità di vivere in onestà, la forza di porsi di fronte ai fatti e le persone con la condizione di essere nel giusto, una certa idea magari romantica di libertà. Qualcosa di simile sentiranno pure i tre operai cacciati dal diktat di Marchionne, messi nella condizione di non poter lavorare, così come non poter sognare, di essere meno liberi, oltre che non adeguati al lavoro. Accusati di boicottare il modus operandi del nuovo uomo forte del Lingotto, i tre sciagurati, nonostante una sentenza di un tribunale affermasse il loro diritto al reintegro, sono stati messi nell'angusta e scomoda posizione di non poterlo fare, di non poter esercitare ciò che è affermato dalla Costituzione. Il fatto è secondo me di una gravità estrema, ma non solo. Il nostro paese è in piena crisi politico istituzionale già da diverso tempo, dove ad un presidente del consiglio sempre più indaffarato nelle sue cose e portatore di un concetto di democrazia quanto meno discutibile per non dire di peggio, si contrappone una classe politica e sindacale non all'altezza di quella che da più parti viene definita come emergenza democratica. Nel guado dell'immobilismo della classe dirigente, si stanno inserendo a turno i cosi detti poteri forti, in questo caso la FIAT ed il suo management, che con arroganza prossima alla prevaricazione, tentano l'assalto decisivo al mondo del lavoro, ai suoi diritti, allo Statuto stesso che dovrebbe sancire quei diritti [sacrosanti]. Anche per questo è importante essere lì in piazza sabato, per mandare un segnale forte a chi quei diritti vorrebbe calpestarli, cancellarli addirittura. Non ricordo in quale filmato di adesione alla manifestazione della FIOM ho sentito parlare di "solitudine dei lavoratori" da evitare, credo l'abbia detto Camilleri. Ecco, non facciamo che i metalmeccanici, ma anche gli studenti, i precari, chi vive situazioni di difficoltà, tutti noi insomma, ci sentissimo sabato più soli di quanto già siamo. Ne va in gioco il nostro futuro, quello dei nostri figli, finanche i nostri sogni!


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