
Ma vi è di più. C’è una strana coincidenza di interessi tra i due opposti schieramenti di centro-sinistra e di centro-destra, entrambi alla spasmodica ricerca di escamotages (politici e non) per impedire l’assalto al cielo del governatore pugliese. Lo dimostrano i tentativi di risolvere l’attuale impasse politica affidandosi, per un verso, ad improbabili alchimie istituzionali (riforma della legge elettorale) o ricorrendo ad inopportune formule (governo tecnico o di transizione) e, per l’altro, i continui ricatti di Tremonti sulla cruciale questione della sanità in Puglia.
In uno scenario così desolante in cui Vendola è costretto, suo malgrado, a muoversi tra l’arroganza del centro-destra e le miserie del centro-sinistra, alcuni interrogativi sorgono spontanei. La sua candidatura può essere un’alternativa credibile al dominio incontrastato del berlusconismo e dei suoi valori portanti (individualismo, aziendalismo, mercificazione) che già ha fatto breccia nella cultura di sinistra? La politica vendoliana che fa leva anche sui bisogni immateriali può costituire un’alternativa seria ad una politica sempre più corrotta e succube delDio danaro? (vedi Enzo Mazzi, il manifesto 11/8). La costruzione di inedite forme di aggregazione dal basso e lo straordinario coinvolgimento emotivo dei giovani nelle fabbriche di Nichi può rappresentare una valida alternativa alla vecchia concezione elitaria e verticistica della politica che, al contrario, con il suo istinto di autoconservazione, soffoca già sul nascere, qualsiasi iniziativa di cambiamento? La narrazione affabulatoria proposta da Vendola, capace di entrare in sintonia diretta con i bisogni ed i desideri reali della gente ricreando l’antico legame tra politica e passioni, può essere un’efficace alternativa all’ormai logoro e grigio lessico dei professionisti della politica, tutto fondato sulla relazione tra politica e interessi?
Questi sono i pressanti interrogativi a cui dovrebbero rispondere non solo gli intellettuali ma anche il variegato e complesso arcipelago del popolo di sinistra (vedi, La rete della sinistra, il manifesto 14/8). Ed essi acquistano una maggiore pregnanza soprattutto oggi, nel momento in cui, la vera posta in gioco sta nel costruire insieme e alla luce del sole una sinistra che sia all’altezza delle sfide globali, cioè in grado di riproporre, in forme moderne, la critica ab imis al liberal-capitalismo (vedi Giordano, il manifesto 29/7) e, soprattutto, di praticare forme di lotta contro l’imperante fascismo dei consumi, per dirla con le parole di Pasolini.
Perciò urge la creazione di un rinnovato lessico e di un nuovo immaginario politico che potrebbe scaturire dall’apertura di un cantiere di discussione, il cui scopo è di far uscire la sinistra dalla condizione di minorità in cui si trova. Tenendo sempre ben a mente, da un lato, il vecchio insegnamento kantiano: «Non considerare subito l’idea come una chimera e rifiutarla come un bel sogno, anche se nella sua realizzazione si incontrano degli ostacoli» e, dall’altro, non sottovalutando affatto i rischi cui va incontro (la sinistra e lo stesso Vendola) di fronte all’eccessiva personalizzazione della politica. Se tali intendimenti resteranno lettera morta, la sinistra, come denunciava qualche anno fa inascoltato Pietro Barcellona, non potrà che andare incontro al suo inevitabile declino, impiccandosi all’albero della fiction e, la figura di Vendola, sarà ricordata come una meteora che ha attraversato, illuminandoli solo per un istante, i cieli della politica. * Università di Catania
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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