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di 'Per quel che mi riguarda'

mercoledì 26 maggio 2010

SANTORO SPIAZZA TUTTI E RIMETTE LA PENNA IN TASCA di Carlo Tecce

Riavvolgere il nastro, tornare ai titoli di martedì scorso e correggere: Santoro resta alla Rai, adesso Annozero può (ri)cominciare. Michele Santoro ha spiazzato l'azienda e il pubblico, amministratori e critici: “Non ha più senso immaginare cambiamenti nell'interesse della Rai e dei telespettatori. Le continue fughe di notizie hanno violato l’impegno di riservatezza indispensabile per un possibile accordo con la Rai favorendo interpretazioni fantasiose lesive della mia immagine”. Fine della trattativa. E un messaggino, nemmeno tanto in codice, al collega Gianluigi Paragone e al “totoscomesse” sui milioni per la buonuscita e la collaborazione da esterno: “Trasmissioni televisive della Rai (Ultima parola, ndr) sono entrate – aggiunge il conduttore – nel merito di una trattativa in corso d’opera con un profilo denigratorio dei miei comportamenti di professionista. Non era mai avvenuto in precedenza”. L'introduzione di venti minuti di Annozero conteneva una semplice e concisa domanda per la politica che governa (o partecipa) al servizio pubblico: “Volete ancora la mia trasmissione?”. Santoro ha ricevuto risposte di vario tipo: dal “Mario Balotelli della televisione” di Pier Luigi Bersani al “cialtrone sarà lui” di Giovanna Melandri. “Nessuno è riuscito a pronunciare una frase elementare – ironizza Marco Travaglio – e così evitare di nascondersi dietro Michele: “Noi vogliamo Annozero”. Indicava che c'erano poche differenze tra destra e sinistra”. E il presidente Paolo Garimberti, ieri mattina, riprendeva il quesito dalla testa per servirlo al giornalista: “La firma dipende da lui”. E Santoro ha deciso di ritirare la penna. L'azienda correva spedita verso il consiglio di amministrazione (oggi a mezzogiorno) e inviava un contratto capestro al conduttore: le solite clausole sui contenuti, i costi delle produzioni anticipati dal conduttore, l'immancabile spauracchio delle sanzioni Agcom. Censura preventiva già letta e vista.
La Rai ha giocato a mani piene: da una parte presentava il ricorso in Cassazione contro il reintegro del giornalista, dall'altra indica un'unica via di uscita. La famigerata “transazione”. Un inviato di Annozero con una metafora aveva condensato l'intero campionario di pressioni sulla trasmissione: “Siamo in una prigione creativa”. E nei giorni dei pronostici sui milioni di euro , c'era la sensazione che Santoro, alla quarta stagione di un programma che stuzzicava l'indice share e irritava la politica, sceglieva di lasciare la prigione per portare con sé la creatività. Il biennio da ex dipendente – tra serie televisive e documentari recitati – sembrava peggio della prigione abbandonata: la Rai poteva modificare il prodotto per “tutelare interessi terzi”, il giornalista doveva rispettare norme disseminate come campo minato. Altro che libertà. Tutto come prima: “Non volevano Annozero? – dice Travaglio – Ora sono costretti a farlo e la situazione si fa divertente”. Nessun commento ufficiale di Mauro Masi, oltre il gesto istintivo di chiamare Santoro. Poi un comunicato – etichetta s'apprende da ambiente – per incollare un filo in mille pezzi: “Nell'accordo tra la Rai e Santoro, votato dal Cda di Viale Mazzini sostanzialmente all’unanimità, era prevista una clausola di riservatezza e di gestione concordata della comunicazione cui il direttore generale si è puntualmente attenuto e continuerà a farlo”. Continuerà, verbi declinati al futuro. Nel frattempo, di sicuro, Masi sarà ascoltato dalla commissione di Vigilanza per la gestione di San-toro e le dimissioni della Busi. Il governo immaginava un addio di Santoro e una gabbia biennale. Un bingo. E così il viceministro Paolo Romani rievoca una battuta dell'ex presidente Enzo Siciliano per trattenere la sua amarezza: “Michele chi?”.

Fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'

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