
Non è dunque per un malriposto spirito nazionale che oggi torniamo a chiedere il ritiro delle truppe. È vero però che oggi c'è una ragione di più per tirare fuori dagli armadi le bandiere impolverate della pace. Ieri i primi drappi arcobaleno hanno
fatto la loro ricomparsa in piazza San Giovanni, a Roma. «Noi stiamo con Emergency»: sono arrivati in tanti, decine dimigliaia e dieci volte di più hanno firmato l'appello lanciato dall'associazione fondata da Gino Strada. La ragione di più, per
chi ne avesse bisogno, magari a sinistra, e per chi avesse più a cuore il tricolore che l'arcobaleno, ha tre nomi: Matteo, Marco e Matteo. L'abbiamo scritto appena si è diffusa la notizia dell'arresto ignobile di tre persone che dedicano la loro vita e
il loro lavoro alla cura degli ammalati, dei bambini che saltano sulle mine, delle popolazioni civili bombardate dai raid a cui partecipano i «nostri ragazzi», dei combattenti feriti, siano essi afghani, talebani, occidentali: Karzai, i suoi sostenitori e i suoi nemici, sparano su Emergency per togliere di mezzo gli ultimi e unici testimoni dei crimini di guerra. Vogliono impedire, nell'era dell'informazione
just in time, che quei crimini vengano testimoniati e raccontati.
Fa male essere governati da una lobby di guerrafondai, fa male vedere la nostra Costituzione data alle fiamme su campi di battaglia dove ormai non cresce più erba, ma solo papaveri. Farebbe meno male se la domanda di pace, che pure resiste nel nostro paese, avesse una rappresentanza politica.
Fonte articolo e vignetta 'Il Manifesto'
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