Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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domenica 31 luglio 2011
Tunnel carpale di Marco Travaglio
(vignetta Matteo Bertelli)
Il tunnel carpale scavato da B. sotto i tribunali col piede di porco dei suoi legislatori e con la lingua dei suoi servi, ivi compresi i magistrati che infestano il ministero, ci regala la tanto sospirata Riforma Epocale della Giustizia. Dopo 17 anni di cincischiamenti sporadici che allungavano qua e là i dibattimenti, accorciavano prescrizioni, abolivano reati, abbassavano pene, condonavano condanne, svuotavano galere, silenziavano pentiti e testimoni, favorivano imputati di serie A, limavano le unghie ai pm e le laccavano agli avvocati, scudavano premier e ministri, il Senato ha finalmente varato un provvedimento organico, sistematico, scientifico, definitivo: la morte del processo. Ma sì, un bel colpo secco, ci si leva il dente e non se ne parla più. Sotto gli occhi di quel monumento alla legalità che è Schifani, ovviamente indagato per mafia, passa una legge che farebbe vergognare Al Capone, beffardamente battezzata “processo lungo”. Come a dire: vi aspettavate il processo breve? E invece approviamo quello lungo: ci eravate cascati, eh? È una specie di gioco delle tre carte (anzi, mezza dozzina) per disorientare i cittadini, che hanno altro a cui pensare, e il capo dello Stato, che ha la sua età: processo breve, prescrizione breve, salva-Ruby, salva-Mondadori, riforma del Csm, azione penale discrezionale, separazione delle carriere, responsabilità civile, lodo Alfano-bis, neo-immunità e poi zac!, processo lungo, tiè. La norma voluta da Falcone, che dà valore di prova alle sentenze definitive nei processi su fatti analoghi, non c’è più: in ogni processo di mafia bisognerà ridimostrare che esiste Cosa Nostra. E se il rapinatore A viene condannato in Cassazione per aver rapinato una banca col rapinatore B, nel processo al rapinatore B bisognerà risentire tutti i testimoni: se A uguale B, non è detto che B sia uguale A. Tutto questo perché la Cassazione ha già stabilito che Mills fu corrotto da B., il che lascia presagire che B. abbia corrotto Mills, ma B. non vuol proprio sentirselo dire. Nel processo “toghe sporche”, B. e Previti chiesero di sentire tutti e 1700 i giudici passati per Roma nell’ultimo mezzo secolo per dimostrare che non li avevano corrotti proprio tutti. Il Tribunale di Milano rise molto e condannò Previti (B. se l’era già svignata). Col processo lungo, che obbliga i giudici a sentire tutti i testi “pertinenti” anche se inutili, il processo sarebbe in pieno corso, in primo grado, con l’escussione del 900° teste o giù di lì, e si trascinerebbe fin verso il 2035, salvo prescrizione o decesso dei testi, degl’imputati e dei giudici, si capisce. E così il processo Parmalat, dove Tanzi voleva sentire tutti e 35 mila gli azionisti del gruppo. E così il processo Eternit (nomen, omen), dove pure i difensori si accontentavano di 9.841 testimoni. Il bello di questa 42° legge ad personam è che è pure ad canaglias: vale per tutti. I colpevoli, s’intende, visto che gli innocenti e le vittime non hanno interesse a tirare in lungo, non foss’altro che per finire presto e non pagare l’avvocato in eterno. Se tutto va bene, e se esisterà ancora l’Italia, in settembre sarà approvata anche alla Camera e comincerà a dispiegare i suoi balsamici effetti. Sempreché il capo dello Stato, che l’altroieri commemorava spiritosamente Rocco Chinnici, non s’accorga dell’art. 111 della Costituzione: quello che raccomanda umoristicamente la “ragionevole durata dei processi”. E sempreché il neoministro Zitto Palma abbia l’accortezza di accompagnare il “processo lungo” con una norma complementare ormai imprescindibile. Perché tener aperti tutti quegli enti inutili chiamati “palazzi di giustizia” che costano un occhio fra giudici, pm, poliziotti, carabinieri, finanzieri, cancellieri, uscieri, segretari, se basta un avvocato con l’elenco telefonico sotto il braccio per far saltare tutto? Dopo il “processo lungo” s’impone l’ultima riforma epocale: il “tribunale chiuso”.
fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
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Il tunnel carpale scavato da B. sotto i tribunali col piede di porco dei suoi legislatori e con la lingua dei suoi servi, ivi compresi i magistrati che infestano il ministero, ci regala la tanto sospirata Riforma Epocale della Giustizia. Dopo 17 anni di cincischiamenti sporadici che allungavano qua e là i dibattimenti, accorciavano prescrizioni, abolivano reati, abbassavano pene, condonavano condanne, svuotavano galere, silenziavano pentiti e testimoni, favorivano imputati di serie A, limavano le unghie ai pm e le laccavano agli avvocati, scudavano premier e ministri, il Senato ha finalmente varato un provvedimento organico, sistematico, scientifico, definitivo: la morte del processo. Ma sì, un bel colpo secco, ci si leva il dente e non se ne parla più. Sotto gli occhi di quel monumento alla legalità che è Schifani, ovviamente indagato per mafia, passa una legge che farebbe vergognare Al Capone, beffardamente battezzata “processo lungo”. Come a dire: vi aspettavate il processo breve? E invece approviamo quello lungo: ci eravate cascati, eh? È una specie di gioco delle tre carte (anzi, mezza dozzina) per disorientare i cittadini, che hanno altro a cui pensare, e il capo dello Stato, che ha la sua età: processo breve, prescrizione breve, salva-Ruby, salva-Mondadori, riforma del Csm, azione penale discrezionale, separazione delle carriere, responsabilità civile, lodo Alfano-bis, neo-immunità e poi zac!, processo lungo, tiè. La norma voluta da Falcone, che dà valore di prova alle sentenze definitive nei processi su fatti analoghi, non c’è più: in ogni processo di mafia bisognerà ridimostrare che esiste Cosa Nostra. E se il rapinatore A viene condannato in Cassazione per aver rapinato una banca col rapinatore B, nel processo al rapinatore B bisognerà risentire tutti i testimoni: se A uguale B, non è detto che B sia uguale A. Tutto questo perché la Cassazione ha già stabilito che Mills fu corrotto da B., il che lascia presagire che B. abbia corrotto Mills, ma B. non vuol proprio sentirselo dire. Nel processo “toghe sporche”, B. e Previti chiesero di sentire tutti e 1700 i giudici passati per Roma nell’ultimo mezzo secolo per dimostrare che non li avevano corrotti proprio tutti. Il Tribunale di Milano rise molto e condannò Previti (B. se l’era già svignata). Col processo lungo, che obbliga i giudici a sentire tutti i testi “pertinenti” anche se inutili, il processo sarebbe in pieno corso, in primo grado, con l’escussione del 900° teste o giù di lì, e si trascinerebbe fin verso il 2035, salvo prescrizione o decesso dei testi, degl’imputati e dei giudici, si capisce. E così il processo Parmalat, dove Tanzi voleva sentire tutti e 35 mila gli azionisti del gruppo. E così il processo Eternit (nomen, omen), dove pure i difensori si accontentavano di 9.841 testimoni. Il bello di questa 42° legge ad personam è che è pure ad canaglias: vale per tutti. I colpevoli, s’intende, visto che gli innocenti e le vittime non hanno interesse a tirare in lungo, non foss’altro che per finire presto e non pagare l’avvocato in eterno. Se tutto va bene, e se esisterà ancora l’Italia, in settembre sarà approvata anche alla Camera e comincerà a dispiegare i suoi balsamici effetti. Sempreché il capo dello Stato, che l’altroieri commemorava spiritosamente Rocco Chinnici, non s’accorga dell’art. 111 della Costituzione: quello che raccomanda umoristicamente la “ragionevole durata dei processi”. E sempreché il neoministro Zitto Palma abbia l’accortezza di accompagnare il “processo lungo” con una norma complementare ormai imprescindibile. Perché tener aperti tutti quegli enti inutili chiamati “palazzi di giustizia” che costano un occhio fra giudici, pm, poliziotti, carabinieri, finanzieri, cancellieri, uscieri, segretari, se basta un avvocato con l’elenco telefonico sotto il braccio per far saltare tutto? Dopo il “processo lungo” s’impone l’ultima riforma epocale: il “tribunale chiuso”.
fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
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Qualcuno dice C'E' LA GIUSTIZIA DIVINA al quale non si puo' sfuggire .MA CAZ.. SI DESSE UNA MOSSA.
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