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giovedì 28 luglio 2011
L’IDENTIKIT di Nitto Palma, l’ex toga nera con il pallino dell’impunità di Andrea Fabozzi
«Prima che le navi da guerra in fiamme arrivino davanti ai bastioni di Orione...». Dovrebbe ricordare questa sua citazione di qualche anno fa Francesco Nitto Palma, oggi è perfetta per uno che conquista la poltrona di ministro quando tutto il resto del governo crolla. Il nuovo guardasigilli esordì citando Blade Runner nell’aula della camera dei deputati il giorno in cui fu costretto a ritirare un suo celebre emendamento alla riforma dell’immunità parlamentare. Era il luglio del 2002 e quello era il primo tentativo, fallito, di introdurre uno scudo per i parlamentari.
Magistrato romano eletto prima in Veneto, poi in Lombardia e infine in Calabria, il nuovo ministro è stato il padre del primo scudo salva imputati eccellenti, l’ispiratore di tutti i successivi «lodi» Maccanico, Schifani e infine Alfano. A muoverlo l’ansia di proteggere Silvio Berlusconi ma soprattutto Cesare Previti di cui è stato ed è grande amico. Gli archivi parlamentari conservano memoria di un pomeriggio del 2004, si era quasi a Natale, quando la camera approvò la legge «salva Previti» grazie all’impegno di Nitto Palma come relatore. Previti lì presente, nonostante avesse sempre negato ogni interesse personale, non si trattenne e platealmente esultò.
In effetti il primo avvocato romano di Berlusconi ha sempre avuto buoni amici tra i magistrati della capitale e non solo tra quelli che (in nome della legge) ha corrotto. Ai tempi della procura di Roma «porto delle nebbie», Previti conosceva bene Nitto Palma, un pm al quale il procuratore Ugo Giudiceandrea affidava inchieste importanti - sui Nar, sul sequestro Moro, su Gladio - o eclatanti - sulle responsabilità per la morte di Alfredino Rampi, sul finanziamento del Pcus al Pci. Fu quella su «l’oro di Mosca» la sua ultima inchiesta (archiviata) celebre, prima di fare il salto (attraverso la procura nazionale antimafia) in politica, direttamente al ministero della giustizia. Nitto Palma era il vice capo di gabinetto del ministro Alfredo Biondi quando nel ’94 il primo governo Berlusconi tentò con il decreto cosiddetto «salva ladri» di intralciare le inchieste di Mani Pulite.
Nessuna sorpresa dunque che una volta arrivato in parlamento proseguisse il suo impegno per l’impunità. Con emendamenti e proposte di legge di tutti i generi, ordinarie o costituzionali, nessuna delle quali è riuscita però nello scopo. Se Alfano è stato il ministro delle leggi ad personam, Nitto Palma ne è un perfetto successore. Molto meno politico - e di questo lo accusano i suoi colleghi dimaggioranza con i quali non ha rapporti eccezionali - ma certamente più competente in materia. Nelle ultime due legislature non ha più avuto le luci della ribalta dei primi anni duemila, quando proponeva commissioni d’inchiesta sulle toghe rosse o difendeva in parlamento la riforma dell’ordinamento giudiziario, o persino veniva candidato alla Corte costituzionale. Prima di farlo sottosegretario nel 2008, Berlusconi si era ricordato di lui solo per spedirlo a commissariare il partito a Bolzano.
fonte articolo 'Il Manifesto'
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Magistrato romano eletto prima in Veneto, poi in Lombardia e infine in Calabria, il nuovo ministro è stato il padre del primo scudo salva imputati eccellenti, l’ispiratore di tutti i successivi «lodi» Maccanico, Schifani e infine Alfano. A muoverlo l’ansia di proteggere Silvio Berlusconi ma soprattutto Cesare Previti di cui è stato ed è grande amico. Gli archivi parlamentari conservano memoria di un pomeriggio del 2004, si era quasi a Natale, quando la camera approvò la legge «salva Previti» grazie all’impegno di Nitto Palma come relatore. Previti lì presente, nonostante avesse sempre negato ogni interesse personale, non si trattenne e platealmente esultò.
In effetti il primo avvocato romano di Berlusconi ha sempre avuto buoni amici tra i magistrati della capitale e non solo tra quelli che (in nome della legge) ha corrotto. Ai tempi della procura di Roma «porto delle nebbie», Previti conosceva bene Nitto Palma, un pm al quale il procuratore Ugo Giudiceandrea affidava inchieste importanti - sui Nar, sul sequestro Moro, su Gladio - o eclatanti - sulle responsabilità per la morte di Alfredino Rampi, sul finanziamento del Pcus al Pci. Fu quella su «l’oro di Mosca» la sua ultima inchiesta (archiviata) celebre, prima di fare il salto (attraverso la procura nazionale antimafia) in politica, direttamente al ministero della giustizia. Nitto Palma era il vice capo di gabinetto del ministro Alfredo Biondi quando nel ’94 il primo governo Berlusconi tentò con il decreto cosiddetto «salva ladri» di intralciare le inchieste di Mani Pulite.
Nessuna sorpresa dunque che una volta arrivato in parlamento proseguisse il suo impegno per l’impunità. Con emendamenti e proposte di legge di tutti i generi, ordinarie o costituzionali, nessuna delle quali è riuscita però nello scopo. Se Alfano è stato il ministro delle leggi ad personam, Nitto Palma ne è un perfetto successore. Molto meno politico - e di questo lo accusano i suoi colleghi dimaggioranza con i quali non ha rapporti eccezionali - ma certamente più competente in materia. Nelle ultime due legislature non ha più avuto le luci della ribalta dei primi anni duemila, quando proponeva commissioni d’inchiesta sulle toghe rosse o difendeva in parlamento la riforma dell’ordinamento giudiziario, o persino veniva candidato alla Corte costituzionale. Prima di farlo sottosegretario nel 2008, Berlusconi si era ricordato di lui solo per spedirlo a commissariare il partito a Bolzano.
fonte articolo 'Il Manifesto'
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