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di 'Per quel che mi riguarda'

venerdì 29 luglio 2011

Barbara Spinelli :“Horror berlusconiano con sottotitoli sovietici” intervista di Marco Travaglio

BARBARA SPINELLI: “PIÙ CHE UNA CLASS ACTION, QUELLA CONTRO LA STAMPA È UNA CAST ACTION. TROPPO COMODO FARSI SCUDO DEI MILITANTI”
"Mi pare di assistere a un film horror berlusconiano con sottotitoli in sovietico”. Così Barbara Spinelli definisce la minaccia di Pier Luigi Bersani di attivare una class action con gli iscritti e forse gli elettori per trascinare in tribunale i giornali che criticano il Pd sulla questione morale e raccontano le indagini su alcuni suoi esponenti.

Che cosa ti colpisce di più nell’annuncio di Bersani?
Oltre e forse più ancora del merito dell'iniziativa, mi colpisce il linguaggio di Bersani. Intanto quell'insistere sulla ‘m a c c h i n a del fango’, quale che sia lo scandalo che un giornale denuncia, quali che siano i reati scoperti dalla magistratura, quali che siano i giornali chiamati in causa e le loro proprietà. Non se ne può più: se qualcuno scrive il falso, attribuendoti reati mai commessi, fatti mai accaduti, cose mai dette, allora sì è macchina del fango. Ma se uno ti critica anche duramente per comportamenti veri, per inchieste vere, per accuse vere, allora non c'è nessun fango, a parte quello prodotto da chi tiene quei comportamenti. Non certo dai giornali che li raccontano.

Bersani pensa di denunciare i giornali che “a g g r e d i s c o n o ”, coinvolgendo quadri e iscritti al Pd in una “class action”.
Non vedo alcuna differenza tra il linguaggio usato da Marina Berlusconi per minacciare Il Fatto Quotidiano e quello usato da Bersani per minacciare azioni giudiziarie contro i giornali che a suo dire lo attaccano. Che vuol dire ‘le critiche le accettiamo, le aggressioni no’? Che la stampa ha il diritto di criticare, ma senza fare riferimento alle gravissime imputazioni che pendono sul capo di alti esponenti del suo partito? E poi questa class action, che faccia tosta...

Cosa c’è che non va?
Il linguaggio e ciò che lo determina: l'idea tipica della Casta che i reati individuali imputati a singoli dirigenti di un partito possano essere nascosti dietro il gruppo, dietro il clan, si chiami Pd o Pdl o Mondadori... La difesa di gruppo è orrenda, sfido io che il Pd torna a scendere nei sondaggi. Che significa
class action? Che ogni singolo membro del partito si identifica col gruppo al punto che, se commette un reato, chiama tutti i membri del gruppo a risponderne?
Che, se la magistratura indaga Pronzato o Penati, o se i giornali li criticano, questo è un attacco a tutto il partito, a tutti i dirigenti, a tutti i militanti, a tutti gli elettori? Linguaggio comunista e sostanza berlusconiana, così ha parlato ieri Bersani. Mi ricorda una battuta di Daniel Cohn Bendit su certi oligarchi dell'Europa orientale convertiti al capitalismo all'indomani del crollo del Muro di Berlino: un pessimo film capitalista con sottotitoli in sovietico.

Linguaggio comunista?
Perché quel ‘cl a s s ’ è un'antica reminiscenza del partito di classe, qual era il Pci, ma quale non è più il Pd. Bersani dovrebbe avere il coraggio di cambiare qualche lettera alla sua trovata: non ‘class action’, ma ‘cast action’.

Mi pare più appropriato.
Perché le sue minacce alla stampa sono a difesa della casta, non certo dei militanti del Pd, che meriterebbero difensori migliori: anche perché non sono vittime dei giornali o dei magistrati, ma di chi, ai vertici del Pd, commette reati o tiene comportamenti indifendibili. La vera class action i militanti del Pd dovrebbero farla contro i vari Penati, Pronzato, Tedesco, e contro chi li difende in gruppo.

Almeno Penati si è dimesso.
E ci mancherebbe altro. Ma, anche qui, colpisce il linguaggio usato: ha detto che si dimetteva ‘per l'enorme risalto mediatico’ delle indagini a suo carico. Cioè: se tv e giornali ne avessero parlato un po' meno, lui sarebbe rimasto al suo posto per qualche altro decennio? Come dire: ero nudo alla finestra coperto da una tenda, poi un soffio di vento l'ha spostata e ora mi tocca rivestirmi. Un atteggiamento molto grave nei confronti della stampa e della magistratura.

Però Bersani dice che il Pd è “d i v e r s o ” perché, diversamente da altri partiti, la magistratura la rispetta.
Sono felice che la rispettino, del resto ci mancherebbe pure che l'attaccassero.
Ma il miglior modo di rispettare la magistratura è non commettere reati, invece
di inchinarsi ipocritamente alle toghe quando li hanno scoperti. E poi la magistratura non è tutto. A monte, nei partiti, devono esistere codici
etici e controlli severissimi per evitare che qualcuno con responsabilità
partitiche o addirittura istituzionali incappi nelle maglie della giustizia.

Bersani vanta il codice etico più stringente d'Italia.
Temo che sia lo stesso di Veltroni, che nel 2008 non impedì al Pd di mandare in Parlamento due condannati definitivi e un bel po' di inquisiti e imputati. Più Tedesco, un anno dopo.

Tedesco, dice il Pd, l’ha salvato la Lega.
E qualche senatore ‘dissenziente’ del Pd. Ma non è questo il punto. Tedesco il Pd avrebbe dovuto cacciarlo prima, al momento del mandato di arresto per corruzione, concussione altri gravi reati, senza neppure aspettare il voto del Senato (dove, com'è noto, la maggioranza è di centrodestra). Cioè dire subito chiaramente che non aveva più nulla a che fare con il partito. Invece hanno votato per il suo arresto e se lo sono tenuto nelle proprie file, dove ancora alloggerebbe se non si fosse dimesso lui tre giorni fa in polemica con la Bindi. A me piacerebbe sentir pronunciare parole chiare e nette: ‘espulsione’, ‘dimissioni’. Basta con la retorica del ‘passo indietro’: se uno è indagato per aver arrotato una vecchietta per la strada, a chi verrebbe in mente di chiedergli di ‘fare un passo indietro’?

Poi c’è il caso Pronzato, ex consigliere di Bersani al ministero, poi Responsabile del Pd per il trasporto aereo e membro del Cda dell’Enac indicato dal Pd.
Nella risposta al Fatto , Bersani dice che l'ha ‘trovato al ministero’ e l'ha ‘confermato’. Manco fosse una margherita che si trova nei prati facendo una scampagnata. Poi concede, bontà sua, che ‘il doppio incarico’ nel Pd e all'Enac era ‘inopportuno’. Ma quello è un conflitto d'interessi sfacciato, berlusconismo
puro, altro che ‘inopportunità’. È così difficile rendersi conto della realtà e chiamare le cose col loro nome? Questi giochini di parole per minimizzare sono balletti settecenteschi, minuetti e quadriglie da corte di Luigi XVI e Maria Antonietta: un passo indietro, uno avanti, ops pardon forse sono stato inopportuno... Poi è ovvio che arriva la ghigliottina.

Tutto nasce dalla questione irrisolta del rapporto politica-affari. Nel 2005, col dibattito a sinistra sui furbetti del quartierino, si perse l’ennesima occasione per troncare un certo modo di fare politica in economia.
Per questo parlo di film horror berlusconiano con sottotitoli in sovietico. Anche chi, come Bersani, a liberalizzare qualcosa ci ha provato seriamente nel secondo governo Prodi, cade ancora in comportamenti da oligarca della vecchia sinistra comunista, quella dello Stato produttore: Telecom, Montepaschi, Unipol, coop rosse, Milano-Serravalle. Si mettono a competere con Berlusconi nel tentativo di costruirsi un establishment finanziario ‘amico’ o addirittura di partito, e naturalmente perdono perché Berlusconi a far soldi e affari è più bravo e più oligarca di loro.

Forse Bersani & C. sono attoniti dinanzi agli ultimi scandali perché, dopo le comunali e i referendum, pensavano che avrebbero ereditato il potere da Berlusconi raccattandolo, senza il minimo sforzo e cambiamento.
Il fatto che siano attoniti sorprende e preoccupa, anche perché era chiarissimo che le comunali e i referendum non li hanno vinti loro: li ha vinti una parte d'Italia che ha deciso di prendere la parola indipendentemente da loro, e anche contro di loro: contro tutto il sistema politico, quello di Berlusconi, ma anche quello del Pd che ne è parte integrante. Se non hanno capito la lezione e non hanno riflettuto sul loro errore storico di assecondare per quasi vent'anni il berlusconismo, allora non solo non raccatteranno il potere quando Berlusconi cadrà, ma se anche riuscissero con fatica a conquistarlo, lo riperderanno
subito dopo.

Cosa ti saresti aspettata, dopo i referendum e le elezioni a Milano e Napoli?
Che dicessero chiaro e tondo: appena torneremo al governo faremo una legge severissima contro tutti i conflitti d'interessi. Infatti ora balbettano sul caso
Pronzato e si indignano se qualcuno li chiama a risponderne: non hanno ancora capito che la prima malattia del Paese è il conflitto d'interessi, oppure non vogliono risolverlo una volta per tutte perché vi sono immersi anche loro.

Può Bersani essere il candidato giusto per un prossimo governo di centrosinistra, vista la sua straordinaria abilità a circondarsi delle persone sbagliate?
Può ancora esserlo soltanto se non si ferma alla lettera al Fatto, ma si spinge molto più avanti nell'autocritica sul passato (anche il suo passato) e nelle scelte conseguenti: espulsione dei dirigenti indegni, controlli severi sulle nomine, ritirata dalle vicende finanziarie e dalla gestione diretta dell'economia, presa di distanze chiara e netta dalla linea dalemiana del fastidio congenito a ogni indagine della magistratura e della stampa libera. Se invece si ferma alle timide scuse per qualcosa di ‘inopportuno’ e soprattutto minaccia la stampa che lo critica chiamandola ‘macchina del fango’, si rischia di non notare la differenza
rispetto al berlusconismo.

Gad Lerner lancia Rosy Bindi come alternativa a Bersani.
Lui è più addentro alle vicende del Pd. Io preferisco restarne fuori. Facciano un po' quel che ritengono meglio, possibilmente scegliendo un candidato che non perda un'altra volta le elezioni. Io, come cittadina e come giornalista, sono molto più interessata a sapere se il Pd condivide le minacce alla stampa e qual è per Bersani la ‘critica’ accettabile: quella che non parla delle indagini giudiziarie sui suoi principali collaboratori? Se è così, si torna alla stampa di partito: dopo la telefonia, le banche, le autostrade di partito, pure i giornali di partito. È questa la libertà di stampa che hanno in mente? E quale sarebbe la differenza con Berlusconi?

fonte intervista e vignetta 'Il Fatto Quotidiano'
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2 commenti:

  1. Come dice grillo , PDL e PD meno L sono la stessa cosa e se messi allo strotto lo dimostrano.

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  2. SBAGLIATO
    Nel (PD meno L) non c'è nessun Berlusconi, forse neanche Grillo se ne è accorto. La prima cosa che ben più di metà degli italiani (30 milioni secondo Cretinetta, molti meno secondo questure, procure e opinionisti vari) desiderano avvenga nel nostro sventurato Paese è giusto la dipartita di Scilvio, in qualsiasi modo essa dovesse arrivare. Finalmente.
    Dunque, a quel punto, PDL e (PD meno L) sarebbero alla pari, senza i soldoni di Gluteo Flaccido in circolazione? E no, miei cari, non avete tenuto conto del fatto che, a quel punto, il Predellino svanirebbe nel nulla come neve al sole. Senza i soldoni di Papi non avrebbero più ragione di esistere né i corrotti né i corruttori. E quindi... pidielle addio. Tutto nel nostro Paese diverrebbe di proprietà del (PD meno L). Per un giorno? Per un'ora? Per un nanosecondo (la solita ossessione, sorry)? Chissenefrega per quanto tempo, ho detto TUTTO.
    Sai che festa? Finalmente le sue pseudocorrenti (del PD meno L), buonisti, giustizialisti, giacobinisti, catastrofisti e magari chessò_io stolidissimi antinuclearisti o, chediomiperdoni, antidemocratici No Tav potrebbero andarsene ognuna per la propria strada, sicuramente litigando aspramente tra loro e accusandosi vicendevolmente di infinite violazioni della cosiddetta etica politica. Di essere cioè soggetti attivi/attivissimi nella sempiterna questione morale italiana.
    Il "lupo italico" perde il pelo ma non il vizio. Diciamo almeno che, senza i soldacci di Facciamarrone, sarebbe più difficile per tutti ipotizzare atti di corruzione o di concussione (e chi si farebbe corrompere più, per pochi euro o per qualche gracilissimo Bot?).
    E questo sarebbe indubbiamente un primo passo avanti, dopo quasi vent'anni di figuredimerda, verso un avvenire più democratico, più onesto, più etico. Meno spregevole, se non altro.
    Nel (PD meno L) e in tutto il Bel Paese...

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