Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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domenica 6 febbraio 2011
Scatti & ricatti di Marco Travaglio
Il bello di certi giornali è che usano parole prive di qualsiasi attinenza con la realtà. L’altroieri Napolitano (finalmente, speriamo che duri) respinge al mittente il decreto sul federalismo varato dal governo in barba al Parlamento che l’aveva appena bocciato: decreto “irricevibile”, governo “scorretto”. Il Pompiere della Sera titola: “Napolitano corregge il governo”. Corregge? Che lingua parlano in via Solferino? È tanto difficile chiamare le cose col loro nome? Da qualche giorno Il Fatto racconta ciò che tutti, nelle redazioni dei giornali e nei Palazzi della politica, sanno: e cioè che alcune fra le decine di ragazze e mignotte che vanno e vengono dalle ville del premier hanno scattato foto e girato filmati dei loro incontri ravvicinati col Papi desnudo. E qualcuna ha deciso di farci un bel po’ di soldi, da quando il premier – non richiesto – ha giurato in tv a reti unificate (le sue) che le feste in casa sua sono elegantissime e castissime, trasformando così quegli scatti e quei video in altrettante prove delle sue bugie al popolo italiano. Qualche foto è stata trovata dalla polizia in cellulari, pc e cassetti delle Papi-girls. Altre sono gelosamente conservate dalle ragazze. Altre ancora le ha tolte dalla circolazione Emilio Fede, che dice alla Minetti: “Ho dato 10 mila euro a una che aveva foto scattate col telefonino”. La Procura comunica che le foto in suo possesso non hanno rilevanza penale né ritraggono il premier nudo. Ma nulla può dire sulle altre. Persino Libero ha scritto: “Com’era da sospettare le foto... faranno arrossire i protagonisti e le protagoniste... Nelle immagini e nei video sequestrati... ci sono tanti corpi, ma mancano i reati... A partire da Nicole Minetti, forse qualcuno si vergognerà di fronte a una consigliera regionale con le zinne di fuori” (Libero, 4 febbraio, pag. 6 ). Ieri però, con agile piroetta, Belpietro attribuisce al Fatto la notizia che ha dato anche lui e titola in prima pagina: “Vogliono ucciderlo con una foto”. Ucciderlo? Ma è stato proprio B. a consegnarsi mani e piedi alle ragazze con i suoi videomessaggi e le sue indagini difensive che dipingono i festini ad Arcore come una via di mezzo fra il ballo delle debuttanti e la mensa della Caritas. Se non l’avesse fatto, pubblicare quelle immagini sarebbe violazione della sua privacy. Invece ora è diritto-dovere di cronaca. E poi: non fu forse Belpietro, quando dirigeva il Giornale, a “uccidere” Silvio Sircana con le foto che lo ritraevano sulla sua auto vicino a un trans sul marciapiede? Disse di averlo fatto perché i paparazzi che l’avevano scattata avrebbero potuto ricattare il portavoce di Prodi, dunque un personaggio pubblico. Forse che Sircana è più pubblico di B.? Sircana oltretutto non era indagato e disse di non aver nulla in contrario alla pubblicazione delle foto, giurando di non aver fatto altro che una sbirciatina, mentre B. è indagato per prostituzione minorile e chi gli portava ragazze a pagamento è inquisito per sfruttamento della prostituzione. Dunque, oltre alla ricattabilità del premier, qui c’è anche in ballo la prova del giro di “escort” chez B. Il Giornale, sempre più comico, crede persino a Ghedini e Longo: “Attenti, spacciano i fotomontaggi di Silvio”. Fotomontaggi? Che B. si denudasse davanti a ragazze maggiorenni o minorenni l’hanno già raccontato, al telefono e a verbale, diverse protagoniste dello scandalo. Eventuali foto sarebbero solo una conferma. Dunque pubblicabili per evidente interesse pubblico. Nessun reato per chi le pubblica né per chi le scatta: la legge punisce chi riprende persone dentro le mura domestiche, ma solo se vi si intrufola di soppiatto o usa teleobiettivi dall’esterno. Chi invece viene invitato a casa di Tizio è liberissimo di scattare foto e girare video. Noi comunque non abbiamo né scattato né acquistato foto: abbiamo solo scritto che chi le possiede le ha messe in vendita. E allora che diavolo vogliono da noi Ghedini, Longo e il loro postino, il Garante della privacy? A parte minacciarci, s’intende.
fonte articolo e vignetta 'Il Fatto Quotidiano'
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