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di 'Per quel che mi riguarda'

lunedì 15 novembre 2010

Scuola: 'Offerte benedette' di Norma Rangeri

(vignetta enteroclisma)
La febbrile vigilia della crisi di governo, tra mozioni di sfiducia e aggrovigliatiretroscena, accelera i tempi della legge di bilancio. A scandire i passi rapidi della finanziaria, più che i bisogni del paese sono le urgenze dei partiti, occupati a guadagnare posizioni (o a non perderne) in questa tortuosa svolta politica. Come se decidere dove tagliare e a chi dare fosse normale amministrazione e non esercizio di politica purissima. Specialmente in una fase di passaggio, quando aprire o chiudere la borsa è già un inizio di campagna elettorale.
L’ultima è di ieri: il ripristino integrale dei fondi per le scuole private, a fronte dei tagli pesantissimi alla scuola pubblica, all’università, alla ricerca, ai beni culturali. Citiamo questi capitoli dolenti (ne potremmo aggiungere molti altri: il volontariato, la sanità, i trasporti, l’ambiente) per due ragioni: perché la cultura è la materia prima di una democrazia moderna, e per sottolineare l’assoluta coerenza di questi interventi, presi sul filo di lana della crisi, con la profonda radice di un ventennio che sopravviverà all’uscita di scena di Berlusconi.
Un regime che non ha mai saputo cosa farsene dell’istruzione e della conoscenza, considerandoli pericolosi antitodi alla sottocultura di massa di una società conformista e autoritaria. Con un leader che ha costruito il consenso demolendo l’istruzione pubblica, del resto facilmente sostituibile quando si possiedono case editrici, giornali, televisioni, produzioni cinematografiche: una grande, ricca scuola privata.
Come ha voluto sottolineare il presidente Napolitano, con i ripetuti interventi degli ultimi giorni e ancora ieri, «non ho mai detto di non fare tagli, ma quella delle priorità è questione cruciale: bisogna scegliere». Non avrebbe potuto dire di più e meglio. Questo centrodestra ha scelto. Ha trovato i soldi per le scuole private e vuole accompagnare la scuola pubblica verso la lenta agonia abbandonandola alla precarietà (di insegnanti e studenti), allargando la già insopportabile distanza tra ricchi e poveri. Abbiamo tutti letto o visto genitori che vanno al supermercato per acquistare risme di carta per le fotocopie, detersivi e carta igienica per figli costretti in edifici fatiscenti, chiusi come piccole mandrie in recinti affollati. Naturalmente quando la scuola riescono a frequentarla. Ma se il finanziamento all’istruzione privata è utile merce di scambio per resettare i rapporti politici, ancorché post-berlusconiani, con Vaticano e Confindustria, i futuristi di oggi come i democristiani di sempre sono pronti a rispondere all’appello delle gerarchie cattoliche e del marchionne-pensiero. E non sarà la sinistra, e non saremo noi i beneficiari del fallimento berlusconiano.

Fonte articolo 'Il Manifesto'
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