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di 'Per quel che mi riguarda'

giovedì 7 ottobre 2010

La vita degli altri di Marco Travaglio

Da mesi ci domandavamo se c’è vita nel Pd. Dagli ultimi avvistamenti, dovuti a rilevatori altamente sofisticati in grado di captare il famoso battito d’ali delle farfalle in Brasile, risulta che sì, nel Pd c’è vita. Purtroppo è quella sbagliata: più o meno la stessa del Pdl. Ieri Goffredo Bettini, braccio destro di Uolter, ha finalmente sciolto il dilemma sul “papa straniero” che i veltroniani hanno in mente per la leadership del centrosinistra: “Un impegno di Luca Cordero di Montezemolo potrebbe avere un grande significato e una grande presa”. La proposta è stata lanciata sul Riformatorio, perché la conoscessero in pochi. E la motivazione addotta è di quelle che non ammettono repliche: “Montezemolo non è Berlusconi”. Il che rende automaticamente candidabili una sessantina di milioni di italiani: tutti quelli che non sono Berlusconi. In più il presidente della Ferrari, detto anche “libera e bella”, è pure miliardario. La qual cosa, per gli eredi del “movimento operaio”, è un richiamo irresistibile. Appena vedono un miliardario, perdono la testa e non capiscono più niente. Come dimenticare l’umida emozione di Max D’Alema quando Cuccia volle conoscerlo? Non stava più nella pelle, si dovette ricorrere al pannolone. E come scordare le successive infatuazioni dei parvenu piddini per altri noti esponenti del progressismo internazionale quali Antonio Fazio, Sergio Marchionne (ah quei maglioni così riformisti), Alessandro Profumo. Ora tocca a Montezuma che, essendo o essendo stato negli ultimi anni presidente e consigliere un po’ di tutto (Fiat, Ferrari, Rcs, Juventus, Campari, Frau, Tod’s, Merloni, Fiera di Bologna, treni privati Ntv...), se entrasse in politica porterebbe con sé una vagonata di conflitti d’interessi. Sempre parlando con pardon, s’intende: l’espressione “conflitto d’interessi” è ormai più proibita delle bestemmie. Come le parole “operaio” e “lavoratore”: le sole volte che i dirigenti del Pd le pronunciano, è quando chiamano l’idraulico o l’elettricista, ovviamente al nero. Gli etologi, a proposito di questa progressiva perdita d’identità e senso dell’orientamento, rintracciano un solo parallelo in natura: quello delle tartarughe marine delle Galapagos, che nelle loro migrazioni si orientano con i raggi della luna, la propagazione delle onde e il campo magnetico terrestre, ma ogni tanto perdono la bussola e vengono risucchiate dalle correnti, finendo i loro giorni alla deriva. Proprio quel che sta capitando a proposito del lodo Al Fano costituzionale. Eravamo rimasti al giuramento di Bersani, che minacciava di trasformare il Parlamento in un “nuovo Vietnam” e di scatenarsi poi nelle campagna per il No al referendum. Infatti sentite il senatore Pd Francesco Sanna a proposito dello scudo SalvaSilvio ultimo modello partorito dal presidente Pdl in commissione Affari costituzionali Carlo Vizzini: “Il testo Vizzini raccoglie parecchio della nostra obiezione a voler ragionare in un’ottica di riduzione del danno”. Ecco, dal Vietnam alla riduzione del danno. Espressione mutuata dalle politiche sulla droga: si dà per scontato che il danno ci sarà, la funzione dell’opposizione è quella di limitarlo un po’. In realtà non si limita un bel niente: siccome lo scudo deve salvare le chiappe a B. e cancellare i suoi processi, Vizzini propone un “lodo” che li sospende non automaticamente, ma a gentile richiesta del premier imputato; dopodiché, entro 90 giorni, il Parlamento vota pro o contro la sospensione. E, siccome il premier è il padrone della maggioranza, l’impunità è assicurata, a meno che lui stesso non vi rinunci (ma allora non farebbe il lodo). Rocciosi e tetragoni come un budino sfatto, i piddini vorrebbero per il voto impunitario una maggioranza di tre quinti o due terzi (tanto c’è sempre l’Udc che, quando si tratta di regalare l’impunità a chicchessia, non si tira mai indietro). L’eventuale elettore, esausto, si domanderà: è tanto difficile dire NO, senza se e senza ni? Ma, com’è noto, gli elettori sbagliano sempre. Bisognerà abolirli.

Fonte articolo e vignetta 'Il Fatto Quotidiano'
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