Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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sabato 9 ottobre 2010
Informazione a orologeria di Marco Travaglio
In attesa di sapere dai giudici se il Buono, il Brutto e il Cattivo hanno commesso reati, una cosa già si sa per certo: tanto per cambiare il trio del Giornale racconta un sacco di balle.
Mortimer Sallusti: “Lunedì ho scritto che i Pm ci intercettano e Travaglio mi ha dato del mitomane. Ora si vede che non lo ero”.
Due balle in due righe: non ho mai scritto che Sallusti è un mitomane e soprattutto né lui né Porro sono stati intercettati (il telefono controllato era quello del portavoce della Marcegaglia, Rinaldo Arpisella, al quale Porro inviava sms e telefonava minacciando o millantando dossier).
Porro: “Era uno scherzo, una gag con un amico che conosco dal ‘94”. Strano, al telefono dice ad Arpisella: “Questa è la quinta telefonata che ti faccio in cinque anni”. In ogni caso l’amico prende subito la gag per una minaccia. Forse perché, quando chiede a Porro “davvero o è una boutade?”, quello risponde: “Un po’ è vero”.
Nessuno, alla notizia di un dossier del Giornale sulla Marcegaglia subito dopo le sue critiche al governo, pensa a uno scherzo. Non Crippa, braccio destro di Confalonieri (“Se parte Feltri va avanti due settimane”). Non la Marcegaglia, che chiama Confalonieri (“Ho sicuramente percepito l’avvertimento di Porro come un rischio reale e concreto”). Non Confalonieri, che chiama Feltri e poi richiama la Marcegaglia. Per dirle che era tutto uno scherzo di Porro? Che Feltri non ne sa nulla? No, che “è tutto a posto, il Giornale ha desistito” (lo racconta lei ai Pm). Desistito da cosa? Non certo dalle gag. Feltri dice che la prova dello scherzo sta nel presunto movente delle minacce: ottenere un’intervista dalla Marcegaglia, figurarsi, chi se ne frega di quella “rompicoglioni”. Purtroppo Porro non chiama Arpisella per avere un’intervista, ma perché la Marcegaglia, sul Corriere, ha criticato il governo B. e le campagne anti-Fini: “Al Giornale erano piccati per le mie dichiarazioni contro l’azione del governo”. È normale che un giornalista si lagni col portavoce del presidente di Confindustria perché ha criticato non lui, ma il governo? Queste crisi d’identità capitano ai giornalisti che lavorano per il capo del governo. In un altro Paese, si direbbe “conflitto d’interessi”. E non solo al Giornale, visto che Arpisella garantisce che Marcegaglia ha “concordato” la nomina di Riotta a direttore del Sole 24 Ore “con il benestare di Berlusconi e Letta”. Complimenti vivissimi. Dopo anni passati a sentire le geremiadi berlusconiane contro l’“uso politico della giustizia” e la “giustizia a orologeria”, abbiamo una prova su strada dell’uso politico dell’informazione e dell’informazione a orologeria. Appena qualcuno critica o danneggia B., gli house organ sparano a vista. Per questo ogni paragone fra il Giornale (o Libero, anzi Occupato) e i giornali normali suona fesso. Quando la Santanchè (parlamentare del Pdl e concessionaria pubblicitaria prima di Libero,ora del Giornale), Sallusti (prima vicedirettore di Libero, ora del Giornale) e Belpietro (prima direttore del Giornale e di Panorama, ora di Libero) tirano in ballo le inchieste del Fatto su Schifani, fingono di non capire la leggera differenza. Noi, quando abbiamo una notizia, la pubblichiamo e, se dobbiamo criticare qualcuno, lo critichiamo. Il Giornale e Libero non hanno mai scritto un rigo contro Fini finché non ha iniziato a dissentire da B. Noi, prima di scrivere di Schifani, gli chiediamo se ha qualcosa da rispondere, non preannunciamo al suo portavoce che “gli rompiamo il cazzo per venti giorni”, salvo poi non scrivere niente perché quello chiama il padrone (nel nostro caso non saprebbe chi chiamare). Feltri, il 14 settembre 2009, intimò a Fini di rientrare nei ranghi (“Ultima chiamata: o cambia rotta o lascia il Pdl”): “Oggi tocca al premier, domani potrebbe toccare al presidente della Camera. È sufficiente – per dire – ripescare un fascicolo del 2000 su faccende a luci rosse di personaggi di An per montare uno scandalo. Meglio non svegliare il can che dorme”. Noi, con tutti i nostri limiti e difetti, siamo giornalisti. Loro che cosa sono?
Fonte articolo e vignetta 'Il Fatto Quotidiano'
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Il buono, il brutto e il cattivo di Marco Travaglio
Marcegaglia e Il Giornale: 'Poteri di carta' di Norma Rangeri
Ballusti di Marco Travaglio
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Due balle in due righe: non ho mai scritto che Sallusti è un mitomane e soprattutto né lui né Porro sono stati intercettati (il telefono controllato era quello del portavoce della Marcegaglia, Rinaldo Arpisella, al quale Porro inviava sms e telefonava minacciando o millantando dossier).
Porro: “Era uno scherzo, una gag con un amico che conosco dal ‘94”. Strano, al telefono dice ad Arpisella: “Questa è la quinta telefonata che ti faccio in cinque anni”. In ogni caso l’amico prende subito la gag per una minaccia. Forse perché, quando chiede a Porro “davvero o è una boutade?”, quello risponde: “Un po’ è vero”.
Nessuno, alla notizia di un dossier del Giornale sulla Marcegaglia subito dopo le sue critiche al governo, pensa a uno scherzo. Non Crippa, braccio destro di Confalonieri (“Se parte Feltri va avanti due settimane”). Non la Marcegaglia, che chiama Confalonieri (“Ho sicuramente percepito l’avvertimento di Porro come un rischio reale e concreto”). Non Confalonieri, che chiama Feltri e poi richiama la Marcegaglia. Per dirle che era tutto uno scherzo di Porro? Che Feltri non ne sa nulla? No, che “è tutto a posto, il Giornale ha desistito” (lo racconta lei ai Pm). Desistito da cosa? Non certo dalle gag. Feltri dice che la prova dello scherzo sta nel presunto movente delle minacce: ottenere un’intervista dalla Marcegaglia, figurarsi, chi se ne frega di quella “rompicoglioni”. Purtroppo Porro non chiama Arpisella per avere un’intervista, ma perché la Marcegaglia, sul Corriere, ha criticato il governo B. e le campagne anti-Fini: “Al Giornale erano piccati per le mie dichiarazioni contro l’azione del governo”. È normale che un giornalista si lagni col portavoce del presidente di Confindustria perché ha criticato non lui, ma il governo? Queste crisi d’identità capitano ai giornalisti che lavorano per il capo del governo. In un altro Paese, si direbbe “conflitto d’interessi”. E non solo al Giornale, visto che Arpisella garantisce che Marcegaglia ha “concordato” la nomina di Riotta a direttore del Sole 24 Ore “con il benestare di Berlusconi e Letta”. Complimenti vivissimi. Dopo anni passati a sentire le geremiadi berlusconiane contro l’“uso politico della giustizia” e la “giustizia a orologeria”, abbiamo una prova su strada dell’uso politico dell’informazione e dell’informazione a orologeria. Appena qualcuno critica o danneggia B., gli house organ sparano a vista. Per questo ogni paragone fra il Giornale (o Libero, anzi Occupato) e i giornali normali suona fesso. Quando la Santanchè (parlamentare del Pdl e concessionaria pubblicitaria prima di Libero,ora del Giornale), Sallusti (prima vicedirettore di Libero, ora del Giornale) e Belpietro (prima direttore del Giornale e di Panorama, ora di Libero) tirano in ballo le inchieste del Fatto su Schifani, fingono di non capire la leggera differenza. Noi, quando abbiamo una notizia, la pubblichiamo e, se dobbiamo criticare qualcuno, lo critichiamo. Il Giornale e Libero non hanno mai scritto un rigo contro Fini finché non ha iniziato a dissentire da B. Noi, prima di scrivere di Schifani, gli chiediamo se ha qualcosa da rispondere, non preannunciamo al suo portavoce che “gli rompiamo il cazzo per venti giorni”, salvo poi non scrivere niente perché quello chiama il padrone (nel nostro caso non saprebbe chi chiamare). Feltri, il 14 settembre 2009, intimò a Fini di rientrare nei ranghi (“Ultima chiamata: o cambia rotta o lascia il Pdl”): “Oggi tocca al premier, domani potrebbe toccare al presidente della Camera. È sufficiente – per dire – ripescare un fascicolo del 2000 su faccende a luci rosse di personaggi di An per montare uno scandalo. Meglio non svegliare il can che dorme”. Noi, con tutti i nostri limiti e difetti, siamo giornalisti. Loro che cosa sono?
Fonte articolo e vignetta 'Il Fatto Quotidiano'
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