Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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venerdì 8 ottobre 2010
Il buono, il brutto e il cattivo di Marco Travaglio
Avendo assaggiato i trattamenti speciali dei massaggiatori del Giornale (e non solo di quello), potremmo commentare la notizia come farebbero loro se i perquisiti fossimo noi: “Incastrati i terroristi del Fatto: la Procura di Napoli smaschera i seminatori di odio”. Invece siamo coscienti che l’inchiesta sfociata nelle perquisizioni al Giornale si muove sul filo del rasoio: il rischio di scivolare dai doverosi accertamenti su una notizia di reato (avvalorata dalla testimonianza di Emma Marcegaglia) in una lesione della libertà di stampa è concreto e reale. E ne sono consapevoli gli stessi Pm Woodcock e Piscitelli (sostenuti dal procuratore Lepore, magistrato superprudente), quando precisano che il giornalista “ha il pieno diritto di scrivere ciò che ritiene, di criticare anche in modo duro, pungente e veemente” e “anche di essere fazioso”, ma non di “utilizzare la prospettazione dei propri scritti al solo scopo di coartare la volontà altrui”. In attesa di conoscere gli sviluppi dell’indagine, che è agli inizi (i fatti sono di pochi giorni fa) e serve appunto a verificare la fondatezza o meno di un’accusa, accantoniamo gli aspetti penali della vicenda, che affidiamo ai giudici. E concentriamoci su quelli politici e deontologici, di cui l’Ordine dei giornalisti, dopo le frasi di rito contro le perquisizioni al Giornale, farebbe bene a occuparsi. Un iscritto all’Albo dei giornalisti, che ancora l’altra sera si presentava in tv come “volto umano del Giornale” diretto da Sallusti (definito scherzosamente “belva umana”), scrive un sms al portavoce della Marcegaglia poche ore dopo che questa ha duramente criticato il governo B.: “Domani superpezzo giudiziario sugli affaire della family Marcegaglia”. Un’ora dopo rincara: “Ora ci divertiamo, per venti giorni rompiamo il culo alla Marcegaglia come pochi al mondo. Abbiamo spostato i segugi da Montecarlo a Mantova”. I “segugi” sono i cronisti che massacrano Fini da due mesi, precisamente dal giorno in cui Fini è stato cacciato dal Pdl per ordine di B. Contestualizziamo, direbbe monsignor Fisichella: per la presidente di Confindustria si prospetta un trattamento Fini, Boffo, Di Pietro, Boccassini, Mesiano, Ariosto, Prodi, D’Addario, Veronica, Montanelli, Santoro, Biagi, Luttazzi e così via (aggiungete, a piacere, chiunque si sia messo di traverso sulla strada di B. in questi 16 anni). La signora, avendo evidentemente motivi per temere qualcosa (ci sono indagini sul suo gruppo, in corso per smaltimento illegale di rifiuti e già concluse con patteggiamenti per corruzione), si allarma e alza il telefono. Per chiamare chi? Non Porro o Sallusti o Feltri (il buono, il brutto e il cattivo). Ma Confalonieri. Che chiama Feltri. Risultato tutt’altro che imprevedibile: i dossier sulla Marcegaglia, casomai i segugi li stessero raccogliendo, non escono.
Domanda: con chi parliamo quando ci chiama un cronista del Giornale o di altri quotidiani specializzati nel killeraggio degli avversari di B.? La Marcegaglia si risponde: sto parlando con B. in uno dei suoi vari travestimenti. E si sente minacciata, come tanti suoi illustri predecessori nel trattamento (“ho percepito l’avvertimento come un rischio reale e concreto alla mia persona e immagine... Al Giornale erano piccati per le mie dichiarazioni contro il governo...”). E ne riceve conferma a stretto giro (“Confalonieri mi richiamò, mi disse di aver parlato con Feltri e che era tutto a posto: il Giornale avrebbe desistito”). Porro dice che scherzava: speriamo sia così, anche se dovrebbe domandarsi perché è stato frainteso (il “contesto”, appunto). Sallusti non trova di meglio che invocare una perquisizione al Fatto. Forse non sa che è già accaduto (i Pm di Bari cercavano le fonti del nostro scoop sull’inchiesta di Trani). In ogni caso, si accomodi: noi le notizie le pubblichiamo quando le abbiamo e tutte, che danneggino la destra o la sinistra o la destra e la sinistra insieme. E gl’interessati se le leggono sul giornale. Non siamo usi avvertirli in anticipo, magari per ritrarre la penna in cambio di qualche favore al padrone. Forse perché non abbiamo padroni.
Fonte articolo e foto 'Il Fatto Quotidiano'
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link collegati:
Marcegaglia e Il Giornale: 'Poteri di carta' di Norma Rangeri
Ballusti di Marco Travaglio
Domanda: con chi parliamo quando ci chiama un cronista del Giornale o di altri quotidiani specializzati nel killeraggio degli avversari di B.? La Marcegaglia si risponde: sto parlando con B. in uno dei suoi vari travestimenti. E si sente minacciata, come tanti suoi illustri predecessori nel trattamento (“ho percepito l’avvertimento come un rischio reale e concreto alla mia persona e immagine... Al Giornale erano piccati per le mie dichiarazioni contro il governo...”). E ne riceve conferma a stretto giro (“Confalonieri mi richiamò, mi disse di aver parlato con Feltri e che era tutto a posto: il Giornale avrebbe desistito”). Porro dice che scherzava: speriamo sia così, anche se dovrebbe domandarsi perché è stato frainteso (il “contesto”, appunto). Sallusti non trova di meglio che invocare una perquisizione al Fatto. Forse non sa che è già accaduto (i Pm di Bari cercavano le fonti del nostro scoop sull’inchiesta di Trani). In ogni caso, si accomodi: noi le notizie le pubblichiamo quando le abbiamo e tutte, che danneggino la destra o la sinistra o la destra e la sinistra insieme. E gl’interessati se le leggono sul giornale. Non siamo usi avvertirli in anticipo, magari per ritrarre la penna in cambio di qualche favore al padrone. Forse perché non abbiamo padroni.
Fonte articolo e foto 'Il Fatto Quotidiano'
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