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di 'Per quel che mi riguarda'

domenica 26 settembre 2010

Povero Calearo, come s’offre di Alessandro Robecchi

Gli arabi ci hanno lasciato raffinatezze mediterranee, i persiani ci hanno insegnato l’agricoltura. Il Messico ci ha donato patate e pomodori, i francesi Truffaut e la Rivoluzione. L’Argentina ci ha dato il tango e Maradona, l’America il rock’n’roll, e potrei continuare. Quel che ci ha lasciato Walter Veltroni, invece, è Massimo Calearo, non è che può andarci sempre bene, qualche sfiga bisogna metterla in conto.
Già presidente di Finmeccanica – falco di Finmeccanica, come dissero subito i sindacati che lo conoscevano bene – fu candidato ed eletto nel 2008 per il Pd, forse perché Valletta era già morto. O forse perché la vocazione era così maggioritaria, ma così maggioritaria, che si poteva candidare chiunque, purché
non di sinistra e antioperaio (grazie, Walter!). Calearo passò poi all’Api di Rutelli, qualunque cosa siano (sia l’Api che Rutelli). All’interno di Alleanza per l’Italia ha creato Alleanza per il Veneto, e dall’alto di questo nuovo movimento di massa (la massa c’è: Calearo è piuttosto tracagnotto), si spella le mani per applaudire il leghista Luca Zaia, la solita solfa di «più Veneto ai veneti» e simili amenità. Ma la platea regionale non gli basta. E così il prezioso lascito di Veltroni agli italiani, Massimo Calearo, si è di recente offerto a Silvio Berlusconi come possibile ministro dello Sviluppo Economico, al posto di Scajola (probabilmente a sua insaputa) e credendo come un pollo alle promesse di Silvio, che da venticinque settimane promette di insediare qualcuno al ministero «la settimana prossima». Calearo non partecipa in questi giorni alla grottesca transumanza di peones e deputati minori con il miraggio di un sottosegretariato.
No, no, Calearo è di un’altra pasta, non ha bisogno di offrirsi, era già in offerta speciale dall’inizio. E il 29 alla Camera appoggerà Berlusconi? «Sento e decido per il bene del paese». Ah, meno male che qualcuno pensa al bene del Paese, ma quale paese, esattamente, si può sapere?

Fonte articolo 'IL Manifesto'
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