La nostra convinzione è che non ci si trovi di fronte ad una inedita crisi di Palazzo, piuttosto al crepuscolo di quella che è stata chiamata Seconda Repubblica.
E che questo sia vero sia dal punto di vista politico ed istituzionale che di quello sociale e culturale, consegnandoci drammaticamente aperti tutti i problemi grandi che erano precedenti e che questa Seconda Repubblica non ha saputo affrontare.
Invece di cimentarsi in ardite tattiche di Palazzo sarebbe indispensabile provare a dire perché c’è la crisi e cosa si vuole fare per superarla, quali sono i nostri progetti alternativi all’attuale governo. La rottura della maggioranza a noi sembra figlia di una rottura tra diverse idee di collocazione dell’Italia nello scenario della crisi globale ed europea.
Tremonti e la sua manovra lo rendono evidente. Ma è ben difficile pensare ad alternative che non si cimentino innanzitutto sulla costruzione di un’idea di futuro. Qui le domande di Della Seta e di Ferrante sono emblematiche di una questione generale di collocazione. Quale Italia, quale Europa e quale nuova idea di globalizzazione ci proponiamo? Le scelte europee per affrontare la crisi con una stretta sociale sono le sole possibili o al contrario sono dannose e servirebbe invece una Europa che puntasse sul proprio modello sociale innovandolo verso l’economia verde e la riconversione ecologica. E l’ipotesi di Marchionne non è l’esatto contrario dell’esigenza di coniugare qualità del lavoro e qualità ambientale dell’innovazione, per giunta con l’aggravante di una sottovalutazione della centralità europea? E l’Italia dell’asse Berlusconi-Tremonti-Lega, quella che oggettivamente spacca il Paese tra cosiddetti forti e tutto il resto non è diametralmente opposta all’esigenza di un’Italia che rifonda in Europa una propria vocazione di qualità, sposando l’economia verde e bonificando mali antichi e recenti a partire da una base occupazionale ridottissima e sempre più precaria e da un sistema fiscale che penalizza il lavoro e l’ambiente?
Quello che serve all’Italia è un’idea di futuro che ridia speranza, e forze capaci di farla vivere, a partire da una sinistra che abbia una propria idea di società da proporre e valorizzi le pratiche di buon governo regionale e locale. Proprio l’ambientalismo si è cimentato in questi anni più di altri in questo tentativo di cambiare la politica. Per questo, ora che è veramente maturo, sarebbe bello che gli ecologisti provassero a dire la loro, senza rigidità di sigle, magari incontrandosi per discutere, costruendo unità di prospettiva e spunti concreti di programma.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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Il silenzio del PD di Valentino Parlato













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