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di 'Per quel che mi riguarda'

mercoledì 9 giugno 2010

VERGOGNA ANNUNCIATA di Oliviero Beha

La tragedia del terremoto abruzzese passa con il tempo di vergogna in vergogna. E si collega continuamente con le intercettazioni che la legge-bavaglio di una politica svergognata sta strenuamente combattendo. E la tragedia, la vergogna, le intercettazioni, la legge-bavaglio finiscono tutte insieme nel calderone di un Paese invivibile e sbagliato, ovviamente a partire dalla testa. Che puzza, come per il pesce. Flatus vocis di un atrobiliare? Vediamo. Il 4 ottobre 1995, quindi quasi 15 anni fa, in una puntata di Radio Zorro-3131 su Radio Uno mi occupai del Piano di Evacuazione per i rischi di un'eruzione del Vesuvio preparato dalla Protezione civile. Chiamai in diretta e a sorpresa i centralini dei comuni interessati e quelli delle Regioni dove sarebbero dovuti finire gli sfollati secondo il Piano. I primi mi risposero con sortite indimenticabili: ne ricordo uno che in napoletano verace mi spiegò che “avrebbe preso a destra, perché si fidava di più”. Totò allo stato puro. Comunque nessuno sapeva nulla. Nelle regioni di accoglienza peggio che andar di notte: sembrava loro un gioco telefonico, una sorta di “ho vinto qualche cosa?”. Ignoranza totale. Ho continuato a occuparmi negli anni di piani di evacuazione e Protezione civile, senza segnali di reale miglioramento almeno nel campo dell'informazione e della comunicazione, binomio particolarmente delicato in frangenti simili. Poi come forse qualcuno ricorderà venne chiusa a doppia mandata la trasmissione al servizio dei cittadini, senza strascichi né “santorate”. Non fregò niente a nessuno. Ma vale la pena di ribadire che la vergogna annunciata dei morti e dei crolli d'Abruzzo viene da lontano, da molto lontano. Adesso le intercettazioni rivelano “gli sciacalli che ridono”, una specie di italiani meritevoli di qualche onorificenza quirinalizia per aver reso esplicito l'implicito. E del resto, nel contesto della “cricca” balducciana, le telefonate pubblicate ieri su rischi, prevenzione e carte bollate subito prima e subito dopo il terremoto aquilano, la dicono lunga, immagino anche ai magistrati inquirenti. E ribadisco che con la nuova legge non lo avremmo saputo. Ma il bollettino di un Paese a pezzi non è difficile da stilare. Solo a voler chiamare le cose con il loro nome e tutt'insieme. C'è un deficit di cultura, di trasparenza, di onestà e di controlli da parte della politica territoriale. Si costruisce ovunque, specie dove non si dovrebbe e potrebbe, e si costruisce male in barba a ogni criterio antisismico. Non si investe sulle strutture deputate a studiare la situazione, né si dà retta alle segnalazioni in anticipo, come evidenzia ciò che dice il presidente dell'Istituto di Geofisica, Enzo Boschi. Ovviamente Bertolaso gli si contrappone per salvare una ghirba già compromessa da altre situazioni. Il punto è che fanno lavori diversi. Boschi studia, previene, informa, come ha sempre fatto, carte alla mano. Ma nessuno si fila né lui né quelli come lui, a scalare. Bertolaso mischia in deroga un po' tutto, fruendo di quella sterminata franchigia che gli ha garantito il potere politico per liberarsi di lacci e lacciuoli. Ma non per le Grandi Opere o le Grandi Tragedie, meglio se preallarmate inutilmente, bensì come sappiamo un po' per tutto, dai vantaggi ai privilegi ai reati penali. L'ideale politico di un premier cui alcuni ragazzi mesi fa a L'Aquila, indossando magliette con scritta “meno male che Silvio c'è”, lo festeggiarono dicendo letteralmente (fonte “Corriere della Sera”): “Grazie per averci dato un terremoto così”. No comment, dunque. Scegliete tra la credibilità di Boschi e quella di Bertolaso, purtroppo a tragedia compiuta e continuata. Forse ci vorrebbe una scossa in Piazza Montecitorio, ma come Boschi sa e forse Bertolaso ormai dopo tanti anni suppone “è il luogo più antisismico di Roma, i romani sapevano come e dove costruire”. La vergogna, pur se annunciata, è più recente...

Fonte articolo e vignetta 'Il Fatto Quotidiano'

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