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di 'Per quel che mi riguarda'

mercoledì 9 giugno 2010

Piercazzeggiando di Marco Travaglio

Ancora nulla di fatto per la seconda puntata della serie “Silenzi e ambiguità dell’onorevole…” inaugurata dal Corriere apposta per Di Pietro, chiamato a discolparsi per le case che non ha affittato e non ha abitato, ma soprattutto per essersi laureato in quattro anni invece di andare fuoricorso e per aver segnalato il luogo e i protettori della latitanza del faccendiere Pazienza alle Seychelles anziché farsi i fatti suoi. In compenso, al dossier del Corriere si appiglia un noto statista, già portaborse di Bisaglia e Forlani, poi assurto nientemeno che alla presidenza della Camera e ora finto oppositore del governo: Pier Ferdinando Casini. “Di Pietro – dice Piercasinando – è uno sciacallo che costruisce la sua fortuna politica sulle disgrazie del Paese e su un moralismo che non mi piace. Ci ha spiegato per anni, quando si parlava degli altri, che un conto sono le verità processuali, un conto la necessità che un politico sia al di sopra di ogni sospetto. Valuti Di Pietro se il suo comportamento da magistrato e da politico è stato al di sopra di ogni sospetto”. Casomai Di Pietro volesse un aiutino per valutare il suo comportamento da magistrato, ecco quel che gli scriveva sulla Stampa un certo Casini il 24 marzo 1995: “Caro Di Pietro, i tuoi articoli rivelano passione civile e senso dell’opinione pubblica e mi inducono a darti un caloroso benvenuto. Ho trovato nelle tue parole qualche assonanza con lo sforzo che stiamo facendo per moderare i toni della contesa e superare le derive ideologiche… Il mio benvenuto, perciò, è ancora più caloroso. Da parte mia ti esprimo consenso soprattutto per il tuo rifiuto ‘della politica urlata, insultata, violentata’. L’insieme delle tue considerazioni segnala quanto sia indispensabile un lavoro comune per riportare lo scontro politico su binari meno rissosi. Spero sia l’inizio di un percorso. Noi del Ccd l’abbiamo avviato da tempo. Se è lo stesso, ci incontreremo. Se sarà diverso, vale almeno la constatazione di esserci trovati in sintonia sull’interesse generale”. E il 4 aprile ‘95: “Spero che Di Pietro in politica contribuisca a saldare il rapporto incrinato tra opinione pubblica e i suoi rappresentanti”. E il 14 aprile ’95: “Per Di Pietro ci vuole un ruolo di primo piano nell’alleanza di centrodestra, la sua collocazione più naturale. Dovrebbe essere uno dei leader della coalizione”. Ma Piercazzeggiando è un tipo spiritoso: nel 2007 sfilò al Family Day essendo molto affezionato alla famiglia al punto da averne due. Quanto alle case, il Corriere potrebbe dedicare un bel servizio a quel che scoprì L’espresso tre anni fa: Casini aveva acquistato assieme all’ex moglie un intero palazzo in una delle zone più prestigiose di Roma, intestando gli appartamenti alla sua prima signora, all’ex suocera e alle due figlie di primo letto, il tutto “a prezzi di saldo”. Volendo, poi, si potrebbe dare un’occhiata a quel tabernacolo di moralità che è l’Udc. In Sicilia, per dire, il suo uomo è Totò Cuffaro, condannato in appello per favoreggiamento alla mafia: nel 2006 Casini disse che non avrebbe candidato “nessun inquisito tranne Cuffaro” perché “sulla sua innocenza garantisco io”. Siccome porta pure bene, Cuffaro fu condannato in primo grado per favoreggiamento semplice e in secondo per favoreggiamento mafioso. Ma il “garante” della sua innocenza è sempre lì a pontificare. Lui che, da presidente della Camera, fece sapere urbi et orbi che aveva telefonato a Dell’Utri “i sensi più profondi di stima e amicizia” mentre il Tribunale di Palermo era in Camera di consiglio per giudicarlo per mafia: fu poi condannato a 9 anni. Poi c’è Lorenzo Cesa, il braccio destro di Pier. Nel ’93 fu arrestato per le mazzette che incassava per conto del ministro Prandini, detto “Prendini”. Appena giunto a Regina Coeli, firmò un verbale da far impallidire Pietro Gambadilegno: “Intendo svuotare il sacco”. Appena l’ha saputo, Casini l’ha promosso deputato e segretario dell’Udc. E poi rieccolo a fare la morale agli incensurati. Come diceva Longanesi, “credono che la morale sia la conclusione delle favole”.

Fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'

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