Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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martedì 8 giugno 2010
Santoro, un anno con condizionale di Matteo Bartocci
Gli amici, i collaboratori, i fan, decine di curiosi in piedi. Al palazzone di viale Mazzini va in onda Rai-per un’oretta. Quella che Michele Santoro impiega per spiegare ai giornalisti e agli spettatori che seguono la diretta sul Web i successi senza «paragone» raccolti nell’ultima edizione di Annozero. La sua voglia di andarsene da un’azienda priva di logica industriale e competenza editoriale, che lo inchioda al palinsesto settimanale solo per una sentenza del tribunale. Novanta minuti contro tutti: i giornali, il Pd, i partiti in generale, i «dirigenti- funzionarizzati» che di tv non capiscono nulla e della tv vittima di «format» per loro natura compiacenti col potere.
Sparsi qua e là in una sala stracolma Corradino Mineo, Lucia Annunziata, Antonio Di Bella. In prima fila i consiglieri di minoranza del cda Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten. I numeri parlano chiaro: Annozero supera gli ascolti medi di Raidue di un punto e dunque consente alla Rai di vincere su Mediaset nel primetime.
L’edizione 2009-2010 ha avuto una media di 5 milioni di spettatori, pari al 20,35% di share. Dodici volte il primo programma del giovedì, 15 volte il secondo. Un pubblico, tra l’altro, che cresce quando a palazzo Chigi c’è Berlusconi (erano 3,5 milioni nel 2006-2008, governo Prodi). Nel corpo a corpo col Cavaliere Santoro dà il meglio.
Anche il direttore di Raidue Massimo Liofredi, che a settembre aveva detto di fare «volentieri a meno di una trasmissione come questa», oggi è costretto a difenderla: «Annozero quest’anno ha fatto la parte del leone ed è un valore della rete». Ma alla domanda diretta se lo vorrebbe di nuovo nei palinsesti dell’anno prossimo Liofredi sbanda: «Il problema Santoro è sul tavolo del direttore generale e del cda, ci sono trattative in corso». La sala lo fischia, i giornalisti lo incalzano. Il crescendo di astio è tale che tocca a Santoro tirare fuori Liofredi dalla mischia: «Lui è un albero, il problema è la foresta, è la Rai». E quando dice «vogliono farci assomigliare sempre più a Mediaset, «gli applausi sono assordanti.
Sulla sua vicenda Santoro ripete ancora una volta quanto ha detto ad Annozero e nell’intervista a Travaglio sul Fatto. Ma all’azienda offre un’ultima possibilità: «Non voglio fare la fine di Misery deve morire - dice citando Stephen King, il re del brivido - se Garimberti dice che devo rimanere, se decide di metterci la faccia allora resto, poi se la Rai non ricorre più al giudice contro di me (si aspetta la sentenza sul reintegro della Cassazione, ndr) e vuole decidere cosa fare con il mio programma benissimo, a maggio restituiamoci a vicenda la libertà editoriale».
Santoro non ha dubbi: «Me ne vado per l’inchiesta di Trani, perché sono stanco delle cittadelle assediate e per la prima volta non sono sicuro che resistere dall’interno abbia un senso e allarghi il pluralismo». «La trasmissione più bella che ho fatto quest’anno è stata Rai per una notte, non Annozero», dice per un attimo sorridente. E’ quello l’orizzonte che Santoro si immagina sulla linea dei suoi 60 anni, di cui più di venti passati in prima serata con un programma che, confessa, «già alla fine dell’89 avevo rodato bene». Una trasmissione poi inchiodata dall’editto bulgaro a ripetere se stessa: stessa ora, stessa rete, stesse persone, stesso formato, stesso stipendio. Una gabbia che Santoro vorrebbe scardinare.
Non oggi? Allora tra un anno. La trattativa con la Rai, del resto, finora si è arenata non sui soldi ma su un vincolo di esclusiva che lo toglierebbe dal video per due anni. Troppi per chi si desidera esploratore di nuovi linguaggi televisivi («se non lo faccio io non lo fa nessuno », santoreggia) e chissà, king maker nel nuovo centrosinistra de-partititizzato insieme a Vendola e al popolo del Web. Alla fine è chiarissimo: «La scelta è tra Annozero e l’accordo per uscire».
Nel pomeriggio, il presidente Garimberti risponde alla chiamata santoriana: «Per me deve rimanere in Rai». E il conduttore, con un breve comunicato, chiude l’accordo: «Perfetto, ci vediamo a settembre».
Sembra che il cerino, passato di mano in mano nei giorni scorsi, si sia ora fermato nelle mani di Mauro Masi. Il dg, scavalcato dagli eventi, sembra l’ultimo dei giapponesi berlusconiani: «Ricordo a tutti che i poteri di proposta al cda, anche sui palinsesti e sulle singole trasmissioni, spettano al direttore generale, in quest’ottica 18 maggio scorso un accordo con Michele Santoro ampiamente continuo ad attenermi al mandato ricevuto e ad implementare le delibere consiliari approvate» sull’uscita di Santoro. Un appello quasi disperato che prova a scaricare su un voto inevitabilmente politico del cda l’esito dello scontro. Rizzo Nervo però chiude il dossier: «Gli accordi si fanno in due e visto che Santoro ha dichiarato che Annozero tornerà a settembre il mandato del cda a Masi deve a questo punto considerarsi esaurito». Oggi e giovedì la riunione sui palinsesti. Le contraddizioni, per ora, sono quasi tutte nel centrodestra.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
Link collegati:
SANTORO SPIAZZA TUTTI E RIMETTE LA PENNA IN TASCA di Carlo Tecce
MICHELE SANTORO: “Vi racconto tutto” di Marco Travaglio
Sparsi qua e là in una sala stracolma Corradino Mineo, Lucia Annunziata, Antonio Di Bella. In prima fila i consiglieri di minoranza del cda Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten. I numeri parlano chiaro: Annozero supera gli ascolti medi di Raidue di un punto e dunque consente alla Rai di vincere su Mediaset nel primetime.
L’edizione 2009-2010 ha avuto una media di 5 milioni di spettatori, pari al 20,35% di share. Dodici volte il primo programma del giovedì, 15 volte il secondo. Un pubblico, tra l’altro, che cresce quando a palazzo Chigi c’è Berlusconi (erano 3,5 milioni nel 2006-2008, governo Prodi). Nel corpo a corpo col Cavaliere Santoro dà il meglio.
Anche il direttore di Raidue Massimo Liofredi, che a settembre aveva detto di fare «volentieri a meno di una trasmissione come questa», oggi è costretto a difenderla: «Annozero quest’anno ha fatto la parte del leone ed è un valore della rete». Ma alla domanda diretta se lo vorrebbe di nuovo nei palinsesti dell’anno prossimo Liofredi sbanda: «Il problema Santoro è sul tavolo del direttore generale e del cda, ci sono trattative in corso». La sala lo fischia, i giornalisti lo incalzano. Il crescendo di astio è tale che tocca a Santoro tirare fuori Liofredi dalla mischia: «Lui è un albero, il problema è la foresta, è la Rai». E quando dice «vogliono farci assomigliare sempre più a Mediaset, «gli applausi sono assordanti.
Sulla sua vicenda Santoro ripete ancora una volta quanto ha detto ad Annozero e nell’intervista a Travaglio sul Fatto. Ma all’azienda offre un’ultima possibilità: «Non voglio fare la fine di Misery deve morire - dice citando Stephen King, il re del brivido - se Garimberti dice che devo rimanere, se decide di metterci la faccia allora resto, poi se la Rai non ricorre più al giudice contro di me (si aspetta la sentenza sul reintegro della Cassazione, ndr) e vuole decidere cosa fare con il mio programma benissimo, a maggio restituiamoci a vicenda la libertà editoriale».
Santoro non ha dubbi: «Me ne vado per l’inchiesta di Trani, perché sono stanco delle cittadelle assediate e per la prima volta non sono sicuro che resistere dall’interno abbia un senso e allarghi il pluralismo». «La trasmissione più bella che ho fatto quest’anno è stata Rai per una notte, non Annozero», dice per un attimo sorridente. E’ quello l’orizzonte che Santoro si immagina sulla linea dei suoi 60 anni, di cui più di venti passati in prima serata con un programma che, confessa, «già alla fine dell’89 avevo rodato bene». Una trasmissione poi inchiodata dall’editto bulgaro a ripetere se stessa: stessa ora, stessa rete, stesse persone, stesso formato, stesso stipendio. Una gabbia che Santoro vorrebbe scardinare.
Non oggi? Allora tra un anno. La trattativa con la Rai, del resto, finora si è arenata non sui soldi ma su un vincolo di esclusiva che lo toglierebbe dal video per due anni. Troppi per chi si desidera esploratore di nuovi linguaggi televisivi («se non lo faccio io non lo fa nessuno », santoreggia) e chissà, king maker nel nuovo centrosinistra de-partititizzato insieme a Vendola e al popolo del Web. Alla fine è chiarissimo: «La scelta è tra Annozero e l’accordo per uscire».
Nel pomeriggio, il presidente Garimberti risponde alla chiamata santoriana: «Per me deve rimanere in Rai». E il conduttore, con un breve comunicato, chiude l’accordo: «Perfetto, ci vediamo a settembre».
Sembra che il cerino, passato di mano in mano nei giorni scorsi, si sia ora fermato nelle mani di Mauro Masi. Il dg, scavalcato dagli eventi, sembra l’ultimo dei giapponesi berlusconiani: «Ricordo a tutti che i poteri di proposta al cda, anche sui palinsesti e sulle singole trasmissioni, spettano al direttore generale, in quest’ottica 18 maggio scorso un accordo con Michele Santoro ampiamente continuo ad attenermi al mandato ricevuto e ad implementare le delibere consiliari approvate» sull’uscita di Santoro. Un appello quasi disperato che prova a scaricare su un voto inevitabilmente politico del cda l’esito dello scontro. Rizzo Nervo però chiude il dossier: «Gli accordi si fanno in due e visto che Santoro ha dichiarato che Annozero tornerà a settembre il mandato del cda a Masi deve a questo punto considerarsi esaurito». Oggi e giovedì la riunione sui palinsesti. Le contraddizioni, per ora, sono quasi tutte nel centrodestra.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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Ovviamente la stampa italiana non ne ha minimamente parlato, ma ieri è uscita un'Ansa su un'intervista di "Variety" a Santoro… Tra le altre cose si parla di conflitto d'interessi, di caso D'Addario, della tentata censura e del fatto che ormai l'unica speranza per la tv italiana è rimasta Sky, che con SkyTG24 ha documentato ampiamente tutti gli scandali degli ultimi tempi, mentre Rai e Mediaset stavano zittissime…
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