Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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sabato 3 aprile 2010
Angelino papalino di Marco Travaglio
(vignetta Bandanas
Agli studiosi dell’evoluzione segnaliamo quella di una specie tutta particolare: quella dei ministri della Giustizia dell’ultimo decennio. Da Castelli a Mastella ad Al Fano. Ogni volta si pensa di avere toccato il fondo, invece subito dopo ne viene uno peggio. A questo punto, immaginiamo con sgomento che cosa potrebbe arrivare dopo Angelino Jolie. Il pover’uomo aveva appena subìto una lezione di diritto dal Csm, che gli aveva spiegato lo scopo e i limiti delle ispezioni ministeriali. Che non possono impicciarsi nelle indagini delle Procure, né punire i magistrati che indagano su chi non piace a lui. Anziché farsene una ragione e occuparsi dell’unico compito che gli spetta – garantire “l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia” (art. 110 della Costituzione) – l’implume giureconsulto agrigentino ne ha combinata un’altra delle sue: ha sguinzagliato i suoi ispettori alla Procura di Milano perché il procuratore aggiunto Pietro Forno, coordinatore dei pool reati sessuali, ha rilasciato nientemeno che un’intervista al Giornale, rivelando per giunta una cosa nota e stranota financo al Vaticano: la reticenza con cui, in tutti questi anni, il clero ha trattato il fenomeno della pedofilia all’ombra dei campanili. “Nei tanti anni in cui ho trattato l’argomento – ha dichiarato Forno, magistrato dichiaratamente cattolico – non mi è mai arrivata una sola denuncia né da parte dei vescovi né da parte dei singoli preti. Le indagini sono sempre partite da denunce dei familiari delle vittime che si rivolgono all’autorità giudiziaria dopo che si sono rivolti all’autorità religiosa, e questa non ha fatto assolutamente niente”. Ora si spera che gl’ispettori alfanidi trovino bel tempo nella scampagnata fuoriporta e possano godersi serenamente la Pasquetta in una bella trattoria della Padania coi tavoli a quadretti. Quanto al contenuto dell’ispezione, sfugge ai più. Che dovrebbero mai ispezionare questi signori? L’articolo del Giornale? Un’edicola a piacere? Il registratore del cronista che ha raccolto le dichiarazioni del magistrato? La lingua del procuratore? Casomai il Guardagingilli non lo sapesse, le interviste funzionano così: l’intervistatore fa le domande e l’intervistato risponde. Se poi qualcuno si sente diffamato dalle domande e/o dalle risposte, sporge denuncia e un giudice decide chi ha ragione. Nessuna legge vieta ai pm di rilasciare interviste (purché non svelino notizie d’indagine top secret) né prevede che, se l’intervista non piace al ministro della Giustizia, scatti l’ispezione. Ma tutto questo Angelino non lo sa. Così ieri ha sguinzagliato gl’ispettori dichiarando che Forno “ha accusato le gerarchie ecclesiastiche di coprire i sacerdoti responsabili di gravi fatti di pedofilia” (cosa mai detta dal pm: il che lascia supporre che, oltre a non saper fare il ministro, Al Fano non sappia neppure leggere) e che “tali dichiarazioni” presentano un “carattere potenzialmente diffamatorio”, oltre a configurare a carico di Forno una possibile “violazione dei doveri di correttezza, equilibrio e riserbo”. Resta da capire chi sia mai il diffamato, visto che Forno non ha fatto nomi, né poteva farne perché dice di non aver mai incontrato un prete o un vescovo in veste di denunciante. E resta pure da capire che diavolo c’entri il ministro della Giustizia. A meno che il pover’uomo non abbia voluto mostrarsi più zelante dei vari Cota e Zaia al servizio del Vaticano. Nel qual caso però avrebbe drammaticamente sbagliato bersaglio, visto che proprio sulla pedofilia la Chiesa sta compiendo un’ampia autocritica. Non vorremmo, insomma, che Ratzinger inviasse un’ispezione di Guardie svizzere ad Angelino Jolie per pregarlo di non essere più papista del Papa. In ogni caso, se è vero che questo genio è l’erede designato del Banana, c’è di che essere ottimisti. Viene in mente la frase di un famoso scrittore americano: “Da ragazzo mi spiegarono che, in democrazia, chiunque può diventare presidente. Comincio a temere che sia vero”.
Fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
Agli studiosi dell’evoluzione segnaliamo quella di una specie tutta particolare: quella dei ministri della Giustizia dell’ultimo decennio. Da Castelli a Mastella ad Al Fano. Ogni volta si pensa di avere toccato il fondo, invece subito dopo ne viene uno peggio. A questo punto, immaginiamo con sgomento che cosa potrebbe arrivare dopo Angelino Jolie. Il pover’uomo aveva appena subìto una lezione di diritto dal Csm, che gli aveva spiegato lo scopo e i limiti delle ispezioni ministeriali. Che non possono impicciarsi nelle indagini delle Procure, né punire i magistrati che indagano su chi non piace a lui. Anziché farsene una ragione e occuparsi dell’unico compito che gli spetta – garantire “l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia” (art. 110 della Costituzione) – l’implume giureconsulto agrigentino ne ha combinata un’altra delle sue: ha sguinzagliato i suoi ispettori alla Procura di Milano perché il procuratore aggiunto Pietro Forno, coordinatore dei pool reati sessuali, ha rilasciato nientemeno che un’intervista al Giornale, rivelando per giunta una cosa nota e stranota financo al Vaticano: la reticenza con cui, in tutti questi anni, il clero ha trattato il fenomeno della pedofilia all’ombra dei campanili. “Nei tanti anni in cui ho trattato l’argomento – ha dichiarato Forno, magistrato dichiaratamente cattolico – non mi è mai arrivata una sola denuncia né da parte dei vescovi né da parte dei singoli preti. Le indagini sono sempre partite da denunce dei familiari delle vittime che si rivolgono all’autorità giudiziaria dopo che si sono rivolti all’autorità religiosa, e questa non ha fatto assolutamente niente”. Ora si spera che gl’ispettori alfanidi trovino bel tempo nella scampagnata fuoriporta e possano godersi serenamente la Pasquetta in una bella trattoria della Padania coi tavoli a quadretti. Quanto al contenuto dell’ispezione, sfugge ai più. Che dovrebbero mai ispezionare questi signori? L’articolo del Giornale? Un’edicola a piacere? Il registratore del cronista che ha raccolto le dichiarazioni del magistrato? La lingua del procuratore? Casomai il Guardagingilli non lo sapesse, le interviste funzionano così: l’intervistatore fa le domande e l’intervistato risponde. Se poi qualcuno si sente diffamato dalle domande e/o dalle risposte, sporge denuncia e un giudice decide chi ha ragione. Nessuna legge vieta ai pm di rilasciare interviste (purché non svelino notizie d’indagine top secret) né prevede che, se l’intervista non piace al ministro della Giustizia, scatti l’ispezione. Ma tutto questo Angelino non lo sa. Così ieri ha sguinzagliato gl’ispettori dichiarando che Forno “ha accusato le gerarchie ecclesiastiche di coprire i sacerdoti responsabili di gravi fatti di pedofilia” (cosa mai detta dal pm: il che lascia supporre che, oltre a non saper fare il ministro, Al Fano non sappia neppure leggere) e che “tali dichiarazioni” presentano un “carattere potenzialmente diffamatorio”, oltre a configurare a carico di Forno una possibile “violazione dei doveri di correttezza, equilibrio e riserbo”. Resta da capire chi sia mai il diffamato, visto che Forno non ha fatto nomi, né poteva farne perché dice di non aver mai incontrato un prete o un vescovo in veste di denunciante. E resta pure da capire che diavolo c’entri il ministro della Giustizia. A meno che il pover’uomo non abbia voluto mostrarsi più zelante dei vari Cota e Zaia al servizio del Vaticano. Nel qual caso però avrebbe drammaticamente sbagliato bersaglio, visto che proprio sulla pedofilia la Chiesa sta compiendo un’ampia autocritica. Non vorremmo, insomma, che Ratzinger inviasse un’ispezione di Guardie svizzere ad Angelino Jolie per pregarlo di non essere più papista del Papa. In ogni caso, se è vero che questo genio è l’erede designato del Banana, c’è di che essere ottimisti. Viene in mente la frase di un famoso scrittore americano: “Da ragazzo mi spiegarono che, in democrazia, chiunque può diventare presidente. Comincio a temere che sia vero”.
Fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
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