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sabato 19 settembre 2009
Castelvolturno, la strage dimenticata dei ghanesi. Tra paura e indifferenza di Francesco Pilla
Una chiesa occupata e strade imbrattate di scritte xenofobe e inneggianti al fascismo. Così si sono risvegliati gli abitanti di Materdei, storico quartiere di lavoratori e operai in pieno centro storico di Napoli, che ieri sono scesi in piazza, insieme ai centri sociali, l’Onda, l’Anpi e l’Arcigay contro ogni forma di intolleranza (Francesco Pilla)
(Foto tratta da il Manifesto)
CAMORRA · Un anno fa, era la notte tra il 18 e 19 settembre, un raid dei casalesi uccise sei «innocenti». A ricordarli ieri solo i familiari.
E’un sentimento razzista che ha mosso la strage di Castelvolturno, quando esattamente un anno fa, nella notte tra il 18 e il 19 settembre, morirono sei ghanesi che oggi, alla luce delle indagini svolte, si riconosce innocenti. Il boss Giuseppe Setola, a capo dell’ala stragista dei casalesi era stato chiaro: «I neri devono capire». Non solo, aveva dato ordine ai suoi di presentarsi nella sartoria «Ob ob Exotic Fashion» e uccidere chiunque fosse lì, nel caso anche donne e bambini. Centotrenta colpi furono esplosi, 6 morti, ma nell’intento di questi camorristi potevano e dovevano essere molti di più, per costringerli ad andare via o a sottomettersi alla volontà del clan. Ieri sono stati lasciati, al chilometro 43, davanti a quel luogo che ancora odora di morte, un fiore e una foto perognuno di loro, per Kwame, Samuel, Halaji, Awanga, Alew, Eric, perché dare un nome e un volto alle vittime della camorra è fondamentale affinché non restino numeri.
Una commemorazione tra intimi, una cinquantina di persone, i parenti, gli amici e un messaggio: «Per non dimenticare bisogna combattere la camorra, solo così ce la faremo». Ma perché così poche persone, dopo il fiume di migranti per la manifestazione antirazzista che a fine aprile inondò quella Domiziana che si è trasformata nell’incubo dei neri? «Non è stata dettata dalla paura - spiega Jamal Al Qaddorah della Cgil immigrazione - è stata una nostra scelta organizzare un momento di commemorazione che fosse più privato». Di altro avviso l’assessore regionale al lavoro Corrado Gabriele: «Eravamo in pochi perché è più facile dimenticare le responsabilità, piuttosto che essere lì. Non dimentichiamo che per quella strage devono ancora essere assicurati alla giustizia i mandanti, i latitanti Zagaria e Iovine». Anche se, infatti, il commando di morte è finito tutto in manette – oltre a Setola, attualmente sono in galera i sicari Alessandro Cirillo, Giovanni Spagnuolo, Davide Granato, Antonio Alluce – i casalesi che hanno permesso quella mattanza sono ancora irreperibili e la vita a Castelvolturno resta nelle mani della camorra e dello sfruttamento dell’immigrazione. Alla cerimonia erano comunque presenti il sindaco Francesco Nuzzo, l’imam di San Marcellino, e una delegazione di Sinistra e Libertà. Il vescovo di Capua, monsignor Bruno Schettino, ha quindi celebrato messa nel centro Fernandes. In contemporanea anche il consiglio regionale della Campania ha osservato un minuto di silenzio per ricordare la strage, ma anche per i caduti in Afghanistan. Di tutt’altro tenore, invece, la visita del ministro Maroni, arrivato per presiedere il comitato di ordine e sicurezza, nonché per verificare lo stato di attuazione del programma di repressione del fenomeno criminale in provincia di Caserta. Ma per Corrado Gabriele poco o niente è migliorato in questa terra: «Penso che gli immigrati non siano alla commemorazione – spiega infatti – perché sfiduciati da una situazione che non cambia. Un esempio? Lo sfruttamento della prostituzione che continua alla luce del sole lungo la Domitiana, lì dove ci sono tanti presidi di forze dell’ordine». Ieri, intanto, è stato arrestato a Nagilak in Ungheria Giancarlo de Luca, di 52 anni, capozona a Cancello Arnone per conto della fazione dell’organizzazione capeggiata da Francesco Bidognetti, detto «cicciotte e mezzanotte». De Luca il 17 luglio scorso riuscì a sfuggire alla cattura nel corso di un’operazione della squadramobile di Caserta, coordinata dalla Dda, che portò in carcere sei affiliati all’organizzazione. Ma come si sa, nonostante i capi in carcere e i continui arresti, purtroppo si è molto lontani dall’indebolire questa struttura camorristica.
Fonte articolo
(Foto tratta da il Manifesto)
CAMORRA · Un anno fa, era la notte tra il 18 e 19 settembre, un raid dei casalesi uccise sei «innocenti». A ricordarli ieri solo i familiari.
E’un sentimento razzista che ha mosso la strage di Castelvolturno, quando esattamente un anno fa, nella notte tra il 18 e il 19 settembre, morirono sei ghanesi che oggi, alla luce delle indagini svolte, si riconosce innocenti. Il boss Giuseppe Setola, a capo dell’ala stragista dei casalesi era stato chiaro: «I neri devono capire». Non solo, aveva dato ordine ai suoi di presentarsi nella sartoria «Ob ob Exotic Fashion» e uccidere chiunque fosse lì, nel caso anche donne e bambini. Centotrenta colpi furono esplosi, 6 morti, ma nell’intento di questi camorristi potevano e dovevano essere molti di più, per costringerli ad andare via o a sottomettersi alla volontà del clan. Ieri sono stati lasciati, al chilometro 43, davanti a quel luogo che ancora odora di morte, un fiore e una foto perognuno di loro, per Kwame, Samuel, Halaji, Awanga, Alew, Eric, perché dare un nome e un volto alle vittime della camorra è fondamentale affinché non restino numeri.
Una commemorazione tra intimi, una cinquantina di persone, i parenti, gli amici e un messaggio: «Per non dimenticare bisogna combattere la camorra, solo così ce la faremo». Ma perché così poche persone, dopo il fiume di migranti per la manifestazione antirazzista che a fine aprile inondò quella Domiziana che si è trasformata nell’incubo dei neri? «Non è stata dettata dalla paura - spiega Jamal Al Qaddorah della Cgil immigrazione - è stata una nostra scelta organizzare un momento di commemorazione che fosse più privato». Di altro avviso l’assessore regionale al lavoro Corrado Gabriele: «Eravamo in pochi perché è più facile dimenticare le responsabilità, piuttosto che essere lì. Non dimentichiamo che per quella strage devono ancora essere assicurati alla giustizia i mandanti, i latitanti Zagaria e Iovine». Anche se, infatti, il commando di morte è finito tutto in manette – oltre a Setola, attualmente sono in galera i sicari Alessandro Cirillo, Giovanni Spagnuolo, Davide Granato, Antonio Alluce – i casalesi che hanno permesso quella mattanza sono ancora irreperibili e la vita a Castelvolturno resta nelle mani della camorra e dello sfruttamento dell’immigrazione. Alla cerimonia erano comunque presenti il sindaco Francesco Nuzzo, l’imam di San Marcellino, e una delegazione di Sinistra e Libertà. Il vescovo di Capua, monsignor Bruno Schettino, ha quindi celebrato messa nel centro Fernandes. In contemporanea anche il consiglio regionale della Campania ha osservato un minuto di silenzio per ricordare la strage, ma anche per i caduti in Afghanistan. Di tutt’altro tenore, invece, la visita del ministro Maroni, arrivato per presiedere il comitato di ordine e sicurezza, nonché per verificare lo stato di attuazione del programma di repressione del fenomeno criminale in provincia di Caserta. Ma per Corrado Gabriele poco o niente è migliorato in questa terra: «Penso che gli immigrati non siano alla commemorazione – spiega infatti – perché sfiduciati da una situazione che non cambia. Un esempio? Lo sfruttamento della prostituzione che continua alla luce del sole lungo la Domitiana, lì dove ci sono tanti presidi di forze dell’ordine». Ieri, intanto, è stato arrestato a Nagilak in Ungheria Giancarlo de Luca, di 52 anni, capozona a Cancello Arnone per conto della fazione dell’organizzazione capeggiata da Francesco Bidognetti, detto «cicciotte e mezzanotte». De Luca il 17 luglio scorso riuscì a sfuggire alla cattura nel corso di un’operazione della squadramobile di Caserta, coordinata dalla Dda, che portò in carcere sei affiliati all’organizzazione. Ma come si sa, nonostante i capi in carcere e i continui arresti, purtroppo si è molto lontani dall’indebolire questa struttura camorristica.
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