Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)

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di 'Per quel che mi riguarda'

mercoledì 12 agosto 2009

Bossi e il razzismo di stato, un attacco neofeudale all’unità di Alberto Burgio


Ormai è chiaro a tutti che la Lega guida il governo con mano sicura e chiarezza d’intenti. Varato (complice l’«opposizione») il federalismo fiscale, incassato il reato di immigrazione clandestina e istituite le ronde, è tornata al primo amore: la disunità d’Italia, il dagli al terrone parassita. Ieri la metafora gentile era il tricolore nel cesso. Oggi sono l’esame di dialetto, la purezza anagrafica dei dirigenti scolastici, il boicottaggio dell’anniversario della prima Unità. E le gabbie salariali, alle quali i nostri capitani d’industria e lo statista di palazzo Chigi hanno subito concesso il benestare. Il punto è sempre lo stesso: sancire la superiorità dei padani e, insieme, la non redimibile inferiorità dei sudici, parenti ai migranti. Non è pura propaganda. Non è solo guerra di nervi dentro il governo, lucrando sulla debolezza del «consumatore finale». E non si tratta nemmeno soltanto di quattrini, che pure evidentemente c’entrano, sia con il federalismo, sia con le gabbie salariali e con la distruzione del contratto collettivo nazionale di lavoro. La posta è più alta, ma si ha l’impressione che pochi lo intendano. Stiamo sottovalutando gli effetti (intellettuali e morali oggi, politici e materiali domani) della sistematica picconatura dell’unità nazionale. In un Paese di recentissima e squilibratissima unificazione. In un quadro politico privo di argini al dilagare della destra. In un paesaggio sociale devastato dalla crisi e dall’emarginazione del movimento operaio. In un contesto culturale regredito (dove il senso comune è calibrato dai reality, dai centri commerciali e dal gossip): gli insulti razzisti di Bossi e dei suoi all’Italia e al Mezzogiorno sono percepiti come il nulla-osta per giudizi e comportamenti distruttivi senza limiti. Si prepara un autunno amaro per milioni di poveri vecchi e nuovi. Ma ai poveri del nord si concede ora una nuova via di fuga: non solo qualche spicciolo in più in un tessuto economico un po’ meno arretrato, ma anche la soddisfazione di fargliela finalmente pagare a quei pezzenti del sud, fannulloni e ignoranti, usi a vivere a sbafo a carico del nord alacre e operoso. Difficile dire dove possa portare la distruzione del senso di appartenenza a una comunità nazionale. Ma si deve sapere che nulla è scontato e nulla impossibile. Chi, trent’anni fa, avrebbe immaginato di dover fare i conti nuovamente col razzismo di Stato? Non c’è niente di naturale nell’idea di essere uguali e niente di irreversibile nella sua faticosa acquisizione. Dopo due decenni di sistematica sottovalutazione del pericolo della destra, sarebbe il caso, ora, di fare molta attenzione. Lo diciamo a quella parte della sinistra che sa distinguere tra lo Stato e la sua degenerazione nazionalista, che conosce la funzione progressiva (socialmente unificante) dello Stato costituzionale e può quindi decifrare l’attacco neofeudale della destra all’unità nazionale. Rifletta, questa parte della sinistra, e corra ai ripari, prima che sia troppo tardi.

Fonte articolo

2 commenti:

  1. ma quale alacrità, quale operosità della gente del nord! nel nord ci sono le grandi aziende succhiastato, ci sono gli imprenditori del nord-est formidabili evasori unitisi in lega per non pagare dazio, c'è un grande concentrato di lavoratori venuti dal sud ad ingrassare le pance dei commenda, gli stessi che vengono al sud a invadere le nostre spiagge con le loro barche, col rolex scintillante al polso privi di nobiltà e di storia dei popoli intenti msolamente ad ostentare le loro ricchezze ed il loro orribile dialetto..........

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  2. Mercer, sei razzista anche tu ;)????

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