Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)

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di 'Per quel che mi riguarda'

venerdì 24 luglio 2009

Parabole di Adriana Zarri.

Ho già letto più di una volta «editare», e non è un bel verbo, anche se c’è tutta una famiglia (edito, edizione, editto...) ma ciò non basta per creare una voce verbale inelegante e goffa. Io che ho a che fare con questo termine (o meglio con quanto questo termine designa) dirò:«ho scritto, ho pubblicato» ma non «editato» perché ci tengo ad un linguaggio più possibile corretto.

Pio XII - Si fa un gran parlare e discutere e contestare la possibile (ma forse mprobabile e impossibile) beatificazione di Pio XII di cui si critica soprattutto il suo silenzio sul problema ebraico. Io non mi soffermerò su questo (può anche darsi che il suo silenzio fosse giustificato) ma su altri aspetti non meno (anche più) negativi. Orgoglioso della sua stirpe nobiliare, vanitoso nella sua immagine esteriore (si dice che studiasse allo specchio posizioni e gesti, e certo le sue benedizioni a braccia alzate, così enfatiche e teatrali, ne avvalorano l’ipotesi), sempre pronto ad apparire ed anche (è il lato positivo) a soccorrere. In questi giorni ho scovato una «perla» che val la pena riportare. De Gasperi si permise di dire di no a Pio XII che voleva una alleanza tra Dc e la destra monarchica e fascista; e fece benissimo. Ma papa Pacelli non era tipo da accettare dinieghi e, da quel giorno in poi, si rifiutò di riceverlo in udienza. Ci furono occasioni importanti (il cinquantesimo di matrimonio e la professione solenne della figlia suora) ma non ci fu verso. Pio XII se l’era legata a un dito, accanto all’anello piscatorio emai più ricevette quello che era pure un suo figlio, e un figlio illustre memeritevole, ma troppo libero per i gusti di un principe della chiesa che a quel principato sempre tenne e il cui titolo «servus servorum Dei», di cui si fregiano i papi, poteva apparire solo una ingenua e pia metafora.

Zaccheo sull’albero - Nell’editoriale di «Mosaico di pace» (la pubblicazione di Pax Christi) si legge un gustoso paragrafo che trascrivo. «Era un uomo basso di statura e molto ricco, Zaccheo. Era il capo dei pubblicani di Gerico. Il capo degli appaltatori delle tasse per conto dell’occupante romano notoriamente si lasciava andare ad una vita dissoluta, traendo arbitrariamente vantaggio dal sistema indefinito con cui veniva stabilita la tassazione. Ovvero si arricchiva facendo la cresta sulle tasse da richiedere. Ma quando Gesù passa a Gerico, dal momento che era basso e la folla gli impediva la visuale, salì su un albero di sicomoro per poterlo vedere. Gesù lo nota, gli dice che si fermerà a casa sua e Zaccheo, in risposta, dà la metà dei suoi beni ai poveri e restituisce quattro volte tanto a coloro che ha frodato.


Anche il presidente del consiglio del nostro paese è un uomo basso di satura e molto ricco. Prima che una sua conversione alla giustizia verso i poveri noi ci aspetteremmo che salisse anch’egli sul sicomoro. Che riuscisse cioè a guardare il paese reale. Ma il presidente del consiglio è salito sul sicomoro? Si è fatto largo tra le fronde? Non si sa se sia più immorale tutto quel che viene quotidianamente a galla con la velinopoli barese o ignorare la condizione di un disoccupato. Se sia più immorale regalare gioielli come bonbon alle ospiti di una serata mondana o negare la crisi perché non si ha il coraggio di salire sull’albero. Il guaio peggiore è che il successo di chi ostenta ricchezze e fortune al punto da potersi permettere tutto, ma proprio tutto, fa scuola nel nostro paese».

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