Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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giovedì 23 aprile 2009
LIBERAZIONE OCCUPATA di Alessandro Portelli
Festa di Liberazione
Avevamo un Presidente Operaio. Il terremoto ci ha regalato un Presidente odontotecnico che aggiusta le dentiere alle anziane signore. Adesso, grazie ai buoni uffici di Franceschini, abbiamo anche un Presidente Partigiano che si prepara ad andare a celebrare il 25 aprile. Io non capisco che bisogno c’era di insistere per regalare a Berlusconi un ennesimo palcoscenico.
Berlusconi non viene il 25 aprile perché finalmente si è convinto che i partigiani avevano ragione, che la Costituzione non è bolscevica, e che la colpa delle Fosse Ardeatine è dei nazisti. No, viene il 25 aprile perché alla fine la bulimia prevale all’ideologia:
«Non lo lascio alla sinistra », ha detto. Come dire che non poteva sopportare che si stesse nella sfera pubblica uno spazio non occupato da lui e non definito dalla sua presenza. Il migliore omaggio che potesse rendere alla Resistenza, Berlusconi lo faceva standosene in famiglia il 25 aprile. Era un modo per dire che l’antifascismo è una differenza. Non esclude nessuno, ma ridefinisce chi include. Ora, il 25 aprile che viene non ridefinisce Berlusconi, ma è Berlusconi che venendo ridefinisce il 25 aprile.
Vi ricordate quando dicevamo, ingenui e settari, che «la Resistenza è rossa e non è democristiana»? Bene, non il Presidente Partigiano ha già annunciato che verrà a spiegarci che non è né rossa (Deus avertat) ma non è nemmeno democristiana; verrà a spiegarci che i partigiani (quelli buoni) hanno combattuto affinché l’Italia fosse come l’ha fatta diventare lui.
Abbiamo già visto episodi abbastanza grotteschi in proposito, come l’intervista in cui nientemeno che La Russa, nostalgico di Salò, ci ha spiegato che la Resistenza va bene, ma quella dei comunisti no perché loro combattevano per lo stalinismo e non per la libertà. Che dobbiamo prendere lezioni di libertà da un simile figuro è segno di che disastri stanno succedendo al linguaggio, oltre che alle idee.
Ci fosse venuto di sua iniziativa, sarebbe un’altra cosa: sarebbe un segno di voluzione, di riflessione, magari di ripensamento. Ma viene degnandosi di aderire all’insistente invito del «leader» dell’«opposizione », e io non vedo che bisogno ci fosse di insistere per offrire a Berlusconi un’ennesima piattaforma, un ennesimo spazio di esibizione. Capisco l’idea di recuperarlo a una cultura democratica che nasce dalla Resistenza; ma questo recupero dovrebbe avvenire, se mai, sui contenuti e sui valori, non sulle cerimonie. Se no, tanto vale offrirgli anche il palco del Primo Maggio a San Giovanni, magari con il fido Apicella, e poi fregarci le mani dicendo che l’abbiamo recuperato al movimento operaio. Che, peraltro, in quanto Presidente Operaio, era già cosa sua.
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Avevamo un Presidente Operaio. Il terremoto ci ha regalato un Presidente odontotecnico che aggiusta le dentiere alle anziane signore. Adesso, grazie ai buoni uffici di Franceschini, abbiamo anche un Presidente Partigiano che si prepara ad andare a celebrare il 25 aprile. Io non capisco che bisogno c’era di insistere per regalare a Berlusconi un ennesimo palcoscenico.
Berlusconi non viene il 25 aprile perché finalmente si è convinto che i partigiani avevano ragione, che la Costituzione non è bolscevica, e che la colpa delle Fosse Ardeatine è dei nazisti. No, viene il 25 aprile perché alla fine la bulimia prevale all’ideologia:
«Non lo lascio alla sinistra », ha detto. Come dire che non poteva sopportare che si stesse nella sfera pubblica uno spazio non occupato da lui e non definito dalla sua presenza. Il migliore omaggio che potesse rendere alla Resistenza, Berlusconi lo faceva standosene in famiglia il 25 aprile. Era un modo per dire che l’antifascismo è una differenza. Non esclude nessuno, ma ridefinisce chi include. Ora, il 25 aprile che viene non ridefinisce Berlusconi, ma è Berlusconi che venendo ridefinisce il 25 aprile.
Vi ricordate quando dicevamo, ingenui e settari, che «la Resistenza è rossa e non è democristiana»? Bene, non il Presidente Partigiano ha già annunciato che verrà a spiegarci che non è né rossa (Deus avertat) ma non è nemmeno democristiana; verrà a spiegarci che i partigiani (quelli buoni) hanno combattuto affinché l’Italia fosse come l’ha fatta diventare lui.
Abbiamo già visto episodi abbastanza grotteschi in proposito, come l’intervista in cui nientemeno che La Russa, nostalgico di Salò, ci ha spiegato che la Resistenza va bene, ma quella dei comunisti no perché loro combattevano per lo stalinismo e non per la libertà. Che dobbiamo prendere lezioni di libertà da un simile figuro è segno di che disastri stanno succedendo al linguaggio, oltre che alle idee.
Ci fosse venuto di sua iniziativa, sarebbe un’altra cosa: sarebbe un segno di voluzione, di riflessione, magari di ripensamento. Ma viene degnandosi di aderire all’insistente invito del «leader» dell’«opposizione », e io non vedo che bisogno ci fosse di insistere per offrire a Berlusconi un’ennesima piattaforma, un ennesimo spazio di esibizione. Capisco l’idea di recuperarlo a una cultura democratica che nasce dalla Resistenza; ma questo recupero dovrebbe avvenire, se mai, sui contenuti e sui valori, non sulle cerimonie. Se no, tanto vale offrirgli anche il palco del Primo Maggio a San Giovanni, magari con il fido Apicella, e poi fregarci le mani dicendo che l’abbiamo recuperato al movimento operaio. Che, peraltro, in quanto Presidente Operaio, era già cosa sua.
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