Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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venerdì 24 aprile 2009
Mezzo con il 25 Aprile e mezzo con i terremotati. La furbizia del premier.
Camilleri, domani, 25 aprile, Silvio Berlusconi sfoggerà il cappello del partigiano. L’uomo è così e in fondo non c’è niente di male a sottolineare un anniversario o un avvenimento, una catastrofe o un luogo esotico, con un copricapo che faccia da richiamo. Di modo che incontrandolo, tutti sappiano, dal suo cappello, che giorno è e dove si trovano; come gli abitanti di Konigsberg che regolavano gli orologi sulle uscite di casa di Immanuel Kant, proverbiale per la sua puntualità. Infine, va detto che non possiamo pretendere che il nostro premier sia antifascista sino alle suole delle scarpe: ci va già bene che domani, dalla sua collezione, scelga il cappello del partigiano!
Dalla sua discesa in campo, quanti cappelli abbiamo visto in testa a Berlusconi a nascondere una calvizie poi miracolosamente sparita? Ma più si cambiano cappelli e più si perde identità. Tanto per fare un esempio, Tommaso Campanella, che sui cappelli aveva dissertato, venne identificato attraverso il cappellaccio nero che non si toglieva mai. Sherlock Holmes, nella nostra memoria, è indissolubilmente legato al suo cappello da cacciatore, come lo è il Bogart di “Casablanca” al Borsalino floscio e alla sigaretta all’angolo della bocca. Ma se l’abito non fa il monaco, meno che mai lo fa un cappello. E infatti l’astuto Silvio, che mai prima aveva celebrato il 25 aprile, quest’anno sarà sì presente, ma ad Onna. Scelta furbastra, a perfetta norma di personaggio: mezzo Berlusconi è con i terremotati, l’altro mezzo è lì per il 25 aprile. Così tutti restano gabbati e contenti, amici e avversari; da La Russa, contrario alla presenza del capo del governo , a Franceschini, che aveva commentato: “meglio tardi che mai”. Morale: non basta cambiare cappello se il cervello che gli sta sotto rumina gli stessi oscuri pensieri.
Fonte
Dalla sua discesa in campo, quanti cappelli abbiamo visto in testa a Berlusconi a nascondere una calvizie poi miracolosamente sparita? Ma più si cambiano cappelli e più si perde identità. Tanto per fare un esempio, Tommaso Campanella, che sui cappelli aveva dissertato, venne identificato attraverso il cappellaccio nero che non si toglieva mai. Sherlock Holmes, nella nostra memoria, è indissolubilmente legato al suo cappello da cacciatore, come lo è il Bogart di “Casablanca” al Borsalino floscio e alla sigaretta all’angolo della bocca. Ma se l’abito non fa il monaco, meno che mai lo fa un cappello. E infatti l’astuto Silvio, che mai prima aveva celebrato il 25 aprile, quest’anno sarà sì presente, ma ad Onna. Scelta furbastra, a perfetta norma di personaggio: mezzo Berlusconi è con i terremotati, l’altro mezzo è lì per il 25 aprile. Così tutti restano gabbati e contenti, amici e avversari; da La Russa, contrario alla presenza del capo del governo , a Franceschini, che aveva commentato: “meglio tardi che mai”. Morale: non basta cambiare cappello se il cervello che gli sta sotto rumina gli stessi oscuri pensieri.
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