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di 'Per quel che mi riguarda'

martedì 13 settembre 2011

I COMIZI D’AMORE DI SANTORO PER UNA TV LIBERA, FUORI DALLA TV di Carlo Tecce

Marina di Pietrasanta (Lu)
















Prima di scrivere, recitare, girare, parlare, c'è un'immagine che anticipa i Comizi d'amore, omaggio a Pier Paolo Pasolini e ultima invenzione di Michele Santoro. È il cordone umano che intasava Marina di Pietrasanta per capire se quel telecomando, spento su Annozero a giugno, ha ancora un tasto giusto.
Erano in 5 mila per il secondo compleanno del Fatto, italiani con residenze e accenti diversi che volevano sapere di televisione e informazione. Un incontro per chi si conosce bene: “Sono qua non per dire quello che faremo, per il semplice motivo che – ha spiegato dal palco Santoro – quello che faremo lo abbiamo già fatto vedere due volte a Bologna, con Raiperunanotte e Tuttinpiedi. Per cui, se vi piacciono quei programmi realizzati in maniera indipendente e grazie al vostro aiuto, noi quei programmi vogliamo rifarli”. E così spariscono le circolari Rai, gli atti d’indirizzo della Vigilanza e delle cosiddette Authority, il bavaglio preventivo, le scalette vistate da Giovanni Stella di La7, il conflitto d’interessi.
QUEL TELEVISORE classico, forse scolastico, è ormai spento. A ottobre vedremo come e dove (Roma o Bologna?), adesso sappiamo quando e quanto: “Faremo circa 25 serate, per realizzare la trasmissione serviranno circa 250 mila euro a puntata”. Stavolta la multi-piattaforma, l'evento che interseca Internet, satellite e digitale terrestre, avrà un riflesso collettivo nell'associazione ‘Servizio pubblico’, una grande platea di telespettatori muniti di cesoie per rompere qualsiasi censura. Santoro chiede ai telespettatori un contributo di almeno 10 euro, un gesto di fiducia che sarà sostenuto con i contributi del Fatto e l'aiuto degli imprenditori televisivi (Sandro Parenzo ed Etabeta). Ai banchetti di Marina di Pietrasanta, c'era già chi voleva pagare per iscriversi al “servizio pubblico”, però la formula per aderire sarà diffusa fra una settimana (accrediti postali, forse telefonate). Come per commentare una partita domenicale, il lunedì pomeriggio Santoro convoca i suoi, cioè il pubblico di Annozero (5,4 milioni di italiani in media nel 2010/2011) e quello incalcolabile del web: “Voglio tornare a giocare, ma con uno stadio pieno”. Uno stadio pieno fa paura a chi vuole transennare l'ingresso e delimitare col filo spinato “il recinto”, ma fa avvicinare chi può investire con la pubblicità. Perché una televisione multi-piattaforma, senza passato perché mai vista, per convincere gli inserzionisti deve dimostrare la sua forza prima di andare in onda. Non esiste un doppione per fare previsioni, i Comizi d'amore sono un inedito: il pubblico arriva prima del programma, e dunque dei numeri Auditel. Come gli abbonati del Fatto, due estati fa. Una rivoluzione culturale del mezzo televisivo che per Peppino Caldarola, ex direttore de l'Unità, vale una vittoria assicurata perché pensiona per sempre il “riformismo di sinistra”: “Anche chi non ama il fondatore di Annozero e di Sciuscià, soprattutto coloro che hanno sempre tifato per un mercato più libero, non potrà non cogliere in questa sfida di Santoro – scrive su Linkiesta.it   – una vera opportunità politica e culturale. Comunque la pensiamo, e spesso la pensiamo diversamente da lui, è un bene che riesca nella sua impresa perché saremo tutti più liberi”.
Comizi d'amore non è uno spazio nel palinsesto di una televisione pubblica o privata, ma è un momento di ritrovo per chi cerca esattamente quel tipo d'informazione libera senza editori con Sandro Ruotolo, Marco Travaglio, la redazione di sei stagioni di Annozero e le vignette di Vauro. Sarà visibile su una ragnatela nazionale di emittenti locali, siti Internet, un canale di Sky: “La gente che è seduta qui ad ascoltare, queste migliaia di persone – ha detto Santoro – che i partiti non riescono più a raccogliere, hanno diritto a essere rappresentati come opinione pubblica? I pacifisti non avevano diritto a esistere come opinione pubblica organizzata? Perché se questa opinione pubblica non ha diritto di essere rappresentata, questa non è democrazia”.

fonte artcolo 'Il Fatto Quotidiano'

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