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di 'Per quel che mi riguarda'

martedì 6 settembre 2011

Fine vitola di Marco Travaglio

(vignetta Marilena Nardi-Il Fatto-06.09.11)





















Incredibile: le Borse continuano a non fidarsi dell’Italia. E dire che domenica, per rassicurare i mercati, si erano paracadutate su Cernobbio le migliori macchiette del governo. L’ideale, si capisce, era spedirvi direttamente B., che quando c’è da fare bella figura non si tira mai indietro. Ma era impegnatissimo a pagare la mesata al consueto plotone di mignotte, papponi, servi, ricottari e sicofanti sempre in fila a Palazzo Grazioli, manco fosse la mensa della Caritas. Così, a rappresentare degnamente il capocomico, c’erano le spalle: Alfano, Brunetta, Frattini, Gelmini, Maroni, Romani, Tremonti. Mancavano purtroppo Lavitola, Mora e Tarantini, causa legittimo impedimento. Si era anche pensato di chiedere per loro una libera uscita speciale nell’ora d’aria, ma le autorità carcerarie l’avrebbero negata per via dell’ambiente troppo inquinato a Cernobbio. Le cronache registrano reazioni di “gelo”, “imbarazzo”, “incredulità”. “Siamo tutti basiti”, commenta con La Stampa un noto professionista, definendo “surrealismo puro” e “voli pindarici” gl’interventi ministeriali. Al Fano illustra così l’ottantacinquesima versione della manovra: “La perfezione appartiene agli dei”, poi giura: “Niente fiducia al Senato” (infatti la fiducia ci sarà). Frattini Dry, noto anestesista, tiene una prolusione che un imprenditore paragona al “borotalco”, garantendo che “la Bce continuerà a comprare i nostri Btp”, subito smentito da Draghi. La Gelmini, oltre a snocciolare i suoi successi in ambito scolastico (anche quest’anno, nonostante lei, pare che le scuole riapriranno), sfoggia la nuova acconciatura liberamente ispirata a Marzullo. Maroni, convinto di essere a Vieni via con me, legge la solita lista di latitanti arrestati: se la porta sempre dietro, anche al ristorante, per la gioia dei camerieri. Brunetta la prende un po’ alla lontana, maledicendo i famigerati “anni ‘70” per il debito pubblico (esploso negli ‘80, quando lui era consulente del Psi) e il governo Prodi per le “35 ore” (mai entrate in vigore: forse le confonde con i 35 centimetri). Poi esterna un suo rovello: “Come mai, con un governo di persone così straordinarie, c’è malessere? Perché nei media e nell’opinione pubblica prevale lo scoramento, con tutto quel che abbiamo fatto?”. Per rispondergli degnamente, qualcuno in sala compone il numero del 118. Ma lui intanto si risponde da solo, con la consueta originalità: colpa della sinistra, dunque niente larghe intese. Al massimo alte, potendo. Tremonti rifila agli astanti il replay del discorso letto al Meeting di Rimini, ma l’uditorio è identico e lo sgama subito: un frullato di citazioni da Hamilton, Voltaire, Churchill, Cavour, Giolitti e Fellini, tanto sono tutti morti. Di nuovo, aggiunge che abolendo le festività civili, nella fretta, gli erano scappati il 25 aprile e il 1° maggio. Capita. Quando si pensa di aver sentito tutto, parla il cosiddetto ministro Romani e strappa la vittoria ai punti: “Abbiamo fatto una manovra straordinaria, da 131 miliardi in poche settimane”. In sala c’è chi si dà i pizzicotti, chi verifica col vicino di aver sentito bene, chi impugna la calcolatrice per capire come diavolo venga fuori la cifra di 131 miliardi mai sentita prima. Poi qualcuno, un noto psichiatra, capisce: Romani ha sommato gli importi delle varie versioni della stessa manovra. Come se uno entrasse dal fruttivendolo dicendo “vorrei 3 mele, anzi facciamo 5, ma no – mi voglio rovinare – ne prendo 10” e il negoziante gliene desse 18. Non a caso il Romani è ministro dello Sviluppo economico. L’hanno preso apposta: sviluppa. Un altro illustre ospite commenta: “Avevamo pensato di alzarci e andare via”. Ma poi rimangono tutti. Anche perché sono 17 anni che le solite macchiette vanno lì a sparare cazzate e finora non s’era mai alzato nessuno. A Cernobbio c’era pure il banchiere Passera, che tre anni fa ci rifilò la patacca Alitalia al modico costo di 4 miliardi e ora pontifica di “competitività, concorrenza, efficienza del sistema Paese”. Più che un banchiere, un ossimoro.


fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
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