Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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mercoledì 31 agosto 2011
Vieni avanti cretese di Marco Travaglio
(vignetta portoscomic)
È sempre bello quando parla Scajola, l’uomo che vive a sua insaputa. Il guaio è che, siccome a sua insaputa parla pure, lo lasciano parlare troppo poco. Gli avvocati difensori lo seguono come ombre, anche di notte, per evitare che si faccia del male. L’ultima volta che parlò a braccio, nel 2002, diede del “rompicoglioni” a Marco Biagi appena assassinato dalle Bierre. Da allora si decise che avrebbe aperto bocca soltanto per leggere brevi comunicati concordati con i suoi legali. Come quello diramato l’altroieri, durante le vacanze a Creta, quando s’è diffusa la voce che la Procura di Roma, con un annetto e mezzo di ritardo, s’era finalmente decisa a indagarlo per finanziamento illecito. Una cosina da niente: 900mila euro pagati per il noto “mezzanino” da 250 metri quadri con vista Colosseo da Anemone tramite l’architetto Zampolini con 80 assegni circolari, tutti da 12.500 per non insospettire l’antiriciclaggio (furbo, lui). “Sono sereno... si è trattato di un’azione di riciclaggio consumata alle mie spalle”, e fin qui tutto ok: chi non sarebbe sereno, avendo trovato un benefattore che, senza chiedere nulla in cambio, per consumare un’azione di riciclaggio alle sue spalle gli allunga 900mila euro per comprargli una casa da un milione e mezzo e, già che c’è, gli regala pure un trasformatore da 96 euro e un frullatore da 100? “... non sono mai stato interrogato...”: e buon per lui, altrimenti gli davano l’ergastolo. “... e attendo che i magistrati romani portino a termine il loro lavoro, nella convinzione che verrà certamente chiarita la mia estraneità ai fatti”. E qui cominciano i problemi con la logica: perché può darsi che alla fine si scopra che Scajola non ha commesso reati (o più probabilmente che venga prescritto, vista la fulminea rapidità con cui la Procura di Roma si occupa di lui), ma è altamente improbabile che risulti “estraneo ai fatti”, visto che Anemone quei soldi glieli ha sborsati, Zampolini glieli ha portati e, al momento della vendita dell’appartamento a Scajola, le proprietarie li hanno incassati. A meno che, si capisce, la strategia difensiva di Scajola non punti alla totale infermità mentale, nel qual caso può succedere di tutto. Prima però s’imporrebbe una perizia psichiatrica. Che avrebbe buone speranze di successo, viste le cose che l’uomo che vive a sua insaputa è riuscito a dire negli ultimi mesi. Cominciò, alle prime notizie sullo scandalo, col dipingersi come “vittima di una campagna mediatica”. Poi la celebre conferenza stampa senza domande (c’era il rischio di risposte) in cui lesse il celeberrimo comunicato concordato con i suoi legali, davvero degni di lui: “Un ministro non può sospettare di abitare un’abitazione pagata in parte da altri”. Nel settore della stampa estera c’erano colleghi che picchiavano sull’auricolare sperando in un errore di traduzione dell’interprete. Purtroppo era tutto testuale. Così come le dichiarazioni successive: “Ora devo scoprire se qualcuno ha pagato la mia casa a mia insaputa, nel qual caso annullerò l’atto”. Una voce pietosa gli spiegò che le precedenti proprietarie non avevano alcun motivo per riprendersi la casa indietro, visto che gliel’avevano venduta così bene. Allora lui si rassegnò e annunciò: “Vendo la casa e la differenza fra quel che ho pagato io e quel che han pagato altri a mia insaputa la do in beneficenza, so già a chi”. Ora però si scopre che continua a viverci lui, ma a sua insaputa: “È vero – ammette – ne sono uscito quando mi sono dimesso, ma poi ci sono tornato. Ma solo a dormire”. Ecco, sapendo che per un terzo l’ha pagata lui e per due terzi Anemone, ha deciso di trascorrervi solo 8 ore su 24 (quelle notturne) e saltellandovi su un piede solo. Ma sul citofono del mezzanino ci sono ancora le iniziali “C.S.”. Cioè, par di capire, Claudio Scajola. A meno che non si tratti di un ben più drammatico acronimo: Chi Sono?
fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
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È sempre bello quando parla Scajola, l’uomo che vive a sua insaputa. Il guaio è che, siccome a sua insaputa parla pure, lo lasciano parlare troppo poco. Gli avvocati difensori lo seguono come ombre, anche di notte, per evitare che si faccia del male. L’ultima volta che parlò a braccio, nel 2002, diede del “rompicoglioni” a Marco Biagi appena assassinato dalle Bierre. Da allora si decise che avrebbe aperto bocca soltanto per leggere brevi comunicati concordati con i suoi legali. Come quello diramato l’altroieri, durante le vacanze a Creta, quando s’è diffusa la voce che la Procura di Roma, con un annetto e mezzo di ritardo, s’era finalmente decisa a indagarlo per finanziamento illecito. Una cosina da niente: 900mila euro pagati per il noto “mezzanino” da 250 metri quadri con vista Colosseo da Anemone tramite l’architetto Zampolini con 80 assegni circolari, tutti da 12.500 per non insospettire l’antiriciclaggio (furbo, lui). “Sono sereno... si è trattato di un’azione di riciclaggio consumata alle mie spalle”, e fin qui tutto ok: chi non sarebbe sereno, avendo trovato un benefattore che, senza chiedere nulla in cambio, per consumare un’azione di riciclaggio alle sue spalle gli allunga 900mila euro per comprargli una casa da un milione e mezzo e, già che c’è, gli regala pure un trasformatore da 96 euro e un frullatore da 100? “... non sono mai stato interrogato...”: e buon per lui, altrimenti gli davano l’ergastolo. “... e attendo che i magistrati romani portino a termine il loro lavoro, nella convinzione che verrà certamente chiarita la mia estraneità ai fatti”. E qui cominciano i problemi con la logica: perché può darsi che alla fine si scopra che Scajola non ha commesso reati (o più probabilmente che venga prescritto, vista la fulminea rapidità con cui la Procura di Roma si occupa di lui), ma è altamente improbabile che risulti “estraneo ai fatti”, visto che Anemone quei soldi glieli ha sborsati, Zampolini glieli ha portati e, al momento della vendita dell’appartamento a Scajola, le proprietarie li hanno incassati. A meno che, si capisce, la strategia difensiva di Scajola non punti alla totale infermità mentale, nel qual caso può succedere di tutto. Prima però s’imporrebbe una perizia psichiatrica. Che avrebbe buone speranze di successo, viste le cose che l’uomo che vive a sua insaputa è riuscito a dire negli ultimi mesi. Cominciò, alle prime notizie sullo scandalo, col dipingersi come “vittima di una campagna mediatica”. Poi la celebre conferenza stampa senza domande (c’era il rischio di risposte) in cui lesse il celeberrimo comunicato concordato con i suoi legali, davvero degni di lui: “Un ministro non può sospettare di abitare un’abitazione pagata in parte da altri”. Nel settore della stampa estera c’erano colleghi che picchiavano sull’auricolare sperando in un errore di traduzione dell’interprete. Purtroppo era tutto testuale. Così come le dichiarazioni successive: “Ora devo scoprire se qualcuno ha pagato la mia casa a mia insaputa, nel qual caso annullerò l’atto”. Una voce pietosa gli spiegò che le precedenti proprietarie non avevano alcun motivo per riprendersi la casa indietro, visto che gliel’avevano venduta così bene. Allora lui si rassegnò e annunciò: “Vendo la casa e la differenza fra quel che ho pagato io e quel che han pagato altri a mia insaputa la do in beneficenza, so già a chi”. Ora però si scopre che continua a viverci lui, ma a sua insaputa: “È vero – ammette – ne sono uscito quando mi sono dimesso, ma poi ci sono tornato. Ma solo a dormire”. Ecco, sapendo che per un terzo l’ha pagata lui e per due terzi Anemone, ha deciso di trascorrervi solo 8 ore su 24 (quelle notturne) e saltellandovi su un piede solo. Ma sul citofono del mezzanino ci sono ancora le iniziali “C.S.”. Cioè, par di capire, Claudio Scajola. A meno che non si tratti di un ben più drammatico acronimo: Chi Sono?
fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
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