(vignetta Marilena Nardi-Il Fatto-30.08.11)

Eh no, questa ad
Angelino Jolie non gliela dovevano fare. Ma come: prima illudono quel gran genio di
Alfano di essere qualcuno, di contare qualcosa, di essere per davvero il segretario del Pdl. Lo mandano avanti a rifare la manora finanziaria dettata da
Merkel,
Sarkozy e
Trichet e copiata da
Tremonti. E lui, poveretto, ci crede. E ci prende gusto. Si compra una scrivania con tanto di poltroncina, prende ripetizioni di alta finanza, prenota in edicola le dispense del Piccolo Economista, si fa fotografare con sorrisone da Bugs Bunny, occhi pallati, fronte inutilmente spaziosa e corposi dossier sotto il braccio (pieni di fogli bianchi formato A4, s’intende). Organizza vertici, riunisce capigruppo e ministri, tiene conferenze, lancia moniti, manda lettere ai giornali. La stampa al seguito si beve tutto e per due settimane spara titoli encomiastici sull’astro nascente, l’erede al trono. “L’esame di maturità di
Alfano”, “
Alfano fa il Letta per domare Bossi” (Libero). “
Alfano alla Chiesa: le agevolazioni restano”, “Manovra,
Alfano tratta su previdenza e Iva” (Corriere della sera). “
Alfano vede i dissidenti”, “
Alfano media tra le correnti” (La Stampa). “L’ambasciatore
Alfano spiega la manovra nel covo dei lumbard”, “L’avventura di
Angelino alla kermesse leghista scortato da
Maroni e
Calderoli” (Il Giornale). Poi, appena
Jolie azzarda la prima ideuzza – toccare le pensioni –
Bossi lo stende con una pernacchia: “
Alfano è un bravo ragazzo, ma prrrr!”. Lui però mica si dà per vinto. E i giornali dietro:
Alfano che surclassa
Tremonti,
Alfano che mette nel sacco
Bossi,
Alfano che ricompatta il Pdl,
Alfano di qua,
Alfano di là. Ancora ieri zio Tibia Sallusti incensava il noto gigante del pensiero: oltre alla fondamentale “impuntatura del premier” contro le tasse, è grazie al “buon lavoro di
Alfano con
Maroni e di Gianni
Letta con
Tremonti (di fatto commissariato)” che avremo le famose “riforme strutturali”.
Tremonti? Finito: “Incapace di gestire situazioni complesse: serviva un ministro e nel momento decisivo è emerso il commercialista. Da commissario di governo,
Tremonti si trova commissariato… Le trattative vere passano attraverso
Alfano e
Maroni (con Gianni
Letta sempre molto vigile)”. Risultato: “sì all’Iva al 21%” e “via libera alla legge che abolirà tutte le province e dimezzerà i parlamentari”. Parola di Olindo. Poi, purtroppo per lui ma soprattutto per
Alfano il mediatore, l’ambasciatore e il domatore, dal vertice del Pdl esce tutt’altro. Mentre
B.,
Bossi e
Tremonti parlano (nel secondo caso, si fa per dire) e siglano il patto della prostata in uno sferragliare di dentiere, pròtesi, flebo, fasce prostatiche, pannoloni e cinti erniari, il giovine
Alfano viene parcheggiato in camera da letto, nel girello, a giocare ai soldatini e alle figurine col
Trota. E quando lo richiamano per il gelato, è sparito tutto. Niente contributo di solidarietà, niente aumento dell’Iva, niente patrimoniale, niente lotta all’evasione e soprattutto niente tagli alla casta. Nemmeno i tagliettini del decreto prima versione che, tra Province e piccoli Comuni – annunciò trionfante il Cainano – “farà sparire 50mila poltrone”. Tutto rinviato a una bella legge costituzionale che richiede la doppia lettura alla Camera e al Senato, cioè un paio d’anni, cioè mai. Naturalmente i mercati, che già sghignazzavano all’idea di una manovra
Alfano e affilavano le fauci per una nuova scorpacciata sui nostri titoli di Stato, si fideranno ciecamente del formidabile patto della prostata. E così frau
Merkel e i monsieurs
Sarkò e
Trichet, che un mese fa ci avevano dato l’ultimatum commissariando il governo B. A questo punto l’Europa, per costringerci a diventare un Paese serio, non ha che una strada. Usare i cacciabombardieri presenti nelle nostre basi per la guerra di Libia e puntarli un po’ più a Nord, verso l’Italia. Per favore, invadeteci.
fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
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