Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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mercoledì 17 agosto 2011
Evasione e dintorni.La nebulosa del governo di Alessandro Santoro
(vignetta portoscomic)
Per quanto noto ad oggi, nel decreto legge di ferragosto compaiono solamente tre misure che possono a qualche titolo essere finalizzate alla riduzione dell’evasione. La prima è la riduzione da 3000 a 2500 euro del limite massimo di utilizzabilità del contante nelle transazioni. La seconda è la possibilità di accertamento dei confronti dei soggetti che siano congrui rispetto agli studi di settore ma in modo non continuativo (presumibilmente: che non lo siano per almeno due anni). La terza è l’aumento delle sanzioni nei confronti dei professionisti che non rilasciano fatture o ricevute, ivi compresa la sospensione dall’Ordine di appartenenza.
Fino a quando non sarà resa nota la Relazione tecnica al provvedimento non è possibile quantificare il maggior gettito previsto da queste misure ma appare chiaro che esso è del tutto minoritario rispetto alle dimensioni della manovra. Del resto, i tempi parossistici di varo della manovra e l’assenza di una vera e propria strategia di contrasto all’evasione avrebbero reso non credibili ipotesi diverse. Il problema delle misure varate con questa (e con altre manovre) non è che esse siano in sé sbagliate, quanto che anch’esse sono destinate a far parte di quella nebulosa di provvedimenti anti-evasione i cui effetti concreti continuano a rimanere quantomeno dubbi. Eppure, qualcosa negli ultimi anni è effettivamente cambiato.
Secondo le stime dell’Agenzia delle Entrate - riportate nel Rapporto finale del Gruppo di lavoro su Economia non osservata e flussi finanziari, coordinato dal Presidente dell’Istat Giovannini - nel periodo compreso tra il 2006 e il 2009 la base imponibile evasa ai fini Iva è diminuita di circa 60 miliardi in termini assoluti e di circa 4-5 punti di Pil in termini relativi. A questo risultato – notevole in quanto riferito all’imposta maggiormente evasa e più strettamente connessa al sistema economico - ha presumibilmente contribuito il fatto che il governo di centro-destra, dopo lo sciagurato scudo fiscale, ha adottato una sostanziale retromarcia ritornando sulla falsariga dei provvedimenti adottati o pensati da Visco, ovvero la limitazione all’uso dei contanti e la tracciabilità delle transazioni, il rafforzamento degli studi di settore, la limitazione alla possibilità di compensare i crediti Iva non documentabili. In questo modo, dopo molti anni di contrapposizione frontale in cui a destra l’evasione veniva giustificata dal livello troppo elevato delle aliquote, si è stabilita una linea di continuità quantomeno intorno ad alcune linee di sviluppo essenziali della politica di contrasto all’evasione. Alcuni dei provvedimenti del decreto proseguono ulteriormente in questa direzione, ma non appaiono sufficienti.
Il momento storico in cui ci troviamo, e il consenso che in qualche misura si è raggiunto nella società e nella politica sulla necessità di ricondurre l’evasione quantomeno a dimensioni fisiologiche, richiede un salto di qualità. Per compiere questo salto è necessario dotarsi di una vera e propria strategia di contrasto dell’evasione, ad oggi assente. Gli elementi essenziali di questa strategia sono tre.
Primo, è necessario che si arrivi ad una stima regolare, ufficiale e basata su metodologie condivise dell’evasione, differenziata possibilmente per tipologia di imposta e per caratteristiche di contribuente. Inoltre, ogni provvedimento che si pone una finalità anti-evasiva dovrebbe essere quantificato nei suoi effetti non solo exante (cioè nelle Relazioni tecniche) ma anche ex-post, ricorrendo anche a studi di caso o campionari.
Secondo, è necessario che si cerchi di capire non solo dove l’evasione si forma, ma anche in quali forme emerge, come alimenta, cioè i consumi e gli investimenti, e come si cristallizza nei patrimoni personali e societari. Questo tipo di studio potrebbe portare a nuove e finora inesplorate giustificazioni dell’imposta patrimoniale.
Terzo, è indispensabile che l’amministrazione finanziaria compia definitivamente un passaggio di organizzazione e di mentalità finalizzato ad utilizzare al meglio l’enorme mole di informazioni anche in un’ottica preventiva. È infatti illusorio pensare che l’inasprimento delle sanzioni e dei controlli possa bastare in un sistema fiscale caratterizzato da un’evasione di massa dovuta a ragioni strutturali, in particolare l’elevata frammentazione del sistema produttivo italiano. In assenza di questa strategia, i provvedimenti varati continueranno a rimanere di efficacia incerta e il dibattito pubblico continuerà ad alimentarsi di chiacchiere e di dati grossolani, quando non falsi.
fonte articolo 'Il Manifesto'
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Per quanto noto ad oggi, nel decreto legge di ferragosto compaiono solamente tre misure che possono a qualche titolo essere finalizzate alla riduzione dell’evasione. La prima è la riduzione da 3000 a 2500 euro del limite massimo di utilizzabilità del contante nelle transazioni. La seconda è la possibilità di accertamento dei confronti dei soggetti che siano congrui rispetto agli studi di settore ma in modo non continuativo (presumibilmente: che non lo siano per almeno due anni). La terza è l’aumento delle sanzioni nei confronti dei professionisti che non rilasciano fatture o ricevute, ivi compresa la sospensione dall’Ordine di appartenenza.
Fino a quando non sarà resa nota la Relazione tecnica al provvedimento non è possibile quantificare il maggior gettito previsto da queste misure ma appare chiaro che esso è del tutto minoritario rispetto alle dimensioni della manovra. Del resto, i tempi parossistici di varo della manovra e l’assenza di una vera e propria strategia di contrasto all’evasione avrebbero reso non credibili ipotesi diverse. Il problema delle misure varate con questa (e con altre manovre) non è che esse siano in sé sbagliate, quanto che anch’esse sono destinate a far parte di quella nebulosa di provvedimenti anti-evasione i cui effetti concreti continuano a rimanere quantomeno dubbi. Eppure, qualcosa negli ultimi anni è effettivamente cambiato.
Secondo le stime dell’Agenzia delle Entrate - riportate nel Rapporto finale del Gruppo di lavoro su Economia non osservata e flussi finanziari, coordinato dal Presidente dell’Istat Giovannini - nel periodo compreso tra il 2006 e il 2009 la base imponibile evasa ai fini Iva è diminuita di circa 60 miliardi in termini assoluti e di circa 4-5 punti di Pil in termini relativi. A questo risultato – notevole in quanto riferito all’imposta maggiormente evasa e più strettamente connessa al sistema economico - ha presumibilmente contribuito il fatto che il governo di centro-destra, dopo lo sciagurato scudo fiscale, ha adottato una sostanziale retromarcia ritornando sulla falsariga dei provvedimenti adottati o pensati da Visco, ovvero la limitazione all’uso dei contanti e la tracciabilità delle transazioni, il rafforzamento degli studi di settore, la limitazione alla possibilità di compensare i crediti Iva non documentabili. In questo modo, dopo molti anni di contrapposizione frontale in cui a destra l’evasione veniva giustificata dal livello troppo elevato delle aliquote, si è stabilita una linea di continuità quantomeno intorno ad alcune linee di sviluppo essenziali della politica di contrasto all’evasione. Alcuni dei provvedimenti del decreto proseguono ulteriormente in questa direzione, ma non appaiono sufficienti.
Il momento storico in cui ci troviamo, e il consenso che in qualche misura si è raggiunto nella società e nella politica sulla necessità di ricondurre l’evasione quantomeno a dimensioni fisiologiche, richiede un salto di qualità. Per compiere questo salto è necessario dotarsi di una vera e propria strategia di contrasto dell’evasione, ad oggi assente. Gli elementi essenziali di questa strategia sono tre.
Primo, è necessario che si arrivi ad una stima regolare, ufficiale e basata su metodologie condivise dell’evasione, differenziata possibilmente per tipologia di imposta e per caratteristiche di contribuente. Inoltre, ogni provvedimento che si pone una finalità anti-evasiva dovrebbe essere quantificato nei suoi effetti non solo exante (cioè nelle Relazioni tecniche) ma anche ex-post, ricorrendo anche a studi di caso o campionari.
Secondo, è necessario che si cerchi di capire non solo dove l’evasione si forma, ma anche in quali forme emerge, come alimenta, cioè i consumi e gli investimenti, e come si cristallizza nei patrimoni personali e societari. Questo tipo di studio potrebbe portare a nuove e finora inesplorate giustificazioni dell’imposta patrimoniale.
Terzo, è indispensabile che l’amministrazione finanziaria compia definitivamente un passaggio di organizzazione e di mentalità finalizzato ad utilizzare al meglio l’enorme mole di informazioni anche in un’ottica preventiva. È infatti illusorio pensare che l’inasprimento delle sanzioni e dei controlli possa bastare in un sistema fiscale caratterizzato da un’evasione di massa dovuta a ragioni strutturali, in particolare l’elevata frammentazione del sistema produttivo italiano. In assenza di questa strategia, i provvedimenti varati continueranno a rimanere di efficacia incerta e il dibattito pubblico continuerà ad alimentarsi di chiacchiere e di dati grossolani, quando non falsi.
fonte articolo 'Il Manifesto'
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