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di 'Per quel che mi riguarda'

sabato 2 luglio 2011

La banda degli onesti di Marco Travaglio

Finalmente il gran giorno è arrivato: Angelino Jolie è diventato segretario (B. avrebbe preferito una segretaria, ma le candidate sono tutte impegnate a sfuggire alla Buoncostume). I suoi margini di autonomia sono piuttosto ristretti, viste le curiose procedure dell’investitura: prima l’ha nominato B., poi l’ha eletto per acclamazione il Consiglio nazionale del Pdl, dove nessuno lo voleva dunque l’han votato tutti. Ma la sua missione è immane: un’impresa che ricorda quella degli studenti somari che, una volta bocciati, tentano di recuperare due o tre anni in uno non essendo riusciti a farne uno in uno. Angelino però non se ne rende conto, infatti ieri era più felice del solito di essere Angelino. Più gaudioso di lui solo il Cainano, che non vedeva l’ora di sbolognargli un partito in fase terminale, metà defunto e metà inseguito dalla gendarmeria: “Figliolo, tra poco tutto questo sarà tuo...”. E Jolie, ignaro, giù a ridere. Siccome il suo eloquio è aria fritta, e la fisiognomica ha la sua importanza, molti presenti in sala son rimasti colpiti soprattutto da quell’ombra di ricrescita pilifera che ornava il suo capino non più implume, ma impreziosito da uno strato vaporoso, quasi etereo di lanugine. Licheni? Muffa? Saggina? Un nido di rondini inopinatamente planato fin lassù? I maligni assicurano che Jolie abbia ritentato con l’ennesimo trapianto, come suggerito a suo tempo dal Cavaliere bitumato, per dotarsi di una chioma più acconcia al prestigioso incarico. Ecco dov’era finito, negli ultimi tempi: si stava guadagnando l’investitura con una full immersion dal tricologo, perché anche l’occhio vuole la sua parte e Jolie vuol essere ancora più Jolie. I precedenti erano tutt’altro incoraggianti: ogni reimpianto pilifero era miseramente naufragato. Non solo i magistrati, ma pure i capelli finti disobbedivano al Guardasigilli, che ogni mattina mestamente li raccoglieva a mazzi sul cuscino e nel lavandino. Ma lì era ancora un semplice ministro. “Adesso – si è detto fra sé e sé – voglio un po’ vedere se oseranno staccarsi un’altra volta appena impiantati e precipitare al suolo a rotta di collo, ora che sono il Segretario”. Così è tornato speranzoso dal tricologo, che ha fatto il miracolo: al posto del solito ovetto sberluccicante e catarifrangente, sul cocuzzolo martoriato dall’alopecia è spuntata una piccola siepe che ricorda, almeno da lontano, alcune piante ornamentali da giardino pensile, tipo il pittòsporo, “arbusto dicotiledone a foglia lucida, coriacea e persistente”. Il guaio è che ogni mattina un apposito giardiniere dovrà potare Angelino per dare regolarità alla siepina parietale ancora malcerta, sporadica, maculata a pelle di leopardo. Quasi posticcia, come incollata o peggio poggiata lì alla meglio, dunque esposta a ogni folata di vento. Ma almeno ieri l’impalcatura ha retto. Un filino irrigidito per non perdere manco una foglia, Jolie ha sfoderato “il santino della mia prima campagna elettorale”, portatogli da papà in una teca per reliquie. Ha mulinato la lingua come nemmeno Bondi: “Era il '94: a 23 anni vidi in tv un Imprenditore che aveva il sole in tasca, sentii un jingle, credetti in quell’Uomo e in quella musica, in quel progetto di società dove chi ha talento e merito deve farsi avanti”. Sotto il palco, la Minetti si sentiva chiamata in causa e plaudiva giuliva. Gli ex coordinatori Verdini e La Russa, Gatto&Volpe, guardavano il Bugs Bunny della Trinacria senza muovere un muscolo, appena un filo di bava verde agli angoli della bocca, pronti a disossarlo alla prima occasione. Attimi di gelo quando il Segretario ha invitato i presenti a versare le quote mensili, perché il Cainano è stufo di mantenerli tutti: alla parola “pagare”, qualcuno metteva mano alla fondina come un anno fa, quando Fini li minacciò con la parola “legalità”. Ma era un attimo. Poi di nuovo applausi scroscianti, quando Jolie ha chiamato a raccolta “il partito degli onesti”: in prima fila, a spellarsi le mani, Alfonso Papa e Nick Cosentino. Chiaro che stava parlando di loro.

fonte articolo e vignetta 'Il Fatto Quotidiano'

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