Diciamo che un bilocale a Monza e un generoso sussidio di 1.100 euro mensili – ben più di quello che guadagna un normale precario – potrebbe rappresentare una buonuscita più che decente. Il resto, viene nazionalizzato. Aziende, ville, conti correnti, partecipazioni azionarie, aerei privati, autisti, signorine, il ragionier Spinelli, Alfano, Mediaset, il Milan, la Gelmini, le collanine da regalare alle cene eleganti, il fratello intellettuale, il vulcano finto di villa Certosa, con i cactus e tutto il resto, Belpietro, la villa di Antigua, il veliero, Sallusti, Ruby, Minzolini, tacchi, parrucche, latte di cerone da venti chili.
Tutto incamerato come patrimonio dello Stato e fatto fruttare per venire incontro ai pressanti problemi economici della nazione. Il ritornello che si sente più spesso, in questo povero paese è «non ci sono soldi». Il signor Tremonti ha messo su addirittura una faccia apposta, un sorrisetto maligno che confina con l’ulcera gastrica. Bene. Grazie a questa modesta proposta, i soldi invece ci sarebbero. Togliamo pure quelli che Berlusconi dovrà dare a De Benedetti per essersi preso la Mondadori corrompendo i giudici. Togliamo anche le spese processuali del caso Mills. Togliamo lo stipendiovdi Ghedini, che comunque sarebbe nazionalizzato anche lui. Insomma, stiamo pure larghi nelle stime e generosi nelle valutazioni, ma ammetterete che lì i soldi ci sono. Solo con il patrimonio immobiliare, per dire, verrebbe fuori un salario minimo garantito per tutti. Moody’s ci alzerebbe il rating, il Pil ne gioverebbe, il buonumore anche. È solo una proposta, gente, ma perché no? Pensateci.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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