Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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giovedì 30 giugno 2011
MAURIZIO LANDINI: «Ora la parola ai lavoratori» intervista al segretario della Fiom di Loris Campetti
Landini, confermi il giudizio critico sull’accordo dopo aver potuto leggere il testo?
Il giudizio non può che essere negativo e rappresenta un arretramento, un cedimento della Cgil su almeno due punti fondamentali. Primo, non c’è l’obbligatorietà del voto dei lavoratori che per noi della Fiom, ma mi sembrava anche per la confederazione, è imprescindibile; secondo, si apre alla possibilità di deroga al contratto nazionale. Vorrei far notare che anche l’aspetto positivo che riguarda la certificazione delle organizzazioni sindacali non è sufficiente di per sé a garantire un percorso contrattuale democratico, perché non esclude la possibilità di stipulare accordi separati. L’unica garanzia a questo fine è il voto delle lavoratrici e dei lavoratori. La Cgil avrebbe dovuto considerarlo discriminante, anche raccogliendo la domanda di democrazia che rimbomba nelle strade, nelle piazze e nelle urne. E infine, ma solo per l’ovvietà di questa mia critica lo metto al fondo, ti pare che si possa accettare un divieto di sciopero nascosto dietro il termine «tregua»?
Al punto 8 si chiede al governo di incrementare le azioni finalizzate a ridurre tasse e contributi intervenendo sul livello contrattuale aziendale. Che ne pensi?
Ne penso male. In un paese in cui l’80% dei lavoratori è in aziende con meno di 50 dipendenti, quale redistribuzione della ricchezza garantirebbe un intervento riguardante una piccola minoranza? È un altro modo per sterilizzare i contratti nazionali.
Come si tradurrà concretamente il vostro giudizio negativo?
Domani (oggi per chi legge, ndr) si riunisce il Comitato centrale della Fiom per analizzare l’accordo, nel contesto di una manovra economica iniqua e pesante per chi lavora. Io ritengo e proporrò al confronto interno che la Cgil coinvolga tutti i lavoratori chiedendo loro un giudizio sul testo che a noi non piace. È una prassi prevista dallo statuto confederale che perlomeno gli iscritti debbano essere attori di una scelta delicata e impegnativa come questa, che non può essere demandata al solo gruppo dirigente. La Cgil ha una storia democratica che non può essere cancellata d’autorità.
Lo statuto della Fiom prevede addirittura l’obbligatorietà del voto di tutti i lavoratori, iscritti e non iscritti, sulle piattaforme e sugli accordi. Sareste disposti di fare una deroga?
Non se ne parla proprio. Io sono il segretario generale della Fiom e non intendo, in alcun modo, venir meno a una regola fondante della mia organizzazione. Ti faccio notare che lo statuto della Fiom è stato approvato dalla Cgil: dov’è il problema?
C’è il rischio che la ferita aperta da questo accordo unitario possa mettere in moto una dinamica centrifuga?
Fuori dai denti: qualcuno si chiederà se ha ancora senso per la Fiom restare nella Cgil? Queste sono sciocchezze. La Fiom è nata nel 1901 come sindacato generale e ha contribuito a dare origine alla Cgil. Noi qui restiamo e continuiamo a batterci perché i punti di vista dei lavoratori abbiano peso in tutte le scelte e nella definizione della linea sindacale. La Fiom non si arrende. Solo per farti un esempio, a settembre avvieremo il percorso democratico per il rinnovo del contratto nazionale, a partire dall’assemblea di settembre di tutti i delegati. Il primo punto sarà il vincolo che la piattaforma e l’accordo abbiano valore esclusivamente dopo il referendum di tutti i lavoratori, se l’esito del voto sarà positivo. Noi restiamo dentro la Cgil perché siamo la Cgil, e lo siamo proprio con queste nostre modalità.
I firmatari dell’accordo sostengono che non è stata introdotta la retroattività, in modo tale che la Fiat non sarebbe salvata da eventuali sentenze di condanna sugll’accordo di Pomigliano. Non è una buona notizia?
Non mi è chiaro se le cose stanno proprio così, ma prendo in parola i firmatari e di conseguenza la Fiom chiederà alla Fiat di riaprire la trattativa.
fonte intervista 'Il Manifesto'
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Il giudizio non può che essere negativo e rappresenta un arretramento, un cedimento della Cgil su almeno due punti fondamentali. Primo, non c’è l’obbligatorietà del voto dei lavoratori che per noi della Fiom, ma mi sembrava anche per la confederazione, è imprescindibile; secondo, si apre alla possibilità di deroga al contratto nazionale. Vorrei far notare che anche l’aspetto positivo che riguarda la certificazione delle organizzazioni sindacali non è sufficiente di per sé a garantire un percorso contrattuale democratico, perché non esclude la possibilità di stipulare accordi separati. L’unica garanzia a questo fine è il voto delle lavoratrici e dei lavoratori. La Cgil avrebbe dovuto considerarlo discriminante, anche raccogliendo la domanda di democrazia che rimbomba nelle strade, nelle piazze e nelle urne. E infine, ma solo per l’ovvietà di questa mia critica lo metto al fondo, ti pare che si possa accettare un divieto di sciopero nascosto dietro il termine «tregua»?
Al punto 8 si chiede al governo di incrementare le azioni finalizzate a ridurre tasse e contributi intervenendo sul livello contrattuale aziendale. Che ne pensi?
Ne penso male. In un paese in cui l’80% dei lavoratori è in aziende con meno di 50 dipendenti, quale redistribuzione della ricchezza garantirebbe un intervento riguardante una piccola minoranza? È un altro modo per sterilizzare i contratti nazionali.
Come si tradurrà concretamente il vostro giudizio negativo?
Domani (oggi per chi legge, ndr) si riunisce il Comitato centrale della Fiom per analizzare l’accordo, nel contesto di una manovra economica iniqua e pesante per chi lavora. Io ritengo e proporrò al confronto interno che la Cgil coinvolga tutti i lavoratori chiedendo loro un giudizio sul testo che a noi non piace. È una prassi prevista dallo statuto confederale che perlomeno gli iscritti debbano essere attori di una scelta delicata e impegnativa come questa, che non può essere demandata al solo gruppo dirigente. La Cgil ha una storia democratica che non può essere cancellata d’autorità.
Lo statuto della Fiom prevede addirittura l’obbligatorietà del voto di tutti i lavoratori, iscritti e non iscritti, sulle piattaforme e sugli accordi. Sareste disposti di fare una deroga?
Non se ne parla proprio. Io sono il segretario generale della Fiom e non intendo, in alcun modo, venir meno a una regola fondante della mia organizzazione. Ti faccio notare che lo statuto della Fiom è stato approvato dalla Cgil: dov’è il problema?
C’è il rischio che la ferita aperta da questo accordo unitario possa mettere in moto una dinamica centrifuga?
Fuori dai denti: qualcuno si chiederà se ha ancora senso per la Fiom restare nella Cgil? Queste sono sciocchezze. La Fiom è nata nel 1901 come sindacato generale e ha contribuito a dare origine alla Cgil. Noi qui restiamo e continuiamo a batterci perché i punti di vista dei lavoratori abbiano peso in tutte le scelte e nella definizione della linea sindacale. La Fiom non si arrende. Solo per farti un esempio, a settembre avvieremo il percorso democratico per il rinnovo del contratto nazionale, a partire dall’assemblea di settembre di tutti i delegati. Il primo punto sarà il vincolo che la piattaforma e l’accordo abbiano valore esclusivamente dopo il referendum di tutti i lavoratori, se l’esito del voto sarà positivo. Noi restiamo dentro la Cgil perché siamo la Cgil, e lo siamo proprio con queste nostre modalità.
I firmatari dell’accordo sostengono che non è stata introdotta la retroattività, in modo tale che la Fiat non sarebbe salvata da eventuali sentenze di condanna sugll’accordo di Pomigliano. Non è una buona notizia?
Non mi è chiaro se le cose stanno proprio così, ma prendo in parola i firmatari e di conseguenza la Fiom chiederà alla Fiat di riaprire la trattativa.
fonte intervista 'Il Manifesto'
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