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di 'Per quel che mi riguarda'

sabato 5 febbraio 2011

Ghedini sotto il letto di Marco Travaglio

(l'alfabeto del bunga bunga di Alessandro Fucecchi)
Dicono che B. sia un grande comunicatore. Balle: è solo il padrone dei mezzi di comunicazione. Basta vedere come gestisce gli scandali sessuali che lo inseguono da tre anni, da quando il trapianto di pompetta gli restituì almeno l’illusione del ritorno agli anni verdi. Avrebbe potuto dire, escludendo reati e sfidando i pm a dimostrarli: “La sera, dopo una giornata trascorsa con Bondi, Cicchitto, Capezzone e Bonaiuti, roba che non auguro al mio peggior nemico, mi piace allungare le mani sulle mie amiche consenzienti con un gruppo di vecchi sporcaccioni, poi alcune me le porto a letto e, se fanno le prostitute, le pago”. Il Vaticano avrebbe protestato un paio di minuti, poi sarebbe tornato a cuccia in cambio di qualche milione in più alle scuole private. Mons. Fisichella avrebbe invitato a “contestualizzare il bungabunga”, come del resto le bestemmie. E lui si sarebbe liberato di tutti i ricatti di quell’orda di velociraptor siliconate che ora vanno in giro per le redazioni a offrire foto e video col Papi desnudo. Invece, giurando a reti unificate “mai pagato una donna in vita mia” e “mai frequentato minorenni”, ha trasformato in notizie d’interesse pubblico qualsiasi particolare della sua vita privata. Comprese le foto. Perché si tratta di stabilire se il capo del governo dice la verità o mente. Se avesse ammesso di essere un “vecchio porco”, come ha scritto l’amico Belpietro, avrebbe trasformato in violazione della privacy (dunque reato) la pubblicazione di qualunque foto o video di bungabunga & affini (salvo quelle che dimostrassero il reato di sesso a pagamento con minorenni). Non l’ha fatto e così ha reso quelle foto pubblicabili in nome del diritto, anzi dovere di cronaca, visto che sembrano sbugiardarlo. Queste cose dovrebbe saperle molto meglio di noi il Garante della Privacy: organismo solitamente sonnacchioso, riprende improvvisamente vita non appena sente le parole “foto” e “Berlusconi”. Infatti ieri ci ha inviato un fax dal titolo: “Diffusione di dati personali relativi all’on. Silvio Berlusconi”. Svolgimento: “Si trasmette l’allegata segnalazione inviata dagli avv. Ghedini e Longo, in nome e per conto dell’on. Berlusconi, al fine di acquisire ogni elemento ritenuto utile alla valutazione del caso segnalato, con particolare riguardo all’articolo ‘Un’asta per le foto’. Si prega di dare riscontro...”. In pratica il Garante fa il postino degli avvocati del premier, che in una letterina di due pagine ci avvertono che B. “ha conferito incarico a questi difensori di procedere in ogni sede a sua tutela per i fatti di cui in premessa”, cioè la notizia delle foto all’asta, perché – tenetevi forte – “foto del Presidente svestito in atteggiamenti intimi con ragazze, laddove effettivamente esistenti, devono ritenersi sicuramente false, frutto di fotomontaggi e/o di manipolazioni”. Se ne deduce che B., quando si spoglia per fare le sue cose, tiene sempre Ghedini e Longo sotto il letto o nel guardaroba a controllare. Il guaio è che poi i due, sul più bello, si abbioccano. Ghedini giurò che la D’Addario non era mai entrata a Palazzo Grazioli e che le registrazioni della sua notte con B. erano false, poi si scoprì che era tutto vero, ma lui s’era assopito. Gli On. Avv. avvertono poi che “chi rivela o diffonde notizie o immagini indebitamente procurate che attengono alla vita privata e si svolgono nei luoghi di abitazione” commette reato. Non sanno forse, né il Garante-postino li informa, che la privacy vien meno davanti al dovere di cronaca sui personaggi pubblici. In ogni caso esprimiamo agli avvocati da spogliatoio la più sentita solidarietà. Così come al Garante, che dovrà presto occuparsi di un’altra drammatica denuncia: quella del membro leghista del Csm Matteo Brigandì, sottoposto a “perquisizione corporale” e financo “spogliato” dalla polizia. Una pratica davvero umiliante e disumana. Passi rischiare la pelle per 1.500 euro al mese, ma vedere Brigandì nudo no: questo, per un poliziotto, è davvero troppo.

fonte articolo e vignetta 'Il Fatto Quotidiano'
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