Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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sabato 12 febbraio 2011
Ferrara, l’arma letale di Marco Travaglio
(vignetta vadelfio)
Caro Cavaliere, siamo sempre noi: quelli che le han sempre detto tutto in faccia, mai dietro le spalle. Gli unici di cui può fidarsi. Dia retta: lasci perdere Giuliano Ferrara. Col suo bacio della morte, ne ha fatti secchi più lui che il colera. Ricorda il Pci? Ferrara c’era, sappiamo com’è finito. Ricorda Craxi? Ferrara c’era, sappiamo com’è finito. Ricorda il primo governo Berlusconi? Lui c’era, ministro dei Rapporti col Parlamento e portavoce: sappiamo com’è finito, dopo sette mesi appena. Ricorda le elezioni al Mugello? Lui c’era: sappiamo com’è finita, centrodestra al 16% e Di Pietro in trionfo. Ricorda la guerra in Iraq? Lui c’era, anzi era più bushiano di Bush, tant’è che le truppe angloamericane entrarono in Baghdad a bordo di Giuliano Ferrara: sappiamo com’è finita, una ritirata che Caporetto al confronto fu una marcia trionfale. Ricorda la lista No Aborto? Ferrara c’era: sappiamo com’è finita, più uova in faccia che voti. Non le rammento le percentuali d’ascolto da albumina dei programmi tv di Ferrara e i bilanci comatosi del Foglio, che ha più giornalisti che lettori, perché temo che lei li conosca meglio di me. Fra le grandi catastrofi del Novecento, Ferrara ha mancato soltanto il terremoto di Messina e l’ultimo viaggio del Titanic, ma non per cattiva volontà: perché non era ancora nato. Per ulteriori informazioni rivolgersi alle ultime vittime dei suoi mortiferi effluvi: D’Alema, da lui sostenuto per il Quirinale (fu eletto Napolitano); Rutelli, da lui appoggiato per il Campidoglio (vinse Alemanno); Veltroni, da lui elogiato per il dialogo con lei (e ora disperso); Sarah Palin, da lui lanciata contro Obama (infatti...). Ancora quattro mesi fa, Fini aveva il vento in poppa, poi Ferrara pericolosamente gli si avvicinò e gli fece financo dei complimenti: non se n’è più riavuto, pover’uomo. Ultimamente, guardandosi intorno in cerca della prossima preda, non ha visto che una distesa di cadaveri. Poi, in lontananza, ha scorto un solo uomo, diciamo un ometto, ancora in vita: lei, Cavaliere. E le si è avventato contro per completare l’opera. Ora le dà consigli, le scrive discorsi, le fa interviste decidendo le domande e le risposte (le ha fatto persino dire “sono un peccatore”: ma come si permette?), monologa al Tg1 grazie alla momentanea assenza di giornalisti (infatti c’era la Petruni) e ora le organizza pure una strana manifestazione al Teatro Dal Verme (e dove, se no?), con mutande appese e testimonial del calibro di Ostellino e Sallusti (lo zio Tibia, quello che si crede Giovanni Rana e va in tv a conversare del più e del meno con Cavour e Garibaldi). Il tutto per difendere i bungabunga “contro i puritani”: lui che fino all’altroieri la menava con il Family Day e voleva addirittura obbligare le donne sterili a impiantarsi embrioni malati nell’utero. Ecco, Cavaliere, non le viene il dubbio che Ferrara sia l’arma letale che le sganciano addosso i suoi nemici interni? Si guardi allo specchio, signor Presidente: fino a qualche settimana fa lei sguazzava nella discoteca del bungabunga con trenta-quaranta supergnocche da urlo e ora si aggira mesto fra un Ferrara, un Sallusti, un Signorini e un Brachino (c’era pure Brachino, abbiamo letto, all’ultimo vertice di Arcore: ma si rende conto, Brachino?). Noi che ormai la capiamo al volo, abbiamo colto il significato profondo di quella sua frase, l’altro giorno: “Fosse per me, andrei per il mondo a fondare ospedali”. Era un estremo, disperato tentativo di liberarsi della morsa di questi parassiti e saprofiti che le succhiano gli ultimi umori vitali. Se ne stanno lì come i secondi della boxe, appollaiati all’angolo a dare buoni consigli, mentre lei sul ring prende botte da orbi sempre più suonato e rintronato: “Vai Silvio che sei il migliore!”, “Avanti così che è fatta!”, “Ancora un destro e hai la vittoria in pugno!”. Lo sanno benissimo che, se lei molla, devono trovarsi un lavoro, o un altro padrone. Dia retta a noi, li mandi a lavorare e se ne vada per il mondo a fondare ospedali. Così magari, finalmente, la ricoverano.
fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
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Caro Cavaliere, siamo sempre noi: quelli che le han sempre detto tutto in faccia, mai dietro le spalle. Gli unici di cui può fidarsi. Dia retta: lasci perdere Giuliano Ferrara. Col suo bacio della morte, ne ha fatti secchi più lui che il colera. Ricorda il Pci? Ferrara c’era, sappiamo com’è finito. Ricorda Craxi? Ferrara c’era, sappiamo com’è finito. Ricorda il primo governo Berlusconi? Lui c’era, ministro dei Rapporti col Parlamento e portavoce: sappiamo com’è finito, dopo sette mesi appena. Ricorda le elezioni al Mugello? Lui c’era: sappiamo com’è finita, centrodestra al 16% e Di Pietro in trionfo. Ricorda la guerra in Iraq? Lui c’era, anzi era più bushiano di Bush, tant’è che le truppe angloamericane entrarono in Baghdad a bordo di Giuliano Ferrara: sappiamo com’è finita, una ritirata che Caporetto al confronto fu una marcia trionfale. Ricorda la lista No Aborto? Ferrara c’era: sappiamo com’è finita, più uova in faccia che voti. Non le rammento le percentuali d’ascolto da albumina dei programmi tv di Ferrara e i bilanci comatosi del Foglio, che ha più giornalisti che lettori, perché temo che lei li conosca meglio di me. Fra le grandi catastrofi del Novecento, Ferrara ha mancato soltanto il terremoto di Messina e l’ultimo viaggio del Titanic, ma non per cattiva volontà: perché non era ancora nato. Per ulteriori informazioni rivolgersi alle ultime vittime dei suoi mortiferi effluvi: D’Alema, da lui sostenuto per il Quirinale (fu eletto Napolitano); Rutelli, da lui appoggiato per il Campidoglio (vinse Alemanno); Veltroni, da lui elogiato per il dialogo con lei (e ora disperso); Sarah Palin, da lui lanciata contro Obama (infatti...). Ancora quattro mesi fa, Fini aveva il vento in poppa, poi Ferrara pericolosamente gli si avvicinò e gli fece financo dei complimenti: non se n’è più riavuto, pover’uomo. Ultimamente, guardandosi intorno in cerca della prossima preda, non ha visto che una distesa di cadaveri. Poi, in lontananza, ha scorto un solo uomo, diciamo un ometto, ancora in vita: lei, Cavaliere. E le si è avventato contro per completare l’opera. Ora le dà consigli, le scrive discorsi, le fa interviste decidendo le domande e le risposte (le ha fatto persino dire “sono un peccatore”: ma come si permette?), monologa al Tg1 grazie alla momentanea assenza di giornalisti (infatti c’era la Petruni) e ora le organizza pure una strana manifestazione al Teatro Dal Verme (e dove, se no?), con mutande appese e testimonial del calibro di Ostellino e Sallusti (lo zio Tibia, quello che si crede Giovanni Rana e va in tv a conversare del più e del meno con Cavour e Garibaldi). Il tutto per difendere i bungabunga “contro i puritani”: lui che fino all’altroieri la menava con il Family Day e voleva addirittura obbligare le donne sterili a impiantarsi embrioni malati nell’utero. Ecco, Cavaliere, non le viene il dubbio che Ferrara sia l’arma letale che le sganciano addosso i suoi nemici interni? Si guardi allo specchio, signor Presidente: fino a qualche settimana fa lei sguazzava nella discoteca del bungabunga con trenta-quaranta supergnocche da urlo e ora si aggira mesto fra un Ferrara, un Sallusti, un Signorini e un Brachino (c’era pure Brachino, abbiamo letto, all’ultimo vertice di Arcore: ma si rende conto, Brachino?). Noi che ormai la capiamo al volo, abbiamo colto il significato profondo di quella sua frase, l’altro giorno: “Fosse per me, andrei per il mondo a fondare ospedali”. Era un estremo, disperato tentativo di liberarsi della morsa di questi parassiti e saprofiti che le succhiano gli ultimi umori vitali. Se ne stanno lì come i secondi della boxe, appollaiati all’angolo a dare buoni consigli, mentre lei sul ring prende botte da orbi sempre più suonato e rintronato: “Vai Silvio che sei il migliore!”, “Avanti così che è fatta!”, “Ancora un destro e hai la vittoria in pugno!”. Lo sanno benissimo che, se lei molla, devono trovarsi un lavoro, o un altro padrone. Dia retta a noi, li mandi a lavorare e se ne vada per il mondo a fondare ospedali. Così magari, finalmente, la ricoverano.
fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
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