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venerdì 28 gennaio 2011
FARNESINA D’EGITTO -Frattini peggio di Bondi di Marco Bascetta
A giudicare dalla sollecitudine della Farnesina, le tracce caraibiche della famiglia Tulliani e la resa dei conti col presidente della camera Gianfranco Fini sono al centro delle preoccupazioni della diplomazia italiana. Ma non abbastanza, purtroppo, da distogliere il pupazzo che la guida dall’esprimere la speranza del governo italiano che «il presidente Mubarak possa continuare a governare l’Egitto con la saggezza con cui lo ha sempre fatto». E questo a poche settimane dalla solidarietà incondizionata manifestata dalla Farnesina al regime tunisino che andava disseminando di cadaveri le strade e le piazze del paese.
Il pregiatissimo alleato, coraggioso baluardo contro il terrorismo, è oggi esule in Arabia Saudita, oggetto di un mandato d’arresto internazionale e correntista congelato nelle banche svizzere in cui custodiva le ricchezze sottratte al suo paese. Mubarak appare meno traballante, ma non è escluso che, per mantenere la continuità del suo regno o della sua dinastia, sia sospinto ad accantonare la celebrata «saggezza» e a esercitare una repressione indigeribile per l’opinione pubblica mondiale.
Non si può certo chiedere a un governo che considera Putin un campione della democrazia e i lager libici una soluzione adeguata al problema dell’immigrazione, di mantenere una qualche prudenza nell’osannare questa o quella corrotta tirannia. Tuttavia, quando diventa chiaro
che un regime ha le ore contate, il cinico principio della diplomazia secondo il quale, piaccia o non piaccia, bisognerà poi «trattare con il sopravvissuto» dovrebbe essere tenuto in seria considerazione.
Formulazioni del genere «guardiamo con estrema preoccupazione all’evolversi della situazione, etc. etc.» sono in fondo alla portata anche dell’intelletto di un maestro di sci (con tutto il rispetto per la categoria quando si attiene alle sue competenze). Almeno fino a quando lo zelo ideologico o l’incomprensione e la paura dell’enorme sommovimento che sta investendo la sponda africana del Mediterraneo non arrivano al punto di far perdere la testa. In un paese che ha così scarsa cognizione del mondo da permettersi di minacciare il Brasile per strappargli un profugo degli anni di piombo e di distribuire non richieste patenti di merito democratico a governi come quello algerino, egiziano e perfino al moribondo regime di Ben Ali.
A cotanta politica estera corrisponde la Grande Politica dell’opposizione, che indifferente e silenziosa riguardo alle gravissime esternazioni della Farnesina, abbandona indignata l’aula parlamentare di fronte al grande intrigo internazionale che collega l’isola di Santa Lucia con Montecarlo e piazza Montecitorio. Non necessita una straordinaria lungimiranza per capire che quanto sta accadendo sulle rive meridionali del Mediterraneo avrà per l’Italia una importanza decisamente superiore alle possibili dimissioni del Presidente della camera. Le relazioni pericolose e le parole incaute potrebbero presto costarci molto care.
Forse sarebbe stato più sensato presentare una mozione di sfiducia nei confronti di un ministro degli esteri che si schiera indecentemente dalla parte di un massacratore, fra l’altro evidentemente finito, che non nei confronti di un poveretto, alla testa di un ministero che in Italia ha sempre contato meno di niente, come Sandro Bondi. Rimasto, del resto, in sella con una maggioranza più che discreta. Non è stata una grande trovata, né i suoi esiti una migliore figura.
Fonte articolo 'IL Manifesto'
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Clouseau alla Farnesina di Marco Travaglio
Il pregiatissimo alleato, coraggioso baluardo contro il terrorismo, è oggi esule in Arabia Saudita, oggetto di un mandato d’arresto internazionale e correntista congelato nelle banche svizzere in cui custodiva le ricchezze sottratte al suo paese. Mubarak appare meno traballante, ma non è escluso che, per mantenere la continuità del suo regno o della sua dinastia, sia sospinto ad accantonare la celebrata «saggezza» e a esercitare una repressione indigeribile per l’opinione pubblica mondiale.
Non si può certo chiedere a un governo che considera Putin un campione della democrazia e i lager libici una soluzione adeguata al problema dell’immigrazione, di mantenere una qualche prudenza nell’osannare questa o quella corrotta tirannia. Tuttavia, quando diventa chiaro
che un regime ha le ore contate, il cinico principio della diplomazia secondo il quale, piaccia o non piaccia, bisognerà poi «trattare con il sopravvissuto» dovrebbe essere tenuto in seria considerazione.
Formulazioni del genere «guardiamo con estrema preoccupazione all’evolversi della situazione, etc. etc.» sono in fondo alla portata anche dell’intelletto di un maestro di sci (con tutto il rispetto per la categoria quando si attiene alle sue competenze). Almeno fino a quando lo zelo ideologico o l’incomprensione e la paura dell’enorme sommovimento che sta investendo la sponda africana del Mediterraneo non arrivano al punto di far perdere la testa. In un paese che ha così scarsa cognizione del mondo da permettersi di minacciare il Brasile per strappargli un profugo degli anni di piombo e di distribuire non richieste patenti di merito democratico a governi come quello algerino, egiziano e perfino al moribondo regime di Ben Ali.
A cotanta politica estera corrisponde la Grande Politica dell’opposizione, che indifferente e silenziosa riguardo alle gravissime esternazioni della Farnesina, abbandona indignata l’aula parlamentare di fronte al grande intrigo internazionale che collega l’isola di Santa Lucia con Montecarlo e piazza Montecitorio. Non necessita una straordinaria lungimiranza per capire che quanto sta accadendo sulle rive meridionali del Mediterraneo avrà per l’Italia una importanza decisamente superiore alle possibili dimissioni del Presidente della camera. Le relazioni pericolose e le parole incaute potrebbero presto costarci molto care.
Forse sarebbe stato più sensato presentare una mozione di sfiducia nei confronti di un ministro degli esteri che si schiera indecentemente dalla parte di un massacratore, fra l’altro evidentemente finito, che non nei confronti di un poveretto, alla testa di un ministero che in Italia ha sempre contato meno di niente, come Sandro Bondi. Rimasto, del resto, in sella con una maggioranza più che discreta. Non è stata una grande trovata, né i suoi esiti una migliore figura.
Fonte articolo 'IL Manifesto'
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