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venerdì 17 dicembre 2010
Ferrara nervoso, buon segno di Marco Travaglio
Barbara Spinelli ha scritto su Repubblica un commento di esemplare lucidità sulla vittoria di Pirro berlusconiana del 14 dicembre. Colpa delle opposizioni che “hanno interiorizzato l’accusa di tradimento e non se la sono sentita di dar vita, guardando lontano, a un’alleanza parlamentare diversa” e “hanno ignorato l’art. 67 della Costituzione: ogni deputato è libero da vincoli di mandato”. Insomma han seguitato a parlare e pensare col vocabolario e la grammatica berlusconiani, gli unici luoghi dove si demonizza il concetto di “ribaltone”, da sempre consentito da ogni Costituzione democratica. E così, anziché pensare a un “Comitato di liberazione nazionale” dal Caimano, non han saputo proporre un’alternativa credibile: l’unica che, alle elezioni, può risparmiarci il ritorno dei morti viventi (il quarto). A ciò si aggiunge “il mese in più concesso da Napolitano”, usato da B. per “compravendite che prefigurano reati, mentre le opposizioni l’hanno sprecato senza neanche denunciare i reati (escluso Di Pietro)”, immemori della lezione di Machiavelli: i nemici vanno “o vezzeggiati o spenti”. Ma spenti subito, la notte stessa, non un mese dopo averli avvertiti. L’articolo ha mandato in bestia il più ringhioso custode della cassaforte berlusconiana, da cui attinge a piene mani e piena panza da vent’anni: Giuliano Ferrara. Che ieri, sul Foglio, s’è scagliato contro la Spinelli (“Il delirio di Barbara”) con una violenza pari solo alla colata di piombo usata per farlo. L’articolo ferraresco è interessante non tanto per la diffusione (Il Foglio è ufficialmente in clandestinità), quanto per il nervosismo che denota: nella Banda B si teme che la Spinelli, a furia di insistere, venga ascoltata. La miglior prova che ha visto giusto. Ferrara definisce la Spinelli “ribaltonista e inconsapevolmente golpista” perché auspica di “sfiduciare B. con ogni mezzo possibile”: ciò che auspicano tutte le opposizioni del mondo. Non contenta, la golpista Spinelli invoca “una norma legislativa che impedisca a B. di ripresentarsi”: ma quella norma esiste già, la legge 361/1957, che dichiara ineleggibili i concessionari pubblici qual è B. (per giunta abusivo per Rete4), ma è stata sempre calpestata. Secondo Ferrara, poi, il mese in più concesso da Napolitano a Mediashopping sarebbe giustificato dall’urgenza di “approvare la legge di stabilità in un clima da bancarotta degli stati”: in realtà si poteva benissimo sfiduciare il governo a novembre, quando fu annunciata la mozione di sfiducia, aggiungendole un codicillo con la garanzia che la manovra sarebbe stata approvata comunque. Infine Ferrara sostiene, con grave sprezzo del ridicolo, che chi teme una vittoria elettorale di B. dimostra come il suo padrone conservi “il dominio pieno e incontrollato sulla coscienza civile diffusa della maggioranza effettiva degli italiani” a dispetto della “nota lobby” degli “italiani di minoranza”. Questo signore non conosce nemmeno i fondamentali dell’aritmetica: un conto sono i numeri in Parlamento, dopati dal mega-premio di maggioranza garantito alla coalizione che arrivi prima e superi il 35% dei voti; un altro sono i numeri del Paese, dove mai B. ha ottenuto il 51% dei voti, nemmeno nel 2001 all’apice della popolarità. Nel 2008 il Pdl, con dentro i finiani, prese il 37,4% dei voti validi (circa il 60% degli aventi diritto), cioè poco più del 20% degli italiani maggiorenni. Meno del 30, sommando pure la Lega. E, anche tra i voti validi, quelli andati alle opposizioni (Pd, Idv, Udc, sinistre varie), furono molti più di quelli raccolti da Pdl più Lega. Che però andarono al governo a causa della divisione delle opposizioni. Un motivo in più per dare ascolto alla Spinelli evitando di ripetere gli errori del passato. E per terrorizzare i servi di B. che, da una vita, su quegli errori campano. E ingrassano.
fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
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