Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)

La tua opinione é importante, esprimila, lascia un commento ai post.

Prego gentilmente tutti quelli che postano la loro opinione scegliendo l'opzione 'Anonimo' di blogger di firmare il proprio commento. grazie. ros

Clicca per tornare nella Home

Clicca per tornare nella Home
di 'Per quel che mi riguarda'

giovedì 16 dicembre 2010

Ce n'est pas Fini di Marco Travaglio

(vignetta Mauro Biani)
Per come viene descritto da chi lo conosce bene, è prevedibile che la legnata subìta l’altroieri sprofonderà per qualche tempo Gianfranco Fini nella più cupa depressione. Un po’ come dopo la sconfitta del Polo delle libertà nel '96 e vieppiù dopo il fallimento dell’operazione gollista dell’Elefantino, in tandem con Mariotto Segni, alle elezioni europee del '99. Ora è immaginabile che la tentazione di abbattersi sia ancora più forte, visto che in questi mesi Fini s’è giocato tutto: la faccia, la reputazione, la carriera politica, persino la famiglia. La scena del presidente della Camera che esce da Montecitorio sotto le forche caudine degli insulti e dei lazzi dei berluscones va in quella direzione. Ma oggi non è tempo di depressione. Futuro e Libertà – lo dimostrano i sondaggi e i bagni di folla a Mirabello e Bastia Umbra – non è un’operazione di palazzo, una scissione a freddo, ma un approdo condiviso e sostenuto da qualche milione di italiani di centrodestra sfiniti e disgustati da 16 anni di berlusconismo, ma anche da molti moderati costretti a votare a sinistra turandosi il naso. Non sarà certo la vittoria di Pirro del piccolo corruttore, passato in pochi mesi dalla maggioranza più oceanica della storia repubblicana a un misero +3 (per giunta grazie a mostri di coerenza come Razzi, Scilipoti, Cesario, Calearo, Moffa, Siliquini e Polidori), a spegnere quelle speranze. Anzi il martedì nero potrebbe trasformarsi, col tempo, in una bella giornata. La conta del 14 dicembre ha ripulito le truppe finiane, scremando gli uomini dai quaquaraquà: chi aveva un prezzo, l’ha capitalizzato passando alla cassa. Chi non s’è lasciato tentare dai martinpescatori berlusconiani nel momento del suo massimo valore monetario, è prevedibile che non tradirà più quando le offerte saranno inevitabilmente più basse. Il tempo, anche per ragioni anagrafiche, lavora per Fini. Il quale, dopo molti traccheggiamenti ed errori, ha comunque compiuto il gesto politico più coraggioso che si ricordi nella politica italiana dal 1994, paragonabile solo a quello di Bossi & C. quando rovesciarono il primo governo B. (altri tempi, altra Lega). E sappiamo bene quanto costa uscire dal recinto del regime e quanto conviene restarci dentro. Senza i finiani, sarebbero passate leggi oscene come il “processo breve” e il bavaglio sulle intercettazioni. Ora qualcuno – non solo i berluscones doc e gli avventizi tipo Moffa, ma anche Repubblica – invoca le sue dimissioni da presidente della Camera. Si dice che dovrebbe andarsene perché ha perso la partita con B. (ma che c’entra?), o perché non è più super partes (ma quando mai la sua presidenza ha dato motivo di ritenerlo?), o perché ora è passato ufficialmente all’opposizione (ma quante volte il presidente della Camera è stato un esponente della minoranza?), o semplicemente (come scrive Ezio Mauro) “per fare liberamente la sua battaglia politica decisiva... dal centro”. Tutte opinioni legittime, ci mancherebbe. Noi però pensiamo che è meglio se Fini resta al suo posto. Con l’immonda compravendita dei deputati e le strane infiltrazioni di black-bloc fra i manifestanti, il regime ha gettato l’ultima maschera, rivelandosi più che mai pericoloso ed eversivo. Mai come ora c’è bisogno di una qualche sentinella nelle istituzioni, tanto più vista l’afasia che, per scrupoli istituzionali forse eccessivi, sembra aver colto il capo dello Stato nei giorni di vergogna. Il presidente del Senato sappiamo chi è. Rai e Mediaset sappiamo in che mani sono: le stesse che controllano le forze dell’ordine e i servizi segreti. La Corte costituzionale s’è messa in ferie in attesa di tempi migliori. Il neopresidente della Consob, l’ex viceministro Giuseppe Vegas, appena nominato dal governo, fa onore all’“indipendenza” delle authority restando deputato per votare la fiducia al governo che l’ha nominato. E in questo ammasso di macerie dovrebbe dimettersi Fini? Che cos’è, uno scherzo?

Fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'

condividi il post su

1 commento:

  1. Sono d'accordo! Fini ha osato ciò che gli Italiani non sanno più fare: pensare con il proprio cervello con il coraggio di palesarlo. Chiaro è che doveva perdere,visto che in stato di "regime" vale la legge del più forte (economicamente parlando) e Berlusconi ha una illimitata capacità finanziaria. Possiamo adesso sperare che al "bassissimo profilo morale" degli italiani tutti si possa contrapporre un qualche occulto potere mondiale che si è stancato dell'arroganza di Berlusconi!!!

    RispondiElimina