Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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venerdì 10 dicembre 2010
ALEMANNO- Amici, camerati, parenti, compari di Sandro Medici
(vignetta bandanax)
Si va dicendo che il sindaco Alemanno sia un provetto scalatore. Egli stesso, appena si presenta un’occasione, se ne vanta con orgoglio, automagnificando la sua abilità labirintico-muscolare. Non possiamo che riconoscerglielo. Lo sforzo che sta producendo per arrampicarsi (vanamente) sulle vetrate del Campidoglio, negando le sue responsabilità a proposito delle quasi duemila assunzioni clientelari nelle aziende municipalizzate, è davvero eroico. Soprattutto dopo che ha perduto chi gli guardava le spalle, il suo caposcorta Giorgio Marinelli, che l’altro ieri si è coraggiosamente congedato.
«È ritornato in polizia in via precauzionale – ha detto il sindaco – per evitare speculazioni politiche». Dove le «speculazioni» sono i suoi due figli generosamente assunti, uno all’azienda trasporti (Atac) e l’altra all’azienda ambientale (Ama).
E i figli di Marinelli sono solo due dei quasi duemila che sono andati a ingrossare le fila delle municipalizzate comunali,
all’indomani dell’insediamento della giunta Alemanno e fino a queste ultime settimane. Si tratta di un campionario clientelare davvero ragguardevole, una galleria di figure di risulta e di complemento tanto sfacciata quanto arrogante. L’intera platea politica della destra romana, a tutti i livelli della scala gerarchica, ne ha beneficiato.
Oltre a figli e figlie, c’è la gamma completa delle relazioni familiari, cognati, cugini, nuore e generi compresi, oltre a mariti, mogli, fidanzati, fidanzate, e svariati ex; una quota significativa è poi composta da segretari, assistenti e collaboratori (tra cui una cubista, anzi hostess): di parlamentari, assessori,
consiglieri, presidenti di municipio, dirigenti e funzionari; emergono anche congiunti di sindacalisti, ovviamente connotati a destra; e non manca qualche ex squadrista e c’è perfino unm assone della P2.
L’ampiezza dello scandalo fa impallidire qualsiasi ricordo di passate gestioni. Le amministrazioni democristiane, socialdemocratiche o socialiste del secolo scorso, anche nei decenni ruggenti, al confronto appaiono dilettanti.
La sensazione che affiora da questa storia è di profondo avvilimento. Siamo di fronte a un potere politico che diventa agenzia di collocamento per i proprio sodali, amici-camerati-parenti-compari. Con un’ingordigia straripante, insaziabile, famelica. Da dove origini tanta furia sta forse nell’istintivo impulso di accaparramento di una classe politica culturalmente mediocre e priva di qualsiasi remora etica. Che è un po’ il tratto distintivo della destra romana, e non da ora.
Una destra accresciuta in una rabbiosa marginalità, da cui non è mai riuscita a emanciparsi: neanche dopo aver vinto le elezioni comunali nell’aprile del 2008 e dunque chiamata a imprimere un cambiamento politico in una città che per quindici anni l’aveva esclusa e respinta. Una prova cruciale per Alemanno e i suoi: fallita rovinosamente.
E non soltanto per questa oscena vicenda clientelare, ma anche (forse soprattutto) per tutti il resto, per l’incapacità ormai conclamata di gestire un’area metropolitana tanto suggestiva quanto complessa, di collaudare un modello di governo territoriale dignitoso.
E non saranno i tanti annunci strombazzati, dalla Formula uno alla demolizione di Tor Bella Monaca, ad attenuare il giudizio politico negativo sulla destra in Campidoglio; anzi, rischiano di aggravarlo.
L’impressione è che siamo già al precoce crepuscolo di una esperienza nata sugli errori altrui, più che per meriti propri. Una stagione politica che forse sarebbe bene si estinguesse rapidamente per non danneggiare ulteriormente una città già abbondantemente provata, oltre che indignata dal clientelismo montante di chi l’amministra in modo malsano e indecente.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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Il marcio su Roma di Alessandro Robecchi
Si va dicendo che il sindaco Alemanno sia un provetto scalatore. Egli stesso, appena si presenta un’occasione, se ne vanta con orgoglio, automagnificando la sua abilità labirintico-muscolare. Non possiamo che riconoscerglielo. Lo sforzo che sta producendo per arrampicarsi (vanamente) sulle vetrate del Campidoglio, negando le sue responsabilità a proposito delle quasi duemila assunzioni clientelari nelle aziende municipalizzate, è davvero eroico. Soprattutto dopo che ha perduto chi gli guardava le spalle, il suo caposcorta Giorgio Marinelli, che l’altro ieri si è coraggiosamente congedato.
«È ritornato in polizia in via precauzionale – ha detto il sindaco – per evitare speculazioni politiche». Dove le «speculazioni» sono i suoi due figli generosamente assunti, uno all’azienda trasporti (Atac) e l’altra all’azienda ambientale (Ama).
E i figli di Marinelli sono solo due dei quasi duemila che sono andati a ingrossare le fila delle municipalizzate comunali,
all’indomani dell’insediamento della giunta Alemanno e fino a queste ultime settimane. Si tratta di un campionario clientelare davvero ragguardevole, una galleria di figure di risulta e di complemento tanto sfacciata quanto arrogante. L’intera platea politica della destra romana, a tutti i livelli della scala gerarchica, ne ha beneficiato.
Oltre a figli e figlie, c’è la gamma completa delle relazioni familiari, cognati, cugini, nuore e generi compresi, oltre a mariti, mogli, fidanzati, fidanzate, e svariati ex; una quota significativa è poi composta da segretari, assistenti e collaboratori (tra cui una cubista, anzi hostess): di parlamentari, assessori,
consiglieri, presidenti di municipio, dirigenti e funzionari; emergono anche congiunti di sindacalisti, ovviamente connotati a destra; e non manca qualche ex squadrista e c’è perfino unm assone della P2.
L’ampiezza dello scandalo fa impallidire qualsiasi ricordo di passate gestioni. Le amministrazioni democristiane, socialdemocratiche o socialiste del secolo scorso, anche nei decenni ruggenti, al confronto appaiono dilettanti.
La sensazione che affiora da questa storia è di profondo avvilimento. Siamo di fronte a un potere politico che diventa agenzia di collocamento per i proprio sodali, amici-camerati-parenti-compari. Con un’ingordigia straripante, insaziabile, famelica. Da dove origini tanta furia sta forse nell’istintivo impulso di accaparramento di una classe politica culturalmente mediocre e priva di qualsiasi remora etica. Che è un po’ il tratto distintivo della destra romana, e non da ora.
Una destra accresciuta in una rabbiosa marginalità, da cui non è mai riuscita a emanciparsi: neanche dopo aver vinto le elezioni comunali nell’aprile del 2008 e dunque chiamata a imprimere un cambiamento politico in una città che per quindici anni l’aveva esclusa e respinta. Una prova cruciale per Alemanno e i suoi: fallita rovinosamente.
E non soltanto per questa oscena vicenda clientelare, ma anche (forse soprattutto) per tutti il resto, per l’incapacità ormai conclamata di gestire un’area metropolitana tanto suggestiva quanto complessa, di collaudare un modello di governo territoriale dignitoso.
E non saranno i tanti annunci strombazzati, dalla Formula uno alla demolizione di Tor Bella Monaca, ad attenuare il giudizio politico negativo sulla destra in Campidoglio; anzi, rischiano di aggravarlo.
L’impressione è che siamo già al precoce crepuscolo di una esperienza nata sugli errori altrui, più che per meriti propri. Una stagione politica che forse sarebbe bene si estinguesse rapidamente per non danneggiare ulteriormente una città già abbondantemente provata, oltre che indignata dal clientelismo montante di chi l’amministra in modo malsano e indecente.
Fonte articolo 'Il Manifesto'
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