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di 'Per quel che mi riguarda'

sabato 16 ottobre 2010

L'importanza di partecipare alla manifestazione della FIOM di Guido Paniccia

La precedente nota serba chiara all'interno un discorso viscerale, sanguigno, molto di parte è piuttosto evidente. Tutto e forse troppo permeato di emotività, fazioso quasi, teso allo schierarsi, a ragione secondo me, perché si è nel giusto. Chi si oppone a ciò, afferma con una certa sicumera illuminante però, che è in gioco anche altro; gli effetti della globalizzazione costringe a pensare categorie più complesse, rivedere parametri sino ad ora universali. Si dovrebbe affrontare il discorso con consapevolezza ed un certo coraggio, mettere in discussione antiche certezze, ora quasi vetuste ed obsolete, in nome della competitività globale, sul modello delle economie emergenti viste come i nuovi baluardi dell'economia mondiale. Affermando questo poi, il messaggio che Confindustria e Federmeccanica {scavalcata insolentemente dalla FIAT giova ricordarlo nella vicenda Pomigliano} ci consegnano è quello un po' stantio degli ultimi tempi, secondo il quale è necessario lavorare di più, aumentare la produttività così risolvendo d'incanto tutte le problematiche industriali del bel paese. Che poi equivale a dire che gli operai italiani sono un tantino sfaticati, quando non fannulloni. Paolo Mieli, persona colta ed equilibrata alquanto, commentando gli avvenimenti ha affermato con un certo professionale distacco, che d'ora in avanti non si tornerà più indietro. Il professor Giuliano Amato, politico di lungo corso, ha ricordato come secondo lui, Marchionne e la FIAT vorrebbero portare gli operai italiani a lavorare come i tedeschi, e non come lavorano i cinesi, secondo le paure espresse dalle maestranze di Pomigliano e Termini Imerese. Il che magari sarà anche vero, ma non si può omettere dal ragionamento che in Germania ad esempio, un operaio guadagna molto di più rispetto ad un suo omologo italiano. Ma non solo, il potere d'acquisto qui da noi ha perduto molta capacità negli ultimi anni rispetto agli altri paesi d'Europa. Ammesso che le ragioni portate da questa corrente di pensiero fosse universalmente valide, ci si dimentica però di quella variabile del processo produttivo che risponde alla persona, a colui che in fabbrica ci vive, ed a volte ci muore pure. In questi giorni si fa un gran parlare di tutto, anche ad un livello altamente specialistico rispetto alla materia lavoro, con argomenti che possono anche far vacillare, tanto la loro analisi si rivela apparentemente conoscitiva e precisa, ma non in molti accennano a porre al centro del problema la vita, intesa come qualità dei lavoratori. Credo sia sconfortante. Così come sconfortante è la posizione assunta dalle altre confederazioni sindacali, la CISL innanzitutto che, per bocca del suo segretario Raffaele Bonanni, incita Corso Marconi ad non piegarsi al ricatto della FIOM {?!?}. Credo che dichiarazioni di questo tipo non predispongono animi già agitati, alla tranquilla analisi del momento difficile, e diventa quasi fisiologico la reazione dure ed incentrata sulla contestazione aperta. Nel caso specifico, attraverso lanci di uova e manifestazioni rumorose [e fumose], ma mai particolarmente violente, tali quelle che erano solite praticare le squadracce fasciste evocate da Bonanni, che evidentemente ha praticato lo sport preferito da certi italiani dell'ultima ora, di farla fuori del vaso. Non una parola sulla perdita di competitività da parte delle aziende italiane, che metta al centro altre cause scatenanti, come non aver investito risorse nel campo della ricerca., ad esempio. Ora senza dilungarci troppo in argomenti che bisognerebbe conoscere a fondo dal punto di vista economico, viene più di un sospetto sulle reali intenzioni della maggiore industria italiana, che pretende di far firmare un accordo al 95% della classe lavoratrice di Pomigliano, salvo poi non discutere con una parte dei soggetti in causa, del piano industriale. Prendere o lasciare e per di più, a scatola rigidamente chiusa. Penso non sia necessario essere un economista per capire che discorsi di questo tipo sono molto pericolosi ed infidi al contempo, ma non solo per chi lavora in FIAT, ma per tutti i lavoratori di questo paese, nonché per coloro, e sono pure tanti che il lavoro lo hanno perso. È passata un po' in sordina la notizia ad esempio che, nell'Ateneo di Bologna ai ricercatori che minacciavano di bloccare l'attività didattica per protestare contro la mannaia gelminiana, sia stata paventata l'assunzione del metodo Marchionne [si parla già di metodo!], rimpiazzando di sana pianta i rivoltosi con forza lavoro maggiormente disperata, e quindi facilmente plasmabile alla nuova tendenza dell'efficientismo di quest'Italia berlusconizzata nella testa ed ahimé ho paura, anche nel cuore!

Ribadisco pertanto l'importanza di dare un segnale forte, partecipando in massa alla manifestazione di sabato 16 Ottobre a Roma.

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