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di 'Per quel che mi riguarda'

domenica 12 settembre 2010

La solitudine dei numeri premier di Marco Travaglio

Prosegue il complotto del mondo intero contro il piccolo B. Tre giorni fa, mentre lui volava a Mosca per denunciare al “Forum internazionale della democrazia” (un ossimoro, vista la presenza sua e dell’amico Putin, “un dono del Signore”) la persecuzione giudiziaria ai suoi danni, a Parigi la Brigade Financière dava una plastica dimostrazione di cos’è una democrazia: i suoi agenti irrompevano nella sede dell’Ump, il partito del presidente Nicolas Sarkozy, per perquisirla su richiesta della Procura di Nanterre che indaga su presunti finanziamenti illeciti alla campagna presidenziale del 2007. La Guardia di finanza transalpina cercava l’originale di una lettera inviata da Eric Woerth (all’epoca tesoriere dell’Ump, oggi ministro del Lavoro) all’allora ministro dell’Interno e candidato presidente Sarkozy, per sollecitare il conferimento della Legion d’Onore a Patrice de Maistre, gestore dei beni della miliardaria Liliane Bettencourt, erede dell’immensa fortuna L’Oréal, secondo patrimonio di tutta la Francia. La lettera è datata 12 marzo 2007. Subito dopo la Bettencourt – come ha raccontato la sua ex contabile, prima di ritrattare tutto – consegna a De Maistre una busta di 50 mila euro per finanziare la campagna di Sarkozy (prima tranche di un finanziamento complessivo di 150 mila euro di fondi neri). Il quale a maggio viene eletto capo dello Stato e nomina Woerth ministro del Bilancio nel nuovo governo Fillon. A luglio assegna la Legion d’Onore a De Maistre. A novembre la moglie di Woerth viene assunta da De Maistre per gestire il patrimonio Bettencourt. A gennaio 2008 Woerth appunta la prestigiosa onorificenza sulla giacca di De Maistre. Intanto il governo chiude un occhio sulle enormi frodi fiscali (fondi neri nascosti su due conti in Svizzera) della Bettencourt, che coi soldi evasi avrebbe acquistato dai discendenti dello scià di Persia l’isola di Arros, alle Seychelles, per 19 milioni di dollari. Ci vuol poco a ipotizzare che l’ereditiera abbia finanziato Sarkozy in cambio della Legion d’Onore a De Maistre e dell’indulgenza ministeriale sulle sue evasioni. Woerth nega per mesi di aver mai scritto quella lettera, ma alla fine è costretto ad ammettere, anche perché ne è stata trovata una copia al ministero dell’Interno, cacciando nei guai Sarkozy. La polizia giudiziaria, cercando l’originale della missiva, proprio questo vuole verificare: se il futuro presidente la ricevette. Nel qual caso sarebbe complice di Woerth in due reati: finanziamento illecito e conflitto d’interessi (in Francia è proibito). Woerth, come ministro del Bilancio, avrebbe dovuto vigilare sulla fedeltà fiscale della famiglia Bettencourt: ma come poteva farlo, se aveva ricevuto soldi per Sarkozy e stava per piazzare la moglie in casa Bettencourt? Appena la Brigade Financière è entrata nella sede dell’Ump, i vertici del partito presidenziale le hanno consegnato tutta la corrispondenza. Nessuna protesta dell’Eliseo, nessuna polemica politica, nessun attacco alle toghe rosse che vogliono sovvertire il risultato delle elezioni, nessuna proposta di lodi o scudi per proteggere il ministro sotto inchiesta o il presidente sotto scacco. Strano: i lodi e gli scudi all’italiana in preparazione nel premiato laboratorio Berlusconi-Ghedini-Alfano vengono spacciati (anche dai finiani e dal Pompiere della Sera) per misure presenti in tutte le altre democrazie, addirittura copiate dal “modello francese”. Purtroppo da Parigi si apprende che in Francia solo il capo dello Stato ha diritto al congelamento dei suoi processi, sempreché i reati siano connessi alle sue funzioni (e non pare questo il caso), fino al termine del mandato; ma il premier Fillon e i suoi ministri sono cittadini come gli altri e possono essere processati e pure arrestati (per legge non devono essere parlamentari: niente immunità, nemmeno per le manette). Pertanto, gentili signori della banda del buco, le chiacchiere stanno a zero: il vostro “modello francese” in Francia non esiste. Inventatevi un’altra balla.


Fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'

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