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di 'Per quel che mi riguarda'

giovedì 9 settembre 2010

C’è Giuda e Giuda di Marco Travaglio

(vignetta bandanax)
Lo sanno tutti che ha ragione Angela Napoli quando non esclude che “con questa legge elettorale qualche senatrice o deputata si sia prostituita per il seggio”. Lo sanno soprattutto in Parlamento, dove il fenomeno della “mignottocrazia” (copyright di Paolo Guzzanti) è arcinoto. Anche Veronica parlò di “vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo e la notorietà. Ma per una strana alchimia il Paese tutto concede e tutto giustifica al suo imperatore”. Però l’ipocrisia generale impone che tutti si straccino le vesti, prendano le distanze, alzino il ditino e facciano la boccuccia a cul di gallina: signora mia, che brutte parole, moderiamo i termini, abbassiamo i toni! E siccome dalla tragedia alla farsa il passo è breve, è in arrivo la querela di alcune parlamentari che – chissà come mai – si sentono chiamate in causa. La prima gallina che canta è quella che ha fatto l’uovo. Guai a chiamare le cose con il loro nome. Solo il padrone d’Italia, che è anche il padrone delle parole, può usarle a suo uso e consumo, facendo comparire e sparire i fatti cambiando loro il nome. Prendiamo il “ribaltone”, evocato dal fido Minzolingua come il peggiore dei mali in cui sarebbe specializzata la sinistra italiana. In realtà di ribaltoni è maestro B. Che però è sempre stato abilissimo a chiamarli in un altro modo. Nel ’94 il suo primo governo non aveva la maggioranza al Senato, ma ottenne la fiducia grazie al salto della quaglia di Tremonti e Luigi Grillo, eletti con l’opposizione e compensati con una poltrona di ministro e una di sottosegretario. Poi, quando cadde, B. chiamò “ribaltone” il governo tecnico di Lamberto Dini, che aveva indicato lui e a cui aveva promesso la fiducia, salvo poi negargliela a sorpresa e accusarlo di esser diventato “comunista” solo perché gliel’avevano data gli altri (Lega e centrosinistra). Nel 1998, caduto Prodi, il ribaltone ci fu per davvero, quando D’Alema lo rimpiazzò con una nuova maggioranza: fuori Rifondazione, dentro un’infornata di voltagabbana che si facevan chiamare Udr al seguito del trio Cossiga-Mastella-Buttiglione. “Giuda!”, strillò il Cavaliere chiedendo elezioni subito per sanare il “tradimento della volontà popolare”. “Puttani!”, gridò Fini, citando un famoso titolo del “Roma” sui monarchici che avevano scaricato Achille Lauro per la Dc (“I sette puttani”). Micciché tuonò: “Saltimbanchi, truffatori, massoni, boiardi di Stato che strisciano come vermi”. Nel 2007 B, che si era già annesso l’ex dipietrista De Gregorio passato da sinistra a destra ma poi aveva strepitato contro il “tradimento” di Follini passato da destra a sinistra, tentò subito la spallata a Prodi al Senato: fu intercettato mentre chiedeva a Saccà di sistemare a Raifiction alcune squinzie, una delle quali “non è per me, ma per un senatore della sinistra con cui sto trattando”. Alla fine il senatore restò con l’Unione e Giancarlo Innocenzi, autorevole membro dell’Agcom, masticò amaro: “Forse se lo sono ricomprato”. Poi Prodi cadde lo stesso, grazie all’accordo segreto fra Berlusconi e Mastella, poi ricompensato con un bel seggio europeo (con immunità incorporata). Ma guai a parlare di ribaltone, tradimento, Giuda. Dipende: quando si fa inversione a U in direzione Arcore, è sempre per una sincera crisi di coscienza. E c’è persino chi è disposto a rispolverare la Costituzione che affida ai parlamentari la rappresentanza di tutto il popolo, “senza vincolo di mandato”. Ora ci risiamo: per rimpiazzare i finiani sulle nuove leggi vergogna, B. ha pronta una pattuglia di voltagabbana disposti, a suo dire, a passare dall’opposizione alla maggioranza. Uno è già acquisito, il famoso ex Pd Villari. Altri conta di incamerarli presto: Cuffaro, Lombardo e i suoi (ma sarà vero?), i diniani e una spruzzata di Union Valdôtaine e Südtiroler Volkspartei (pare che voglia comprarli parlando in tedesco). La cosa ha schifato lo stesso Bossi, che ha suggerito di “chiamarli col loro vero nome: ascari”. Ma B. li ha già ribattezzati “la mia legione straniera”, anzi meglio: “Gruppo di responsabilità nazionale”. Non è meraviglioso?


Fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'

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