(vignetta bandanax)

Lo sanno tutti che ha ragione
Angela Napoli quando non esclude che “
con questa legge elettorale qualche senatrice o deputata si sia prostituita per il seggio”. Lo sanno soprattutto in Parlamento, dove il fenomeno della “
mignottocrazia” (copyright di Paolo Guzzanti) è arcinoto. Anche
Veronica parlò di “
vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo e la notorietà. Ma per una strana alchimia il Paese tutto concede e tutto giustifica al suo imperatore”. Però l’ipocrisia generale impone che tutti si straccino le vesti, prendano le distanze, alzino il ditino e facciano la boccuccia a cul di gallina: signora mia, che brutte parole, moderiamo i termini, abbassiamo i toni! E siccome dalla tragedia alla farsa il passo è breve, è in arrivo la querela di alcune parlamentari che – chissà come mai – si sentono chiamate in causa. La prima gallina che canta è quella che ha fatto l’uovo. Guai a chiamare le cose con il loro nome. Solo
il padrone d’Italia, che è anche il padrone delle parole, può usarle a suo uso e consumo, facendo comparire e sparire i fatti cambiando loro il nome. Prendiamo il “ribaltone”, evocato dal fido Minzolingua come il peggiore dei mali in cui sarebbe specializzata la sinistra italiana. In realtà di ribaltoni è maestro B. Che però è sempre stato abilissimo a chiamarli in un altro modo. Nel ’94 il suo primo governo non aveva la maggioranza al Senato, ma ottenne la fiducia grazie al salto della quaglia di
Tremonti e
Luigi Grillo, eletti con l’opposizione e compensati con una poltrona di ministro e una di sottosegretario. Poi, quando cadde, B. chiamò “ribaltone” il governo tecnico di
Lamberto Dini, che aveva indicato lui e a cui aveva promesso la fiducia, salvo poi negargliela a sorpresa e accusarlo di esser diventato “comunista” solo perché gliel’avevano data gli altri (Lega e centrosinistra). Nel 1998, caduto
Prodi, il ribaltone ci fu per davvero, quando
D’Alema lo rimpiazzò con una nuova maggioranza: fuori Rifondazione, dentro un’infornata di voltagabbana che si facevan chiamare Udr al seguito del trio
Cossiga-Mastella-Buttiglione. “Giuda!”, strillò
il Cavaliere chiedendo elezioni subito per sanare il “
tradimento della volontà popolare”. “Puttani!”, gridò
Fini, citando un famoso titolo del “Roma” sui monarchici che avevano scaricato Achille Lauro per la Dc (“I sette puttani”).
Micciché tuonò: “Saltimbanchi, truffatori, massoni, boiardi di Stato che strisciano come vermi”.
Nel 2007 B, che si era già annesso l’ex dipietrista
De Gregorio passato da sinistra a destra ma poi aveva strepitato contro il “tradimento” di
Follini passato da destra a sinistra, tentò subito la spallata a
Prodi al Senato: fu intercettato mentre chiedeva a
Saccà di sistemare a Raifiction alcune squinzie, una delle quali “non è per me, ma per un senatore della sinistra con cui sto trattando”. Alla fine il senatore restò con l’Unione e
Giancarlo Innocenzi, autorevole membro dell’Agcom, masticò amaro: “Forse se lo sono ricomprato”. Poi
Prodi cadde lo stesso, grazie all’accordo segreto fra
Berlusconi e Mastella, poi ricompensato con un bel seggio europeo (con immunità incorporata). Ma guai a parlare di ribaltone, tradimento, Giuda. Dipende:
quando si fa inversione a U in direzione Arcore, è sempre per una sincera crisi di coscienza. E c’è persino chi è disposto a rispolverare la Costituzione che affida ai parlamentari la rappresentanza di tutto il popolo, “senza vincolo di mandato”. Ora ci risiamo:
per rimpiazzare i finiani sulle nuove leggi vergogna, B. ha pronta una pattuglia di voltagabbana disposti, a suo dire, a passare dall’opposizione alla maggioranza. Uno è già acquisito, il famoso ex Pd
Villari. Altri conta di incamerarli presto:
Cuffaro,
Lombardo e i suoi (ma sarà vero?), i diniani e una spruzzata di
Union Valdôtaine e Südtiroler Volkspartei (pare che voglia comprarli parlando in tedesco). La cosa ha schifato lo stesso
Bossi, che ha suggerito di “chiamarli col loro vero nome: ascari”. Ma
B. li ha già ribattezzati “la mia legione straniera”, anzi meglio: “Gruppo di responsabilità nazionale”. Non è meraviglioso?
Fonte articolo 'Il Fatto Quotidiano'
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