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di 'Per quel che mi riguarda'

lunedì 19 luglio 2010

Rita Borsellino: 'Paolo fa ancora paura, oggi tacciano gli ipocriti' di Andrea Fabozzi


















Le statue ora sono a terra, Rita Borsellino ha portato Martin Schulz in via Libertà dove le sagome in gesso di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino montate venerdì hanno resistito solo poche ore. La sorella di Paolo Borsellino è eurodeputata e per il 18 anniversario della strage di via D’Amelio ha invitato a Palermo il presidente del suo gruppo, Socialisti e Democratici. Quel signore che per una domanda sul conflitto di interessi nel giorno dell’insediamento di Berlusconi alla guida dell’Unione europea, sette anni fa, si prese gli insulti del cavaliere. Dopo il gestaccio, una mezza tonnellata di messaggi di solidarietà non bastano a confondere Rita.

A lei quelle statue erano piaciute subito e ne aveva seguito la realizzazione, cosa ha provato quando ha saputo che erano state danneggiate?

Ho avuto la conferma della doppiezza di questa città. Fino a venerdì sera le persone che vedevano le statue avevano voglia di sedersi sulle panchine accanto a loro, si facevano fotografare, si compiacevano quasi di ritrovare Giovanni e Paolo in mezzo a loro. E poi, nell’indifferenza di troppi, di mattina, in pieno centro, qualcuno abbatte le statue, prende a calci la targa, e tutti si meravigliano chiedendosi com’è potuto succedere.

Com’è potuto succedere?

Diciamo piuttosto che era già successo, all’albero Falcone dal quale erano state rubate le testimonianze antimafia qualche mese fa. Ed era successo alla lapide in via D’amelio, sotto casa mia, che era stata imbrattata. C’è decisamente qualcuno a cui la memoria di Falcone e Borsellino fa ancora paura. Ma in definitiva io sono contenta, sono contenta che Paolo faccia ancora paura.

Il sindaco Cammarata ha detto che l’amministrazione è pronta a intervenire.

Non le dico quanto abbiamo dovuto insistere per riuscire a ottenere la semplice autorizzazione a mettere le statue sulla strada. Alla fine il comune ci ha fatto quasi una concessione. E si è guardato bene dal finanziare la fusione in bronzo, dunque sono rimaste di gesso dipinto ed è stato facile devastarle. Per fortuna lo scultore le sta sistemando e domattina (oggi, ndr) torneranno al loro posto. Tanti si sono offerti di fare la guardia e altri hanno annunciato una sottoscrizione per farle fondere, così sarà più difficile che riaccada.

Quello di quest’anno sembra un anniversario diverso dagli altri, non pacificato; lei ha detto «stiamo peggio del ’92». Perché?

È diverso per le novità investigative che stanno venendo fuori sulla strage. È un periodo di grande instabilità politica e sappiamo che le mafie e le organizzazioni criminali di qualunque livello e comunque si chiamino sanno approfittarne. Purtroppo è vero che qualche altra volta tutto sembrava appiattito, solo un anno in più dalla morte di Giovanni e Paolo. Stiamo peggio del ’92 perché allora sapevamo chi erano gli amici e chi i nemici. Oggi non ci possiamo fidare praticamente di nessuno perché per anni ci hanno raccontato bugie spacciandocele per verità.

La verità troppo pesante perché possa mai venire a galla?

Probabilmente è così. Ma non c’è da essere rassegnati, anzi bisogna avere la consapevolezza che è anche nostra la responsabilità di sostenere il lavoro dei magistrati che continuano a indagare. Ho la speranza che di fronte agli ultimi scandali torni l’indignazione popolare che in questi anni ha ceduto il posto alla rassegnazione.

La nuova verità su via D’Amelio la racconta Gaspare Spatuzza, al quale però il ministero dell’interno nega lo status di pentito.

I magistrati di tre procure ritengono Spatuzza affidabile. Solo il ministero gli nega la scorta come a dire "questo a noi non serve".

Per questo lei e suo fratello Salvatore non volete le autorità alle cerimonie del 19 luglio?

Paolo una volta disse "ci sono delle persone che hanno perso il diritto di commemorare Falcone", io dico che ci sono delle persone delle istituzioni che questo diritto non l’hanno mai avuto. Parlo di quelli che ogni giorno attaccano la magistratura, le tolgono i mezzi per operare, fanno delle leggi infami e poi vengono a piangere Borsellino. Come venissero ad accertarsi che sia morto davvero.

Fonte articolo 'Il Manifesto'

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